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Siamo entrati in una nuova era, il “Merdocene”: cos’è e perché si chiama così

Il “Merdocene” l’epoca della degradazione sistematica di piattaforme digitali, beni di consumo e cultura in cui viviamo.

Viviamo in una nuova epoca storica che il giornalista e attivista canadese Cory Doctorow ha definito con un termine provocatorio ma tremendamente efficace: il Merdocene, traduzione italiana di “enshittification“, un neologismo che descrive il progressivo e inesorabile peggioramento delle piattaforme digitali e, più in generale, della qualità di tutto ciò che ci circonda, dai beni di consumo ai servizi, dai prodotti artistici alle esperienze quotidiane. Questo processo di degradazione sistematica, conseguito al capitalismo nella sua fase più avanzata, racconta molto delle credenze e dei valori profondi della società contemporanea, svelando una logica di fondo che privilegia il profitto immediato a scapito della qualità, della durabilità e dell’autenticità.

Il concetto di enshittification, coniato da Doctorow nel 2022 e consacrato come parola dell’anno 2023 dalla American Dialect Society, non descrive semplicemente un generico peggioramento delle cose, ma identifica un processo specifico e metodico attraverso il quale le piattaforme digitali decadono seguendo uno schema ricorrente e prevedibile. Nella prima fase, le piattaforme si mostrano generose con gli utenti, offrendo servizi gratuiti o vantaggiosi, interfacce pulite, rispetto della privacy e funzionalità apparentemente miracolose che sembrano rispondere perfettamente ai bisogni degli utilizzatori. Una volta che gli utenti sono stati catturati e intrappolati attraverso l’effetto rete, la piattaforma entra nella seconda fase, spostando il proprio focus dagli utenti ai clienti commerciali, introducendo pubblicità invasive, algoritmi manipolativi e meccanismi di estrazione del valore che degradano progressivamente l’esperienza d’uso. Infine, nella terza e terminale fase della merdizzazione, la piattaforma volge le spalle anche ai propri clienti commerciali per trasferire tutto il valore estratto direttamente agli azionisti e agli amministratori delegati, trasformandosi in quello che Doctorow descrive come “un mucchio di merda” dal quale è impossibile fuggire perché ormai tutti i concorrenti sono stati eliminati e gli utenti si tengono in ostaggio reciprocamente.

Facebook rappresenta l’esempio paradigmatico di questo processo degenerativo: nato come piattaforma esclusiva per studenti universitari con la promessa di non spiare mai gli utenti, si è progressivamente espanso fino a inglobare la concorrenza, sfruttando l’effetto rete per rendere quasi impossibile l’uscita degli utenti senza pagare un prezzo relazionale altissimo. Una volta consolidato il proprio monopolio, la piattaforma ha cominciato a ridurre la visibilità dei contenuti organici, costringendo editori e creatori a pagare per raggiungere il proprio pubblico, per poi degradare ulteriormente l’esperienza introducendo algoritmi sempre più opachi e invasivi che privilegiano i contenuti che generano engagement negativo, polarizzazione e disinformazione, perché questi sono più redditizi dal punto di vista pubblicitario. Google, Amazon, Uber, Apple e tutte le altre grandi piattaforme tecnologiche hanno seguito lo stesso identico schema, dimostrando che la merdizzazione non è un incidente o il risultato della cattiveria di singoli amministratori delegati, ma una conseguenza strutturale e inevitabile di un ambiente economico in cui i monopoli possono prosperare senza conseguenze.

Secondo Doctorow, l’enshittification non è stata causata da cambiamenti tecnologici o da una nuova generazione di leader aziendali particolarmente cinici, ma è il risultato diretto di specifiche scelte politiche compiute in tempi recenti da individui identificabili che, nonostante fossero stati avvertiti delle conseguenze, hanno sistematicamente smantellato i tre pilastri che in passato contenevano gli impulsi predatori delle aziende tecnologiche: la concorrenza di mercato, eliminata da quarant’anni di politiche che hanno favorito i monopoli; una regolamentazione efficace, sostituita da leggi inadeguate o dannose che hanno ristretto i meccanismi di interoperabilità attraverso normative sul copyright e sulla proprietà intellettuale; e il potere contrattuale dei lavoratori del settore tecnologico, crollato a seguito delle ondate di licenziamenti di massa che hanno reso precari anche i dipendenti più qualificati.

