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Venezia, daspo urbano per Greta Thunberg dopo che ha dolorato di verde il Canal Grande

Greta Thunberg e 36 attivisti sanzionati con daspo di 48 ore e multa di 150 euro dopo aver colorato di verde il Canal Grande con fluoresceina innocua in una protesta di Extinction Rebellion contro le politiche climatiche del governo italiano durante la COP30.

Il Canal Grande di Venezia si è tinto di un verde fluorescente nella mattinata di sabato 22 novembre 2025, trasformandosi nel palcoscenico di una delle più risonanti azioni dimostrative ambientaliste dell’anno. Protagonista dell’episodio è stata l’attivista svedese Greta Thunberg, presente sul Ponte di Rialto insieme a decine di membri del movimento internazionale Extinction Rebellion, che hanno versato fluoresceina nelle acque del celebre canale veneziano nell’ambito di una mobilitazione nazionale coordinata che ha interessato dieci città italiane. L’azione, condotta senza autorizzazione preventiva, è valsa alla giovane attivista e ad altri trentasei manifestanti un daspo urbano di quarantotto ore dalla città lagunare e una sanzione amministrativa di centocinquanta euro ciascuno.

L’iniziativa si è inserita nel contesto degli ultimi giorni della COP30 di Belém, in Brasile, la trentesima Conferenza delle Nazioni Unite sui Cambiamenti Climatici, con lo slogan “Fermare l’ecocidio”. Gli attivisti hanno denunciato quelle che definiscono le “politiche ecocide” del governo italiano, richiamando l’attenzione sulla posizione assunta dall’Italia nel corso dei negoziati internazionali sul clima. Durante i lavori della conferenza brasiliana, il governo italiano, insieme alla Polonia, si è opposto all’inclusione nella bozza di accordo finale di una tabella di marcia esplicita per l’abbandono dei combustibili fossili, nonostante la proposta fosse sostenuta da ottantadue delegazioni nazionali. Il compromesso finale raggiunto al termine della COP30 non ha contenuto alcun riferimento alla roadmap per l’uscita da carbone, petrolio e gas, suscitando lo sconcerto di numerosi osservatori internazionali e della comunità scientifica, che lo hanno giudicato insufficiente e tardivo rispetto alle esigenze di contenimento del riscaldamento globale.

La protesta di Extinction Rebellion ha avuto carattere simultaneo e capillare su tutto il territorio nazionale. Oltre al Canal Grande di Venezia, sono state colorate di verde le acque del Po ai Murazzi di Torino, del Reno nel Canale delle Moline a Bologna, della Darsena ai Navigli a Milano, del torrente Parma nell’omonima città e del fiume Tara a Taranto, corso d’acqua pesantemente contaminato dall’ex stabilimento Ilva. Le acque marine sono state interessate dall’azione a Trieste e nell’antico porto de La Cala a Palermo, mentre a Padova e Genova le fontane di Prato della Valle e di Piazza De Ferrari sono state trasformate in bacini verdeggianti. L’impatto visivo dell’iniziativa è stato conseguito attraverso l’utilizzo di fluoresceina sodica, un sale di sodio dell’acido fluoresceico che si presenta come un solido rosso-bruno inodore a temperatura ambiente ed emette un’intensa fluorescenza nella gamma tra cinquecentoventi e cinquecentotrenta nanometri quando viene eccitato da raggi ultravioletti o dalla luce blu naturale.

La fluoresceina è una sostanza totalmente innocua dal punto di vista ecologico e biologicamente degradabile nelle concentrazioni utilizzate per questo tipo di applicazioni. Comunemente impiegata in speleologia per tracciare i percorsi sotterranei dei corsi d’acqua e dai subacquei per monitorare i flussi marini, la sostanza trova applicazione anche in campo medico, nella fluorangiografia retinica, e come indicatore visuale in analisi chimiche. Il suo utilizzo da parte di Extinction Rebellion risponde proprio alla necessità di creare un forte impatto mediatico senza causare danni effettivi all’ecosistema acquatico, dal momento che la colorazione si dissolve naturalmente nell’arco di poche ore. Non sono stati segnalati rischi per la navigazione nei canali veneziani, che è proseguita regolarmente con monitoraggio costante da parte delle autorità competenti per la vigilanza lagunare.

