Il mondo sta riscoprendo il Giappone e questa riscoperta va ben oltre il semplice boom turistico che sta travolgendo l’arcipelago nipponico. È una fascinazione profonda che abbraccia cultura, tecnologia, spiritualità e modelli sociali, come documenta Federico Rampini nel suo ultimo saggio “La lezione del Giappone. Il Paese che anticipa le sfide dell’Occidente”, pubblicato da Mondadori nella collana Strade blu il 14 ottobre 2025.
L’editorialista del Corriere della Sera, che frequenta il Sol Levante da oltre quarant’anni, offre ai lettori una guida completa per comprendere come Tokyo e le altre metropoli giapponesi rappresentino un vero e proprio laboratorio d’avanguardia dove si sperimentano in anticipo le soluzioni alle sfide che attendono l’Occidente. Non si tratta semplicemente di un libro di viaggio, ma di un’analisi geopolitica, culturale e sociale di un Paese che condensa modernità e rispetto della tradizione come nessun altro al mondo.
Il fenomeno turistico che sta interessando il Giappone è solo la punta dell’iceberg di un cambiamento più profondo. Nel 2024 l’arcipelago ha registrato quasi trentasette milioni di visitatori stranieri, superando il record prepandemico del 2019 quando si erano fermati a poco più di trentuno milioni. Per il 2025 le previsioni parlano di quaranta milioni di arrivi, con l’obiettivo ambizioso di raggiungere sessanta milioni entro il 2030. Questo afflusso massiccio ha generato problemi di overtourism in località come Kyoto e nei pressi del Monte Fuji, costringendo le autorità a introdurre limitazioni agli accessi e sistemi di prenotazione obbligatoria per contenere il fenomeno.
Ma la vera rinascita del Giappone, sottolinea Rampini, è quella industriale, quasi invisibile perché nascosta in prodotti ad altissima tecnologia di cui il mondo intero non può più fare a meno. L’industria nipponica sta vivendo una fase di rilancio straordinario, trainata dalla domanda internazionale di semiconduttori e macchinari per la produzione di chip. A settembre 2025 la produzione industriale giapponese ha registrato un aumento del 2,2 per cento rispetto al mese precedente, interrompendo una serie negativa durata tre mesi. Tokyo ha promesso investimenti per venticinque miliardi di euro in sussidi per triplicare le vendite dei semiconduttori entro il 2030, con progetti strategici come Rapidus, il consorzio che riceverà sovvenzioni governative per quasi l’intero investimento iniziale di dodici miliardi e mezzo di euro destinati allo stabilimento in Hokkaido.
Il potere culturale del Giappone è altrettanto pervasivo. Manga, anime, J-pop, videogiochi, cucina e letteratura hanno conquistato l’immaginario globale, imponendo mode e tendenze con una forza paragonabile a quella esercitata dall’Inghilterra dei Beatles negli anni Sessanta. Rampini traccia proprio questa analogia nel suo libro: se si elencano tutte le mode nate nel Sol Levante, colpisce la similitudine con quel fenomeno culturale che trasformò la Gran Bretagna in epicentro della cultura giovanile mondiale. A Milano trovare un ristorante di sushi è diventato più facile che trovare un ossobuco, a Roma il sashimi è presente ovunque, ben più della coda alla vaccinara. Questo soft power culturale ha radici profonde e si manifesta in ogni aspetto della vita occidentale, dai videogiochi come Final Fantasy e Persona fino alle influenze nell’industria della moda ispirata ai personaggi manga e al fenomeno del cosplay.
Anche la dimensione spirituale giapponese esercita un fascino potente sull’Occidente. Lo shintoismo, con la sua visione della natura come entità animata popolata da kami, divinità diffuse in ogni elemento naturale, ha anticipato l’ambientalismo moderno e il culto della natura. Nel pensiero shintoista non esiste un Dio creatore superiore alla natura, ma piuttosto una fusione dove l’uomo è parte integrante di un flusso vitale condiviso con piante, animali e fenomeni naturali. Il buddismo zen ha portato in Occidente concetti come il minimalismo, la ricerca dell’equilibrio e la capacità di vivere il momento presente, influenzando profondamente la filosofia occidentale contemporanea e lo stile di vita green che pone al centro il rispetto per l’ambiente.
Il Giappone rappresenta soprattutto un laboratorio sociale d’avanguardia. È stato il primo Paese industrializzato a confrontarsi con denatalità, decrescita demografica e aumento della longevità, fenomeni che oggi interessano praticamente tutto l’Occidente. Con un tasso di fertilità in costante calo e il ventinove per cento della popolazione che ha superato i sessantacinque anni, Tokyo sta sperimentando soluzioni innovative per invecchiare bene e mantenere una società equilibrata. L’isola di Okinawa detiene il record mondiale di centenari, con sessantotto ultracentenari ogni centomila abitanti. Il segreto della longevità giapponese risiede in una combinazione di fattori: alimentazione sana basata sul principio dell’hara hachi bu, che invita a fermarsi quando ci si sente pieni all’ottanta per cento, attività fisica costante attraverso pratiche come il giardinaggio, forte senso della comunità e soprattutto il concetto di ikigai, la ragione per cui ci si alza ogni mattina, che fornisce uno scopo esistenziale anche in età avanzata.
