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Meteo, Inverno con Nevicate Storiche o Piogge Torrenziali? Il caos parte dall’Atlantico

L’Atlantico più caldo intensifica piogge e neve: l’inverno 2025-26 sarà dominato dai contrasti. Cruciali le prossime settimane per capire se il freddo riuscirà a incrociare l’umidità.

Il mese di novembre ha offerto una fotografia eloquente di un Oceano Atlantico in forte anomalia termica positiva. Le superfici marine, in particolare tra i 30° e i 60° di latitudine nord, hanno mostrato scarti persistenti superiori a +1 °C rispetto alle medie del trentennio di riferimento 1991-2020. Un dato che, pur non rappresentando una novità assoluta, assume particolare rilevanza per le sue implicazioni sulla circolazione atmosferica e sul regime delle precipitazioni tra Europa e bacino del Mediterraneo.

Il principio fisico alla base è ben noto: l’atmosfera trattiene più vapore acqueo al crescere della temperatura, secondo la relazione di Clausius-Clapeyron, che quantifica in circa +7% l’aumento della capacità igroscopica dell’aria per ogni grado in più. Ciò significa che, in presenza di una configurazione sinottica analoga al passato, oggi le perturbazioni possono contare su una maggiore disponibilità di “carburante” umido, e dunque generare precipitazioni più intense.

Questa dinamica è evidente anche alle alte latitudini, come dimostra il caso della nevicata record registrata a Reykjavík tra il 28 e il 30 ottobre, quando in meno di 48 ore sono caduti oltre 40 cm di neve fresca, con un picco giornaliero che ha eguagliato il massimo storico per il mese. La configurazione era favorevole: impulso freddo in quota, superficie marina più calda del normale e ciclogenesi rapida con forte sollevamento verticale. Il surplus di umidità ha reso il processo di condensazione estremamente efficiente, moltiplicando l’intensità delle precipitazioni nevose.

Nel contesto italiano, l’effetto è più sfumato ma altrettanto significativo. L’autunno 2025 ha mostrato una distribuzione irregolare delle piogge: lunghi periodi asciutti si sono alternati a eventi intensi concentrati in poche ore, con punte di oltre 100 mm in 12 ore su settori tirrenici e alpini. Un esempio emblematico è quanto accaduto tra Toscana e Liguria nella seconda metà di ottobre, dove alcuni bacini montani hanno registrato il 60-80% della pioggia mensile in meno di un giorno, con un rapporto diretto con la risalita di masse d’aria subtropicale cariche di umidità.

La chiusura della stagione degli uragani nel Nord Atlantico non ha attenuato questo flusso. Anzi, le transizioni extratropicali di alcuni cicloni – come quella dell’ex uragano Tammy – hanno contribuito ad attivare ondulazioni barocliniche più marcate, capaci di propagarsi fino all’Europa occidentale. Quando queste strutture, cariche di energia, raggiungono il Mediterraneo, interagiscono con il profilo orografico e le masse d’aria preesistenti. In presenza di un cuscinetto freddo ben strutturato in Val Padana – spesso generato da irruzioni artico-continentali seguite da fasi stabili – le condizioni diventano favorevoli a nevicate fino a bassa quota, anche se meno frequenti rispetto al passato.

Questo “gioco a incastri”, per usare un’immagine efficace, spiega perché le stesse carte sinottiche di vent’anni fa oggi non garantiscano più esiti simili. Il fattore discriminante è spesso nella tempistica: l’arrivo della perturbazione deve coincidere con la persistenza dell’aria fredda nei bassi strati, altrimenti il potenziale nevoso si traduce in pioggia fredda o mista. Non è solo una questione termica: il bilancio energetico dell’intero sistema è cambiato, e con esso la distribuzione degli eventi estremi.

Le proiezioni per dicembre 2025 non offrono certezze, ma alcune indicazioni convergenti. Indici come la NAO (North Atlantic Oscillation) e la MJO (Madden-Julian Oscillation) suggeriscono una possibile fase di maggiore ondulazione del getto polare, che potrebbe favorire irruzioni fredde verso l’Europa meridionale. Tuttavia, resta da verificare se tali afflussi riusciranno a interagire con masse d’aria umida in risalita dal Nord Africa o dal Tirreno. L’incastro ideale – freddo al suolo, umidità in quota, forzante dinamica – non è impossibile, ma richiede una concomitanza precisa.

Nel frattempo, il segnale più robusto continua a essere quello dell’aumento del contenuto di vapore atmosferico. Questo rende plausibile una maggiore incidenza di piogge estreme, soprattutto lungo i versanti occidentali della Penisola, con effetti importanti anche sul rischio idrogeologico. Dall’altra parte, i periodi asciutti tendono a protrarsi più a lungo, accentuando l’intermittenza climatica e la difficoltà nella gestione delle risorse idriche.

Infine, va ribadito che eventi come la nevicata di Reykjavík non contraddicono il quadro del riscaldamento globale. Anzi, lo confermano. In un’atmosfera più calda, i fenomeni idrometeorologici – pioggia o neve – diventano più intensi laddove le temperature lo consentono. In Italia questo significa minore frequenza della neve in pianura, ma potenziale per episodi intensi, seppur più rari.

Le previsioni meteo vengono elaborate a partire dai dati forniti dai modelli internazionali ECMWF e GFS, successivamente verificati e interpretati dalla redazione di www.newsroomitalia.it - Per restare sempre aggiornato scarica GRATIS la nostra App!