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Nebbia, perché nella Pianura Padana non ci sono più le nebbie che la caratterizzavano fino agli anni ’90?

La nebbia in Val Padana si è drasticamente dimezzata dagli anni Novanta ad oggi, ma per quale motivo? È un bene o un male?

La Pianura Padana ha perso uno dei suoi tratti più caratteristici. Quella coltre bianca e impenetrabile che avvolgeva le città e le campagne durante i mesi freddi, rendendo le mattine misteriose e rallentando il traffico, si è progressivamente dissolta. Dai primi anni Novanta a oggi gli episodi di nebbia sono diminuiti di circa il cinquanta per cento, come emerge da uno studio ventennale condotto dall’Istituto di scienze dell’atmosfera e del clima del Consiglio nazionale delle ricerche di Bologna, pubblicato sulla rivista internazionale Atmospheric Environment.

Sandro Fuzzi, ricercatore dell’Isac-Cnr e responsabile della ricerca, ha spiegato che l’alta concentrazione di microscopiche goccioline di acqua riduceva sensibilmente la visibilità, con pesanti ricadute su traffico e viabilità. Le stesse goccioline agivano come veri e propri assorbitori e concentratori degli inquinanti presenti nell’aria, che in tal modo erano più facilmente trasportati nell’atmosfera, depositati sulla vegetazione e inalati nelle vie respiratorie. La nebbia padana era un fenomeno stagionale che si manifestava tipicamente da ottobre a marzo, quando le condizioni meteorologiche erano favorevoli alla sua formazione.

La formazione della nebbia richiede condizioni specifiche che nella Pianura Padana erano particolarmente frequenti fino agli anni Novanta. Durante le lunghe notti invernali, in presenza di cielo sereno e alta pressione, le superfici si raffreddavano rapidamente per irraggiamento. L’aria fredda, più pesante, si stratificava nei bassi strati e veniva schiacciata al suolo dall’anticiclone. In assenza di vento non poteva rimescolarsi con l’aria più mite che galleggiava al di sopra, creando il fenomeno dell’inversione termica. Questa particolare configurazione atmosferica intrappolava l’umidità vicino al suolo, favorendo la condensazione del vapore acqueo.

Un elemento fondamentale per la formazione della nebbia è rappresentato dai nuclei di condensazione, minuscole particelle sospese nell’aria sulle quali le molecole di vapore acqueo possono aggregarsi. Il particolato atmosferico, derivante principalmente da attività umane come industrie, trasporti e impianti di riscaldamento, fungeva da catalizzatore essenziale per questo processo. Le particelle inquinanti attiravano su di sé le molecole di vapore acqueo, favorendone la condensazione e la formazione delle goccioline che componevano la nebbia. Maggiore era la concentrazione di particolato, più efficiente risultava il processo di nucleazione.

Il cambiamento climatico ha giocato un ruolo determinante nella riduzione della nebbia. La temperatura media globale è aumentata di oltre un grado centigrado rispetto al periodo preindustriale, ma in Italia l’incremento è stato ancora più marcato. L’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale ha documentato che nel nostro Paese il riscaldamento corre più veloce della media globale. Le temperature più elevate, particolarmente evidenti durante la stagione invernale, rendono più difficile il raggiungimento del punto di rugiada necessario per la condensazione del vapore acqueo. L’aria più calda è in grado di trattenere maggiori quantità di vapore senza che questo condensi, riducendo così la frequenza e l’intensità degli eventi nebbiosi.

La diminuzione dell’inquinamento atmosferico rappresenta un altro fattore cruciale nella scomparsa della nebbia padana. Dalle emissioni di anidride solforosa provenienti dai processi energetici è stata registrata una riduzione del novantasei per cento nel 2023 rispetto al 1990, dovuta all’utilizzo di combustibili e carburanti più puliti. Gli ossidi di azoto hanno mostrato una diminuzione ancora più significativa, passando nel 2022 a rappresentare solo il ventinove per cento delle emissioni del 1990. Questa drastica riduzione è stata resa possibile dall’utilizzo di dispositivi per l’abbattimento delle emissioni dagli impianti stazionari e soprattutto da quelli mobili.

La trasformazione del sistema energetico italiano ha contribuito in modo sostanziale a questa evoluzione. Il passaggio dalle vecchie fonti di riscaldamento a carbone negli anni Sessanta e a gasolio poi verso quelle più pulite a gas naturale ha rappresentato un cambiamento epocale. La Pianura Padana, essendo una delle aree più vulnerabili dell’Europa all’inquinamento atmosferico a causa della sua conformazione morfologica e del clima continentale con scarso ricambio di aria, ha beneficiato particolarmente di queste politiche di mitigazione. L’introduzione di normative sempre più stringenti a partire dagli anni Ottanta ha accelerato questo processo di transizione verso fonti energetiche meno inquinanti.