Ma il Merdocene non si limita al mondo digitale, permeando ogni aspetto della nostra esistenza materiale attraverso quella che potremmo definire una merdizzazione generalizzata della realtà. I beni di consumo sono sempre più progettati secondo la logica dell’obsolescenza programmata, una pratica centenaria attraverso la quale i produttori limitano deliberatamente il ciclo di vita degli oggetti per incrementare le vendite e i profitti, come dimostra il celebre caso del cartello delle lampadine del 1925, quando i principali produttori mondiali si accordarono per ridurre la durata delle lampadine da 2500 a 1000 ore, e successivamente a 750 ore, aumentando i profitti del 60 per cento. Questa stessa logica pervade oggi l’industria dell’elettronica di consumo, dove aziende come Apple e Samsung sono state sanzionate dalle autorità antitrust per aver rilasciato aggiornamenti software che degradavano intenzionalmente le prestazioni dei dispositivi più vecchi, spingendo i consumatori a sostituirli prematuramente, creando montagne di rifiuti elettronici e consumando risorse naturali a ritmi insostenibili.

Il fast fashion rappresenta un’altra manifestazione emblematica di questa cultura dell’usa e getta, trasformando i vestiti in articoli monouso che vengono acquistati compulsivamente e gettati via con la stessa velocità, alimentando un ciclo incessante di produzione e consumo che ogni anno genera nell’Unione Europea cinque milioni di tonnellate di rifiuti tessili, pari a circa dodici chili per persona, l’ottanta per cento dei quali finisce in inceneritori, discariche o spedito nel sud del mondo. Questo modello di business si basa sulla produzione di capi di bassa qualità a prezzi stracciati, sfruttando la logica delle collezioni che si rinnovano a velocità impressionante per creare nei consumatori un bisogno artificiale di aggiornamento continuo, trasformando quello che una volta era un bene durevole destinato ad accompagnare le persone nel corso della vita in un oggetto effimero da consumare nell’istante stesso dell’acquisto.

Anche la sfera culturale e artistica non è immune da questo processo di degradazione qualitativa, con la proliferazione di quello che viene definito “AI slop”, contenuti generati dall’intelligenza artificiale di bassa qualità che stanno letteralmente inondando il web, i social media e i motori di ricerca con articoli privi di valore informativo, immagini con artefatti visivi grotteschi, video manipolati e musica ripetitiva e insapore prodotta in volumi massici senza alcuno sforzo creativo o intervento umano significativo. Questo fenomeno sta rendendo sempre più difficile per gli utenti distinguere contenuti di valore da spazzatura telematica, erodendo la fiducia nelle piattaforme online e relegando in secondo piano la creatività umana autentica, con perdite economiche devastanti per artisti e creatori che vedono le proprie opere sostituite da contenuti di qualità inferiore che agli occhi degli algoritmi hanno lo stesso peso delle produzioni originali.

La merdizzazione dell’esperienza stessa è forse l’aspetto più insidioso di questo fenomeno, con il marketing esperienziale che promette connessioni autentiche e momenti memorabili ma che in realtà trasforma ogni aspetto della vita in un’opportunità di estrazione di valore attraverso la commodificazione delle emozioni, dei sentimenti e delle relazioni interpersonali. In quella che Zygmunt Bauman ha definito “modernità liquida”, caratterizzata da velocità, incertezza e instabilità, i consumatori sono spinti a cercare una felicità istantanea attraverso la soddisfazione continua di capricci piuttosto che di bisogni autentici, alimentando una cultura dell’adesso che privilegia il piacere immediato e l’apparenza superficiale rispetto alla profondità e all’autenticità delle esperienze vissute.

