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Delitto di Garlasco, le intercettazioni fra Alberto Stasi e suo padre: la paura di diventare il principale sospettato

Il 23 agosto 2007, dieci giorni dopo la morte di Chiara Poggi, Alberto Stasi e suo padre Nicola si parlano al telefono. L’intercettazione, resa pubblica dalla trasmissione Mediaset ‘Quarta Repubblica’, rivela la paura del giovane di diventare il principale indagato e i tentativi del padre di rincuorarlo.

Dieci giorni dopo la morte di Chiara Poggi, trovata senza vita nella villetta di via Pascoli a Garlasco il 13 agosto del 2007, il fidanzato Alberto Stasi e suo padre Nicola si ritrovano al telefono. La conversazione, intercettata dagli investigatori il 23 agosto di quell’anno e resa pubblica solo recentemente dalla trasmissione Mediaset “Quarta Repubblica“, rappresenta uno spaccato eloquente dello stato d’animo di una famiglia già consapevole della tempesta giudiziaria in arrivo. Al di là del tono piano di una telefonata domestica, emergono le prime crepe nel rassicurante muro che un padre costruisce intorno al figlio, frammezzo a dubbi crescenti e paure non ancora espresse apertamente.

Ed è il padre, Nicola Stasi, il primo a parlare. L’uomo esprime un’ansia elementare e profonda, quasi istintiva: si augura che gli inquirenti “trovino subito qualcosa tra i reperti che hanno preso” perché, altrimenti, sarà “la nostra rovina in tutto e per tutto”. Non è una considerazione astratta, ma la consapevolezza concreta che l’assenza di elementi probatori scagionanti il figlio potrebbe trasformare Alberto nel bersaglio principale dell’inchiesta. Nicola comprende rapidamente il meccanismo investigativo: se non emergeranno altre tracce, altri indagati, altre piste credibili, lo sguardo inquirente resterà fisso esclusivamente su suo figlio.

Dall’altra parte del telefono c’è un Alberto Stasi già rassegnato a quello che percepisce come inevitabile. Il giovane è uno studente di Economia alla Bocconi, ventiquattro anni, fidanzato della vittima da anni. Ma in queste parole trasmesse attraverso la cornetta telefonica emerge un presagio sinistro: “Peggio di così non poteva andare. La persona sbagliata al momento sbagliato e nel luogo sbagliato”. Lo afferma con la fredda lucidità di chi già intravede l’esito. Ero solo a casa, ripete, però sono innocente. È quasi un’enumerazione di scagionanti che Alberto sa già non basteranno: l’assenza di testimoni, la dichiarazione di innocenza, nulla di tutto ciò è, nella sua percezione, sufficiente a fermichè i sospetti.

Le preoccupazioni di Stasi si concentrano su uno scenario che, purtroppo, si rivelerà profetico. “Se non trovano altro”, dice, “vado a processo. Se la prendono con me”. È una semplice equazione logica che Alberto prospetta al padre: l’assenza di prove incriminanti nei confronti di altri e la sua sola presenza nella scena del crimine lo trasformeranno automaticamente da testimone-scopritore del delitto in imputato. Non è paranoia, bensì un ragionamento investigativo elementare che il giovane ha compreso in soli dieci giorni.

E il padre, conscio di questa realtà brutale, cambia tattica. Comincia a rincuorare il figlio, tentando di infondere quella fiducia che la situazione oggettiva non permette. “Devi tirarmi su”, esorta, aggiungendo che “non è possibile che tutto sia contro di noi”. Sono parole che rivelano un papà consapevole della fragile struttura della difesa del figlio, parole pensate per rafforzare una posizione già in via di cedimento. Prosegue ricordando a Alberto che, sebbene al momento le cose appaiano disastrose, “non hanno scoperto tutto e finito le indagini”. C’è ancora tempo, spera, ancora spazio per il dubbio, ancora possibilità di una piega diversa degli eventi.

Nicola Stasi tenta inoltre di reframe la situazione familiare con un elemento paradossale: la coscienza tranquilla. “Tu sei innocente”, dice al figlio. E aggiunge, con pragmatismo quasi ferrigno: “Bisogna avere un po’ di fiducia ed essere un po’ ottimisti. Spenderemo un sacco di soldi, ma non hai fatto niente”. In questa frase emerge il padre che capisce che la battaglia legale sarà costosa, estenuante, ma soprattutto riconosce che la vera risorsa su cui contare è la verità: Alberto non ha ucciso Chiara. Per un padre, quella certezza dovrebbe bastare. Eppure, nel tono di queste parole, persino Nicola sembra consapevole che la verità, da sola, potrebbe non essere sufficiente.

L’intercettazione del 23 agosto 2007 fotografa un momento in cui il sistema investigativo italiano ha ormai individuato il suo focus primario. Le paure di Alberto Stasi sulla carta si riveleranno fondate. Nel corso dei mesi successivi, l’accusa costruirà un’impalcatura probatoria basata su una serie di circostanze: le scarpe troppo pulite, l’assenza di tracce ematiche significative addosso al giovane malgrado abbia affermato di aver trovato il corpo immerso nel sangue, i dettagli della bicicletta, elementi che la difesa contesterà strenuamente durante i processi.

L’iter giudiziario che seguirà il delitto di Garlasco sarà uno dei più tortuosi della cronaca giudiziaria italiana. Alberto Stasi sarà assolto in primo grado e confermato assolto in appello, nel 2011. Ma la Cassazione annullerà i verdetti assolutori nel 2013, ordinando una new trial. Nel secondo processo di appello, il 2014, sarà condannato a sedici anni. La Suprema Corte, il 12 dicembre 2015, confermerà definitivamente la condanna. Da quel momento, Stasi è in carcere, anche se da gennaio 2023 usufruisce di un programma di semi-libertà. Continua a dichiararsi innocente, e la vicenda continua a essere agitata da nuovi sviluppi investigativi, in particolare l’identificazione di Andrea Sempio, indagato a partire dal marzo 2025 sulla base di tracce di DNA rinvenute sulle unghie della vittima.

Ma in quella telefonata del 23 agosto 2007, tutto questo era ancora davanti. Padre e figlio parlavano in un vuoto investigativo parziale, conscii che qualcosa di terribile stava per accadere, ma ignorando i dettagli di quello che i prossimi diciotto anni avrebbero rivelato. L’intercettazione rimane una testimonianza rara di come le famiglie affrontano il momento in cui il sistema giudiziario fissa lo sguardo su uno dei loro, il momento in cui l’innocenza dichiarata smette di bastare, il momento in cui tutto cambia. Per restare sempre aggiornato scarica GRATIS la nostra App!