Questo approccio contrasta nettamente con la visione occidentale che considera la decrescita demografica una tragedia. Il Giappone dimostra che è possibile invecchiare serenamente senza aprire indiscriminatamente le frontiere all’immigrazione, puntando invece sul recupero dell’attività e del valore degli anziani anche dopo il pensionamento. Recentemente il governo metropolitano di Tokyo ha introdotto la settimana lavorativa di quattro giorni per i dipendenti pubblici a partire da aprile 2025, con l’obiettivo di alleggerire il carico sulle madri lavoratrici e incentivare le nascite, sebbene gli esperti rimangano scettici sull’efficacia di questa singola misura.
Il libro di Rampini non nasconde i paradossi e le contraddizioni di questa società. Il paradiso delle buone maniere, della cortesia e del rispetto delle regole può trasformarsi in una prigione di conformismo per chi non riesce ad adeguarsi alle rigide aspettative sociali. Ogni anno in Giappone scompaiono circa ottantamila persone, fenomeno noto come johatsu o evaporazione. Si tratta di allontanamenti volontari da parte di individui schiacciati dal peso dell’onore, dei debiti, del lavoro o della vergogna, che abbandonano casa, affetti e identità per ricominciare da zero altrove. In una società dove perdere la faccia a causa di un licenziamento, un divorzio o un fallimento economico può essere considerato intollerabile, scomparire diventa una forma di auto-cancellazione. Esistono addirittura agenzie specializzate nell’organizzare queste evaporazioni, offrendo traslochi notturni, nuovi documenti e perfino chirurgia estetica per cambiare volto.
Altrettanto inquietante è il fenomeno degli hikikomori, giovani che si chiudono in una stanza e non escono più, isolandosi completamente dalla società. Questi fenomeni sono il lato oscuro di una cultura del lavoro massacrante dove oltre il venti per cento dei lavoratori effettua almeno ottanta ore di straordinario mensile e il cinquanta per cento rinuncia alle ferie retribuite. Il karoshi, morte per eccesso di lavoro, è un termine che esiste solo in giapponese e testimonia quanto questa pressione sociale possa diventare insostenibile.
Un altro paradosso evidenziato da Rampini riguarda la sicurezza. Il Giappone vanta i tassi di criminalità più bassi del mondo, con un rapporto di omicidi ogni centomila abitanti pari a 0,3, la percentuale più bassa rilevata nell’area Ocse. I bambini di sei anni possono andare a fare la spesa da soli senza correre alcun rischio, non esistono borseggiatori e per strada si cammina tranquilli anche di sera. Eppure coesiste con questa realtà l’antica e temuta mafia yakuza, organizzazione criminale tra le più potenti del mondo che fino agli anni Novanta operava quasi alla luce del sole. Come conciliare questa contraddizione? La risposta risiede nel ruolo che la yakuza ha storicamente ricoperto come garante di un certo ordine sociale, controllando i mercati illegali ma evitando che la criminalità comune dilagasse tra la popolazione.
La centralità geopolitica del Giappone è un altro tema cruciale analizzato nel saggio. Ottant’anni di dibattito sull’atomica acquistano una prospettiva completamente diversa quando vengono ricostruiti dall’epicentro dell’olocausto nucleare, Hiroshima. Il rapporto con gli Stati Uniti, oscillante tra amicizia e tensione, ha segnato profondamente la storia postbellica nipponica. Donald Trump ha recentemente minacciato dazi del venticinque per cento su una vasta gamma di beni giapponesi, con un impatto potenzialmente devastante sull’automotive e sull’economia nipponica, che potrebbe subire una contrazione dello zero virgola otto per cento del PIL nel solo 2025. Questo protezionismo riecheggia quello praticato da Ronald Reagan negli anni Ottanta, quando il Giappone fu il primo a sperimentare i fulmini delle politiche commerciali aggressive americane, episodio che ha ispirato proprio le strategie di Trump.
Ancora più complessa è la relazione con la Cina. Il Sol Levante ha millecinquecento anni di esperienza nei rapporti con il gigante continentale e il miracolo economico giapponese ha fatto da modello per quello cinese. Oggi le tensioni territoriali nel Mar Cinese Orientale, l’espansionismo di Pechino sulle isole Senkaku rivendicate da Tokyo e le ambizioni geopolitiche contrastanti stanno esacerbando le rivalità. La premier giapponese Sanae Takaichi, prima donna a guidare il Paese, ha recentemente dichiarato che un eventuale attacco cinese a Taiwan sarebbe considerato una minaccia alla sopravvivenza del Giappone e potrebbe innescare una risposta militare, parole che hanno irritato profondamente Pechino. Nonostante queste tensioni, l’interdipendenza economica tra i due Paesi rimane solidissima.
