A partire dal 14 novembre 2025, la cittadina norvegese di Longyearbyen, avamposto più settentrionale del mondo abitato, si immerge in un periodo straordinario di totale assenza solare: la Notte Polare. Per centotrè giorni, fino al 29 gennaio 2026, il sole rimarrà costantemente al di sotto dell’orizzonte, rimanendo a più di sei gradi sotto quest’ultimo in quella che viene definita «notte polare civile». Un fenomeno che colpisce soltanto le latitudini superiori a 72°33′ e che rende Longyearbyen, situata a 78°13′ di latitudine nord, uno dei luoghi abitati più estremi del pianeta. Eppure, i duemilacinquecento abitanti della comunità dell’arcipelago delle Svalbard non considerano questo periodo come un’assenza, bensì come un’occasione di celebrazione e, soprattutto, di straordinaria capacità umana di adattamento.
La scomparsa del sole, tuttavia, non comporta l’instaurarsi di un buio totale e assoluto. Durante le ore diurne, intorno a mezzogiorno, il cielo si anima di una luce crepuscolare profonda, quella che gli abitanti definiscono come il «tempo blu», uno spettacolo di indaco e sfumature di grigio che dipinge il firmamento per un periodo di due o quattro ore consecutive. È una luce soffusa, capace di rivelare i contorni del paesaggio circostante — le cime innevate delle montagne, i ghiacciai, i fiordi glaciali — senza tuttavia consentire al sole di mostrare il proprio disco. Questo fenomeno rappresenta un graduale passaggio dalla <strong<notte polare civile, che persiste fino al 29 gennaio, a un periodo ancora più oscuro denominato «notte polare nautica», dove la luce si riduce a poco più di un bagliore all’orizzonte. Per i residenti di Longyearbyen, la visione completa del disco solare non sarà possibile fino all’8 marzo 2026, estendendo così la durata totale del periodo di buio a 132 giorni.
Questo straordinario fenomeno astronomico è una diretta conseguenza dell’inclinazione dell’asse terrestre di ventitré gradi e mezzo rispetto al piano dell’orbita solare. Durante i mesi invernali, le latitudini situate oltre il Circolo Polare Artico entrano in una zona dove il sole non supera mai l’orizzonte, generando il fenomeno della notte polare. Longyearbyen, come avamposto umano tra la terraferma e il Polo Nord, sperimenta il periodo di oscurità prolungata più lungo di tutta la Norvegia continentale: mentre a Tromsø la notte dura quarantanove giorni, a Longyearbyen essa si estende per centotre giorni di completo buio.
Ancor più affascinante della mancanza di luce è ciò che questa determina sul piano meteorologico e celeste. Il 2025 rappresenta un anno di massimo solare, vale a dire il culmine del ciclo undecennale di attività solare caratterizzato da un numero eccezionale di macchie solari e di conseguenti tempeste geomagnetiche. Questo fenomeno ha amplificato significativamente l’intensità e la frequenza dell’aurora boreale, con previsioni di tempeste geomagnetiche di categoria G4 — il che significa che le danze luminose del fenomeno potrebbero essere visibili persino durante le brevi ore di crepuscolo. L’assenza di luce solare diretta trasforma quindi Longyearbyen in una location privilegiata per l’osservazione dell’aurora boreale, con la possibilità teorica di ammirare questo spettacolo luminoso ventiquattro ore su ventiquattro, una caratteristica unica tra gli insediamenti abitati del globo terrestre.
La comunità di Longyearbyen non affronta questa stagione come un periodo di isolamento depressivo, bensì come un’opportunità di celebrazione culturale. Ogni gennaio, la cittadina ospita la Polar Night Week — dal 20 al 24 gennaio — un festival che trasforma il buio in una celebrazione di comunità, musica e meraviglia. A ottobre, il Dark Season Blues Festival segna il tradizionale inizio dell’oscurità, con band internazionali e norvegesi che si esibiscono in intimi spazi pubblici quali la storica discoteca Huset, la chiesa locale e le vicinanze minerarie. Questi eventi, coordinati prevalentemente da volontari, servono non soltanto a elevare il morale dei residenti, ma a trasformare il fenomeno naturale in un’occasione di coesione sociale. Durante questi mesi, gli abitanti si raccolgono in casa, nei pub, nei caffè, tessendo legami sociali che compensano l’isolamento imposto dalla geografia e dalla stagione.