A Venezia, la sostanza colorante è stata versata direttamente nel Canal Grande da un vaporetto del trasporto pubblico locale, con gli attivisti immortalati mentre approfittavano dell’apertura di poppa dell’imbarcazione per svuotare le taniche in acqua. Greta Thunberg non si trovava a bordo del battello, ma era posizionata sul Ponte di Rialto insieme ad altre decine di manifestanti che esponevano striscioni con la scritta “Fermare l’ecocidio” e scandivano slogan contro le politiche climatiche governative. Proprio sul ponte sono scattate le sanzioni della polizia locale, che ha fatto valere il regolamento comunale per procedere con l’identificazione dei presenti e con l’ordine di allontanamento dalla città per intralcio alla viabilità pedonale, essendo la protesta non comunicata in anticipo né autorizzata dalle autorità competenti.

In totale, trentasette persone sono state sanzionate dalle forze dell’ordine con una multa di centocinquanta euro e con il daspo urbano di quarantotto ore dalla città di Venezia. Oltre alla celebre attivista svedese, tra i sanzionati figurano altri due stranieri provenienti da Colombia ed Etiopia e trentaquattro cittadini italiani, di cui diciannove veneti, quattro lombardi, due trentini, due toscani, tre piemontesi, un emiliano, un pugliese, un calabrese e un laziale. Le forze dell’ordine hanno inoltre provveduto al sequestro degli strumenti musicali utilizzati durante il presidio e dello striscione esposto dagli attivisti. Il daspo urbano, provvedimento amministrativo introdotto nell’ordinamento italiano dal decreto Minniti del 2017 e successivamente modificato dai decreti sicurezza del 2018 e del 2020, prevede l’allontanamento immediato del trasgressore dai luoghi pubblici in cui è stato commesso il fatto, con efficacia di quarantotto ore, accompagnato da una sanzione pecuniaria.

Greta Thunberg, nei giorni immediatamente precedenti l’azione veneziana, era stata a Verona tra gli ospiti principali di un’assemblea pubblica sulla questione palestinese che ha visto studenti e attivisti occupare l’aula magna del polo Zanotto dell’Università degli Studi di Verona. L’evento, organizzato dal collettivo studentesco autonomo Tamr per venerdì 21 novembre, aveva inizialmente ricevuto il diniego dell’Ateneo veronese alla concessione dell’aula richiesta, con la motivazione ufficiale che nei post social di annuncio dell’evento sarebbe stato criticato il governo italiano, violando così la par condicio a pochi giorni dalle elezioni regionali del Veneto previste per domenica 23 e lunedì 24 novembre. Nonostante il rifiuto istituzionale, l’assemblea si è tenuta ugualmente nell’aula T.2 del polo universitario, con la partecipazione di Thunberg, dell’attivista veronese Simone Zambrin, che aveva preso parte alla Global Sumud Flotilla verso Gaza, e di Maya Issa del movimento degli studenti palestinesi. L’aula, piena di persone, ha ospitato l’incontro a sostegno della causa palestinese, con l’attivista svedese che ha ascoltato gli interventi e partecipato ai cori di solidarietà.

La reazione politica all’azione dimostrativa di Venezia non si è fatta attendere. Il presidente della Regione Veneto, Luca Zaia, ha condannato fermamente l’iniziativa attraverso i suoi profili social, definendola un gesto poco rispettoso per le città italiane, la loro storia e la loro fragilità. Secondo Zaia, si è consumato un altro attacco al cuore del patrimonio veneziano, con un gesto che rischia di avere conseguenze sull’ambiente e che paradossalmente genera inquinamento anziché difenderlo. Il governatore ha espresso particolare stupore nel vedere Greta Thunberg tra gli autori di quella che ha definito un’inutile protesta, sostenendo che gli attivisti punterebbero più a dare visibilità a loro stessi che a sensibilizzare sull’ambiente, dimostrando disinteresse per le città e la loro fragilità. Zaia ha ribadito che non è con azioni vandaliche che si difende l’ambiente, sottolineando come tali gesti danneggino Venezia e costringano a interventi di ripristino.

Non si tratta del primo episodio in cui il Canal Grande viene colorato artificialmente. Il precedente più celebre risale al 19 giugno 1968, quando l’artista e architetto argentino Nicolás García Uriburu, pioniere della Land Art e dell’arte ambientalista, colora di verde le acque del canale durante la trentaquattresima Biennale Internazionale d’Arte di Venezia. Anche in quel caso venne utilizzata la fluoresceina sodica come agente colorante innocuo per l’ecosistema marino. La performance di Uriburu, realizzata senza autorizzazione e con l’inevitabile intervento della polizia che lo portò in questura per identificazione e denuncia, segnò l’inizio di una serie di colorazioni che l’artista realizzò in vari luoghi del mondo, tra cui l’East River a New York, la Senna a Parigi, il Tamigi a Londra e il Rio della Plata a Buenos Aires, tutte finalizzate a sensibilizzare l’opinione pubblica sulla questione dell’inquinamento delle acque e sul rapporto tra società capitalista e natura.