La concentrazione di inquinanti nelle goccioline di nebbia si è ridotta di circa l’ottanta per cento, riflettendo la diminuzione delle emissioni dei principali inquinanti. L’anidride solforosa ha registrato una riduzione del novanta per cento, gli ossidi di azoto del quarantaquattro per cento e l’ammoniaca del trentuno per cento. Questa riduzione ha portato l’acidità della nebbia in condizioni prossime alla neutralità, eliminando il problema delle nebbie acide che caratterizzavano la Pianura Padana fino agli anni Novanta. Le goccioline di nebbia non agiscono più come concentratori di sostanze acidificanti, riducendo gli effetti negativi sulla vegetazione e sui beni artistici.

L’orografia della Pianura Padana continua a svolgere un ruolo fondamentale nelle dinamiche atmosferiche della regione. La valle è circondata a nord e ovest dalle Alpi e a sud dall’Appennino settentrionale, creando una conca dove l’aria tende a ristagnare. Durante i periodi anticiclonici con stabilità atmosferica e calma dell’aria si accumulano giorno dopo giorno umidità e inquinanti. Tuttavia, con la riduzione delle emissioni e l’aumento delle temperature, questa configurazione geografica produce effetti meno pronunciati rispetto al passato. Le inversioni termiche continuano a verificarsi, ma la minore disponibilità di nuclei di condensazione e le temperature più elevate limitano la formazione di nebbie dense e persistenti.

Gli studi condotti dall’Istituto di scienze dell’atmosfera e del clima hanno rilevato che negli anni tra il 1971 e il 2000 Milano Linate registrava in media novantatré giorni di nebbia all’anno, con cinquanta giorni concentrati nella stagione invernale. Nelle zone più nebbiose della Pianura Padana si raggiungevano picchi di cento-centodieci giorni all’anno. Durante l’inverno si potevano avere fino a quarantacinque-cinquanta giorni di nebbia in alcune zone della Val Padana. Questi numeri sono drasticamente diminuiti negli ultimi decenni, con Milano che negli anni Ottanta e Novanta osservava mediamente cinque-sette nevicate annue accompagnate da nebbia, mentre oggi ne registra una o due.

Il fenomeno della galaverna, quella precipitazione determinata dalla nebbia ghiacciata tipica della Pianura Padana durante gli inverni più rigidi, è diventato sempre più raro. Le piccolissime goccioline di vapore sospese nell’aria che accompagnavano ogni fenomeno di nebbia, quando le temperature scendevano sotto zero si congelavano sui rami degli alberi, sui fili dell’erba e su qualsiasi superficie esposta, creando paesaggi fatati e incantevoli. Il record fu stabilito nel gennaio 1990, quando la nebbia arrivò la vigilia di Natale del 1989 e si dissolse solamente la sera del sette gennaio 1990. Durante tutti questi giorni la nebbia gelò sui rami raggiungendo spessori anche di sette centimetri, causando danni significativi agli alberi e alle linee elettriche.

Le conseguenze della diminuzione della nebbia sono molteplici e non tutte positive. Dal punto di vista della viabilità e dei trasporti si registra indubbiamente un miglioramento, con minori incidenti stradali e ritardi. La qualità dell’aria durante le giornate nebbiose era particolarmente critica, poiché le goccioline fungevano da veri e propri reattori chimici, amplificando la tossicità delle sostanze inquinanti presenti nel particolato. La riduzione degli episodi nebbiosi ha quindi contribuito a migliorare le condizioni di salute della popolazione, riducendo l’esposizione a inquinanti concentrati. Tuttavia, la scomparsa di questo fenomeno rappresenta anche un segnale inequivocabile dei cambiamenti climatici in atto.

Il paradosso della nebbia nella Pianura Padana risiede nel fatto che la sua diminuzione è dovuta a due fattori opposti per quanto riguarda l’ambiente. Da un lato, la riduzione delle emissioni inquinanti rappresenta un indubbio progresso ambientale, frutto di decenni di politiche di controllo della qualità dell’aria e di transizione verso fonti energetiche più pulite. Dall’altro, l’aumento delle temperature causato dal riscaldamento globale costituisce una minaccia per l’equilibrio climatico del pianeta. La nebbia padana era dunque il prodotto di un ambiente fortemente antropizzato e inquinato, ma la sua scomparsa rivela l’entità dei cambiamenti che stiamo vivendo.

Le proiezioni future indicano che la tendenza alla riduzione della nebbia proseguirà nei prossimi decenni. Gli studi condotti con modelli climatici regionali prevedono un ulteriore aumento della frequenza delle inversioni termiche in alcuni scenari, ma questo non si tradurrà necessariamente in un aumento degli eventi nebbiosi. Le temperature più elevate e la continua riduzione delle emissioni inquinanti continueranno a limitare la formazione di nebbie dense e persistenti. Il cuscinetto freddo padano, quel fenomeno che garantiva la formazione di strati di aria fredda e densa intrappolata tra le catene montuose, sta perdendo efficacia con il progressivo riscaldamento del clima.