L’adattamento umano a condizioni così estreme non si ferma all’aspetto meramente celebrativo. La ricerca scientifica ha dimostrato che i residenti di Longyearbyen ricorrono a strategie concrete di gestione del benessere psicofisico durante la notte polare. L’integrazione di vitamine D sintetiche diviene pratica quotidiana, contrastando la deficienza vitaminica derivante dall’assenza di esposizione solare. Le saune e i bagni termali pubblici trasformano l’aspetto igienico-sanitario in un momento di riscaldamento fisico e rigenerazione psichica. Gli sport invernali — dalle escursioni in slitta, alle spedizioni in motoslitta attraverso le valli ghiacciate, alle discese sugli sci da fondo — mantengono i corpi in movimento e le menti stimolate, contrastando la tendenza alla sedentarietà indotta dalla stagione. Persino i bambini vengono educati a questa realtà: le scuole locali organizzano lezioni di sicurezza anti-orso polare come parte del curriculum educativo, e gli studenti si dirigono a scuola attraverso paesaggi illuminati soltanto da stelle e dalle torce frontali indossate.
Tuttavia, la vita a Longyearbyen è scandita da regole straordinariamente singolari, frutto di una storia di isolamento e dalle necessità pratiche dell’ambiente artico. Una delle disposizioni più peculiari riguarda la proibizione di seppellire i defunti entro i confini cittadini. Questa norma, risalente agli anni cinquanta del ventesimo secolo, emerge dalla caratteristica geologica del permafrost permanente che congela il terreno a profondità tali da impedire qualsiasi decomposizione naturale dei corpi. I ricercatori scoprirono che i cadaveri sepolti rimanevano preservati indefinitamente nel ghiaccio, comportando rischi sanitari significativi — in particolare, nel caso di malattie infettive come la tubercolosi, i patogeni restavano vivi e potenzialmente virulenti. Sebbene la norma popolare affermi che «morire è illegale» a Longyearbyen, l’effetto pratico è che qualsiasi residente affetto da malattia terminale viene trasferito sulla terraferma norvegese per il trattamento e la sepoltura, mentre i decessi accidentali o improvvisi comportano l’evacuazione immediata delle spoglie verso il continente.
Altrettanto curiosa risulta la proibizione dei gatti in tutto l’arcipelago delle Svalbard. Contrariamente a quanto potrebbe sembrare, si tratta di un provvedimento di conservazione ambientale: i felini domestici rappresentano una minaccia significativa per l’avifauna locale, in particolare per le specie di uccelli nidificanti a terra la cui sopravvivenza è già compromessa dalle condizioni estreme e dal cambiamento climatico in atto. Questo divieto, sebbene rigido, riflette una consapevolezza ecologica e una priorità verso la preservazione dell’equilibrio biologico dell’ecosistema artico.
Ancora più singolare è il quota mensile di alcolici regolata dal governatore delle Svalbard. Ogni residente permanente può acquistare al negozio di bevande alcooliche governativo — l’unica struttura autorizzata a commerciare bevande ad alto contenuto alcolico — un massimo di due bottiglie di superalcolici al mese, oppure quattro bottiglie di vino fortificato, più mezza bottiglia di vino fortificato alternata mensilmente, e ventiquattro lattine di birra. Questa restrizione risale agli anni venti del ventesimo secolo, quando la comunità era composta prevalentemente da minatori le cui condizioni di isolamento e precarietà economica favorivano l’abuso di alcol. Il provvedimento era inizialmente pensato per proteggere i lavoratori da sé stessi, permettendo ai dirigenti governativi di acquistare illimitatamente vino. Sebbene la normativa sia tecnicamente ancora in vigore, le restrizioni si applicano soltanto agli acquisti presso il negozio governativo: gli avventori dei pub, dei bar e dei ristoranti possono ordinare liberamente bevande alcoliche senza limitazioni.