Questa pervasiva superficializzazione dell’esistenza rivela una nuova forma di povertà che non è più di natura materiale ed economica ma psichica ed esistenziale, caratterizzata dall’atrofia dell’asse verticale dell’essere umano, della capacità di connettersi con se stessi, con i propri sentimenti profondi e con un senso di verità interiore non confutabile dall’esterno, sostituita da un’ipertrofia compensatoria dell’asse orizzontale, dall’essere connessi con tutti attraverso le piattaforme digitali senza essere veramente connessi con nessuno, dall’attitudine alla superficie, al frammento, alla seduzione dell’esteriore che impedisce il darsi di eco e sonorità interiori autentiche.

Il capitalismo della sorveglianza, come descritto dalla studiosa Shoshana Zuboff, rappresenta la forma più avanzata di questa logica estrattiva, trasformando l’esperienza umana stessa in materia prima economica da raccogliere, elaborare e vendere nei mercati dei comportamenti futuri, dove i dati personali vengono utilizzati non solo per prevedere ma anche per manipolare, condizionare e plasmare le scelte individuali, sostituendo l’azione autonoma con un’azione eteronoma in cui i principi che guidano la volontà vengono psicologicamente indotti dall’esterno, minacciando quello che Zuboff definisce il diritto al futuro, cioè il diritto di agire liberamente dall’influenza di forze illegittime che operano al di fuori della nostra consapevolezza.

Eppure, come sottolinea Doctorow nel suo ultimo libro “Enshittification: Why Everything Suddenly Got Worse and What to Do About It”, pubblicato nell’ottobre 2025, questo stato di cose non è inevitabile né irreversibile. La merdizzazione è stata una scelta politica deliberata, non un accidente storico, e proprio per questo può essere contrastata attraverso scelte politiche contrarie che ripristinino i meccanismi di controllo smantellati negli ultimi decenni. Le soluzioni proposte da Doctorow includono lo smantellamento dei monopoli tecnologici attraverso un’applicazione rigorosa delle leggi antitrust, come quella attualmente in corso negli Stati Uniti contro Google, la cui divisione tra motore di ricerca e business pubblicitario potrebbe ridurre significativamente il suo potere di mercato; l’imposizione di obblighi di interoperabilità che permettano agli utenti di cambiare piattaforma senza perdere i propri dati, le proprie connessioni sociali e i propri contenuti, come previsto dal Digital Markets Act europeo; il rafforzamento dei diritti dei lavoratori del settore tecnologico attraverso la sindacalizzazione e la protezione contro i licenziamenti arbitrari; e l’introduzione di regolamentazioni efficaci che limitino le pratiche di sorveglianza, estrazione dei dati e manipolazione algoritmica, restituendo agli utenti il controllo sulla propria esperienza digitale e sulla propria vita.

Il Merdocene in cui viviamo è dunque lo specchio fedele dei valori e delle priorità di un sistema economico che ha sistematicamente privilegiato il profitto di breve termine rispetto alla qualità, alla durabilità, all’autenticità e al benessere collettivo, trasformando ogni aspetto dell’esistenza umana in un’opportunità di estrazione di valore e ogni relazione sociale in una transazione commerciale. Ma riconoscere la natura sistemica e deliberata di questo processo è il primo passo per contrastarlo, per rivendicare spazi di autenticità e di resistenza, per costruire alternative concrete che rimettano al centro i bisogni umani reali piuttosto che i capricci indotti artificialmente, per ridisegnare le regole del gioco in modo che le piattaforme e le aziende siano costrette a servire gli interessi degli utenti e dei lavoratori piuttosto che quelli degli azionisti e degli amministratori delegati. La sfida del nostro tempo è quella di uscire dal Merdocene prima che la degradazione diventi irreversibile, prima che la capacità stessa di immaginare e desiderare qualcosa di migliore venga completamente erosa dalla logica pervasiva della merdizzazione. Per restare sempre aggiornato scarica GRATIS la nostra App!