La ricerca scientifica sulla nebbia padana continua attraverso campagne mirate che utilizzano strumentazioni avanzate per definire la composizione chimica delle goccioline. Spettrometri per particelle e analizzatori di gas permettono di misurare le dimensioni delle goccioline e di avere lo spettro completo delle sostanze presenti, dalle polveri sottili alle particelle carboniose derivanti da traffico e riscaldamento. Questi studi forniscono informazioni preziose non solo sulla nebbia in sé, ma anche sullo stato della qualità dell’aria e sull’efficacia delle politiche ambientali. Monitorare l’evoluzione del fenomeno consente di valutare gli impatti dei cambiamenti climatici e delle trasformazioni del sistema energetico sulla Pianura Padana.

La transizione energetica in corso rappresenta una sfida fondamentale per il futuro della qualità dell’aria nella Pianura Padana. Dal 2025 sono terminati gli incentivi per la sostituzione delle caldaie alimentate esclusivamente a combustibili fossili, in linea con la Direttiva Case Green dell’Unione Europea. Le pompe di calore, gli impianti a biomasse e i sistemi ibridi stanno progressivamente sostituendo le vecchie caldaie a gas e gasolio. Questa trasformazione contribuirà a ridurre ulteriormente le emissioni di particolato e di inquinanti atmosferici, proseguendo il trend iniziato negli anni Novanta. La decarbonizzazione del riscaldamento domestico è essenziale per raggiungere gli obiettivi climatici europei di neutralità carbonica entro il 2050.

La memoria della nebbia padana resta tuttavia viva nel ricordo di chi ha vissuto quegli inverni caratterizzati da giornate intere avvolte nella coltre bianca. Le generazioni più anziane ricordano le difficoltà negli spostamenti, la visibilità ridotta a pochi metri, le mattine in cui il paesaggio familiare diventava irriconoscibile. Ma ricordano anche il fascino di quell’atmosfera ovattata, il silenzio che avvolgeva le città, la bellezza surreale dei paesaggi quando la galaverna trasformava ogni ramo in una scultura di ghiaccio. Quella nebbia era parte dell’identità culturale della Pianura Padana, immortalata in canzoni, poesie e opere d’arte. La sua scomparsa segna quindi non solo un cambiamento ambientale, ma anche la perdita di un elemento distintivo del territorio.

Il caso della nebbia padana illustra la complessità delle interazioni tra attività umane, clima e ambiente. Non è possibile separare nettamente gli aspetti positivi da quelli negativi di questa trasformazione. La riduzione dell’inquinamento è certamente un risultato positivo delle politiche ambientali, ma il riscaldamento globale che contribuisce alla scomparsa della nebbia rappresenta una minaccia ben più grave per il futuro del pianeta. Allo stesso tempo, la nebbia stessa era un fenomeno amplificato dall’inquinamento antropico, un sintomo della pressione esercitata dall’uomo sull’ambiente. Comprendere questi legami è essenziale per affrontare le sfide ambientali del presente e del futuro.

L’esperienza della Pianura Padana offre lezioni importanti anche per altre regioni del mondo che affrontano problemi simili di qualità dell’aria e cambiamenti climatici. La combinazione di politiche di controllo delle emissioni, transizione energetica e adattamento ai cambiamenti climatici richiede un approccio integrato e di lungo periodo. I risultati ottenuti in termini di riduzione degli inquinanti atmosferici dimostrano che è possibile migliorare significativamente la qualità dell’aria quando si adottano misure coerenti e persistenti. Tuttavia, questi successi non devono far dimenticare la necessità di affrontare la causa principale del riscaldamento globale attraverso una rapida riduzione delle emissioni di gas serra.

La nebbia che caratterizzava l’autunno e l’inverno nella Pianura Padana fino agli anni Novanta appartiene ormai al passato. Il dimezzamento degli episodi nebbiosi registrato negli ultimi trent’anni è il risultato di due fenomeni distinti ma interconnessi. La riduzione delle emissioni inquinanti ha eliminato gran parte dei nuclei di condensazione necessari per la formazione della nebbia, mentre l’aumento delle temperature causato dal riscaldamento globale ha reso più difficile il raggiungimento delle condizioni atmosferiche favorevoli alla condensazione. Questa trasformazione rappresenta un chiaro esempio di come i cambiamenti climatici e le politiche ambientali stiano modificando profondamente i territori e i fenomeni meteorologici che li caratterizzano, lasciando alla memoria e ai ricordi delle generazioni passate quella regina dell’inverno padano che avvolgeva le città e le campagne in una coltre bianca e impenetrabile. Per restare sempre aggiornato scarica GRATIS la nostra App!