Meno noto, ma altrettanto esemplare della necessità dell’adattamento estremo, è l’obbligo per chiunque si avventuri fuori dall’area urbana di portare con sé un’arma da fuoco. Le regole di protezione dagli orsi polari stabilite dal governatore delle Svalbard prescrivono che i residenti e i visitatori che si dirigono al di fuori delle aree abitate debbano essere equipaggiati con fucili calibro minimo .308 Winchester o 30-06 Springfield, oppure fucili a pompa 12 Gauge, con munizioni specificamente caricate a setola. I randagi di queste latitudini hanno registrato attacchi, talvolta letali, ai danni di residenti, pertanto tale disposizione non rappresenta soltanto una precauzione burocratica, bensì una necessità vitale. Persino gli insegnanti scolastici sono obbligati a tenere un fucile a pompa in classe, testimonianza della priorità accordata alla sicurezza dei minori nei confronti della fauna selvatica.
L’infrastruttura urbana di Longyearbyen rivela ulteriormente la straordinarietà dell’adattamento umano. Le abitazioni sono costruite su pali di acciaio immersi nel permafrost, una soluzione architettonica che previene l’assestamento differenziale delle strutture causato dal lento scioglimento dello strato superficiale del terreno permanentemente gelato. Le tubature dell’acqua e del riscaldamento passano all’interno di scavi isolati termicamente, mentre i cavi elettrici sono opportunamente protetti dalle temperature che possono scendere fino a quaranta gradi sotto zero Celsius. Anche il paesaggio circostante è caratterizzato da una straordinarietà: il Monte Longyear e le altre vette circostanti delimitano l’orizzonte, mentre i ghiacciai prossimi all’insediamento sono progressivamente in ritirata a causa del cambiamento climatico — una minaccia concreta alla comunità, dato che alcune parti del territorio urbano si trovano in aree soggette a rischio di valanghe.
Poco lontano da Longyearbyen, immerso nel permafrost permanente a novantacinque metri di profondità all’interno di una montagna, si trova la Volta Globale dei Semi di Svalbard, un rifugio climatico che simboleggia la funzione della regione artica nel contesto globale contemporaneo. Questa struttura custodisce oltre due miliardi di campioni di semi provenienti da quattromila specie vegetali, rappresentando un’assicurazione biologica contro la perdita di biodiversità agricola a livello planetario. L’apertura della Volta nel 2008 rappresentò un riconoscimento internazionale del ruolo straordinario svolto dall’Artico nella preservazione della diversità genetica mondiale — una diversità che sarà cruciale nell’affrontare le sfide future del cambiamento climatico e della sicurezza alimentare globale.
Per quanto riguarda il ritorno della luce solare, gli abitanti di Longyearbyen celebrano il fenomeno con un’ulteriore festività. L’8 marzo 2026, il giorno in cui il disco solare sorgerà nuovamente sopra l’orizzonte — denominato localmente «Sole Day» — i residenti si radunano tradizionalmente davanti all’edificio scolastico principale per una celebrazione pubblica con dolciumi speciali, una pratica che testimonia come una comunità umana trasformi il ritorno di un evento astronomico ordinario in un momento di comunione collettiva. È un gesto che riassume l’essenza dell’adattamento umano a Longyearbyen: non si tratta di rassegnazione di fronte alle condizioni estreme, bensì di una rivisitazione consapevole e talvolta gioiosa della relazione tra l’uomo e l’ambiente.
La popolazione di Longyearbyen incarna una categoria umana straordinaria: quella degli individui capaci di prosperare non semplicemente sopravvivendo alle condizioni avverse, bensì trasformandole in un’identità collettiva. La Notte Polare 2025-2026 rappresenta dunque non un periodo di isolamento, ma un capitolo della storia contemporanea di adattamento umano, di ricerca scientifica, di celebrazione culturale e di preservazione della biodiversità planetaria. In un mondo sempre più dominato dalle preoccupazioni legate al cambiamento climatico, Longyearbyen emerge come un laboratorio vivente dove l’umanità ha dimostrato di possedere la capacità di convivere con gli estremi della natura, di trasformare i vincoli geografici in opportunità di comunità e di innovazione scientifica. Per restare sempre aggiornato scarica GRATIS la nostra App!