Più recentemente, il Canal Grande si era già colorato di verde nel maggio 2023, in un episodio analogo che aveva coinvolto gli attivisti di Extinction Rebellion in un’azione coordinata che interessava cinque città italiane al termine della COP28 di Dubai. In quell’occasione, gli attivisti avevano denunciato l’inerzia dei governi di fronte al collasso climatico. Nell’aprile 2024, invece, una coppia francese aveva versato sei taniche di coloranti organici nel canale, tingendo l’acqua di rosso e verde nell’ambito di quello che venne definito un progetto artistico. L’azione del 22 novembre 2025 ha rappresentato un raddoppio dell’impegno del movimento rispetto alla precedente mobilitazione, passando da cinque a dieci città coinvolte simultaneamente sul territorio nazionale.

Extinction Rebellion ha motivato l’azione spiegando che si stava concludendo il più importante summit globale per definire accordi politici internazionali volti a contrastare il collasso climatico e sociale, ma anche quest’anno l’Italia si è collocata tra i paesi che hanno maggiormente ostacolato le misure più ambiziose. Il movimento ha evidenziato come il compromesso raggiunto alla COP30 sia risultato insufficiente e decisamente tardivo rispetto a quanto la comunità scientifica considera indispensabile per contenere il riscaldamento globale e proteggere miliardi di persone dagli impatti più gravi della crisi climatica. Secondo gli attivisti, l’Italia continua a sostenere industrie inquinanti mentre le acque del paese vengono giornalmente contaminate, e le attuali politiche climatiche stanno trascinando il mondo verso conseguenze sempre più devastanti.

A Trieste, otto partecipanti all’azione che aveva colorato le acque del canale di Ponterosso sono stati condotti in commissariato per accertamenti, con due di loro trattenuti per oltre cinque ore in fermo identificativo nonostante avessero fornito i documenti di identità. A tutti gli otto attivisti triestini è stata notificata una denuncia per manifestazione non preavvisata, nonostante le analoghe denunce relative all’iniziativa svoltasi nel dicembre 2023 fossero state tutte archiviate, a sottolineare l’assenza di un reato. Gli attivisti di Extinction Rebellion hanno denunciato il clima repressivo e intimidatorio che stanno vivendo ormai da anni e che si fa sempre più concreto attraverso perquisizioni, denunce e trattenimenti che ritengono illegittimi. Nelle altre città coinvolte nella mobilitazione nazionale non sono stati segnalati incidenti rilevanti e non risultano danni alle strutture interessate, data la natura temporanea e non corrosiva della sostanza impiegata, le cui colorazioni si sono dissolte nel giro di poche ore.

L’episodio veneziano riaccende il dibattito sulle modalità delle proteste ambientaliste e sull’equilibrio tra diritto di manifestazione e tutela del patrimonio culturale e del decoro urbano. Da un lato, i movimenti come Extinction Rebellion rivendicano la necessità di azioni eclatanti e dal forte impatto visivo per richiamare l’attenzione dell’opinione pubblica e dei decisori politici sull’urgenza della crisi climatica, in un contesto in cui ritengono che i canali tradizionali di partecipazione democratica si siano rivelati insufficienti a produrre cambiamenti concreti nelle politiche energetiche e ambientali. Dall’altro, le istituzioni e parte dell’opinione pubblica condannano queste forme di protesta come inappropriate e controproducenti, sostenendo che danneggino il patrimonio artistico e culturale delle città e allontanino il sostegno popolare dalle cause ambientaliste anziché rafforzarlo.

Il caso di Greta Thunberg, attivista ventenne divenuta simbolo globale della lotta ai cambiamenti climatici dopo aver fondato nel 2018 il movimento Fridays For Future e aver ispirato milioni di giovani in tutto il mondo a scendere in piazza per il clima, aggiunge ulteriore risonanza mediatica all’episodio veneziano. La sua presenza fisica alle azioni dimostrative più radicali di Extinction Rebellion, movimento noto per le sue tattiche di disobbedienza civile nonviolenta, segna una continuazione e un’evoluzione del suo impegno ambientalista, che negli ultimi anni si è esteso anche alla solidarietà con la causa palestinese, come testimoniano la partecipazione alla Global Sumud Flotilla verso Gaza e l’assemblea di Verona. Il daspo urbano comminato a Thunberg e agli altri trentasei attivisti rappresenta l’applicazione di uno strumento amministrativo concepito per tutelare il decoro urbano e mantenere elevati livelli di sicurezza sul territorio attraverso un potere punitivo comunale, estendendo al contesto urbano la logica del daspo sportivo originariamente pensato per contrastare la violenza negli stadi. Per restare sempre aggiornato scarica GRATIS la nostra App!