In un mondo in cui sempre più nazioni riscoprono il capitalismo di stato, le politiche industriali e la geoeconomia, il Giappone rappresenta il precursore di questo modello. Il premier Kishida Fumio ha proposto una nuova forma di capitalismo democratico liberale che bilanci crescita economica e distribuzione dei redditi, criticando l’approccio neoliberale dominante dagli anni Ottanta che ha generato disparità crescenti e tensioni sociali. Questo tentativo di ridefinire il capitalismo contemporaneo parte proprio dall’esperienza giapponese, che ha saputo coniugare politiche industriali di sostegno all’azienda locale con una prudente apertura al commercio estero, evitando le forti sperequazioni di reddito che affliggono molte economie occidentali.
Rampini dedica ampio spazio alla civiltà delle buone maniere che caratterizza la società giapponese. Il rispetto delle regole, la buona educazione, la cortesia e il concetto di omotenashi, l’ospitalità genuina e disinteressata, creano un ambiente sociale dove la convivenza è facilitata da comportamenti condivisi. I mezzi pubblici sono efficienti e puntuali, le persone si mettono in fila ordinata, i telefoni cellulari sono spenti o silenziati sui trasporti pubblici per non disturbare gli altri passeggeri. Questa attenzione maniacale verso il prossimo si riflette anche nel linguaggio, con il sistema del keigo che utilizza forme verbali diverse a seconda del livello di cortesia e della gerarchia sociale, dimostrando come il rispetto sia inscritto nella struttura stessa della lingua giapponese.
L’autore sottolinea come i giapponesi siano orgogliosi della propria civiltà, modernissimi e avanzatissimi in tutte le tecnologie, eppure credano fermamente nella tradizione e nei valori antichi. Questa autostima nell’identità culturale è qualcosa che in Occidente si è progressivamente affievolita. Il Giappone unisce il meglio dei mondi: è stato il primo a inventare il treno ad alta velocità ma al tempo stesso custodisce con cura l’arte del tè, i giardini zen, la cerimonia dell’ikebana. È un Paese che non ha mai rinunciato alla propria essenza pur abbracciando pienamente la modernità, dimostrando che tradizione e innovazione non sono inconciliabili ma possono nutrirsi reciprocamente.
La lezione del Giappone, preziosa quanto silenziosa secondo Rampini, è la mappa di un futuro che riguarda tutti noi. Mentre sui giornali occidentali le notizie da Tokyo scarseggiano e il Paese sembra invisibile come attore politico o potenza economica, nella realtà la sua influenza permea ogni aspetto della vita contemporanea. Questa invisibilità è paradossale proprio nel momento in cui la popolarità del Giappone è dilagante nel costume, nella cultura e nel turismo. Forse, suggerisce l’autore, questa discrezione è una nuova strategia per navigare in tempi di turbolenza globale, un modo per esercitare il proprio soft power senza apparire minacciosi.
Il saggio di trecentotrentasei pagine, disponibile in libreria al prezzo di venti euro, si configura come una lettura essenziale per chiunque voglia comprendere non solo il Giappone contemporaneo, ma anche le direzioni verso cui si sta muovendo l’intera società globale. Rampini, che risiede a Tokyo per alcuni mesi all’anno e ha costruito una conoscenza profonda della società nipponica attraverso decenni di osservazione diretta, riesce a distillare in questo volume tutta la complessità di una civiltà che resta affascinante proprio perché profondamente esotica pur essendo tecnologicamente avanzata.
Il successo editoriale del libro è testimoniato dal fatto che nelle classifiche delle librerie italiane ha rapidamente conquistato le prime posizioni, segno che l’interesse per il Sol Levante non è una moda passeggera ma una fascinazione duratura. Dopo la presentazione ufficiale avvenuta il 14 ottobre 2025, Rampini è stato ospite di numerosi programmi televisivi tra cui Unomattina su Rai Uno e Kilimangiaro su Rai Tre, dove ha illustrato le tesi principali del suo lavoro spiegando perché il Giappone possa insegnarci tanto su come affrontare l’invecchiamento demografico, la sostenibilità ambientale, l’innovazione tecnologica e la coesione sociale.
In definitiva, La lezione del Giappone non è solo un libro sul Paese del Sol Levante, ma uno specchio in cui l’Occidente può osservare se stesso e le sfide che lo attendono. È un invito a guardare oltre gli stereotipi sulla stagnazione e la decrescita nipponica per scoprire un laboratorio vivente dove si sperimentano quotidianamente soluzioni ai problemi che tra pochi anni riguarderanno tutti noi. È la storia di un Paese che ha saputo rialzarsi dalle ceneri della Seconda Guerra Mondiale, attraversare decenni di crescita miracolosa, affrontare lo scoppio della bolla speculativa degli anni Novanta e reinventarsi continuamente senza mai perdere la propria anima. È soprattutto la dimostrazione che il futuro non appartiene necessariamente a chi urla più forte, ma anche a chi sa ascoltare, adattarsi e preservare ciò che ha valore mentre tutto intorno cambia vorticosamente. Per restare sempre aggiornato scarica GRATIS la nostra App!
