La validità fino a dodici mesi delle ricette per i pazienti affetti da patologie croniche rappresenta la seconda grande novità introdotta dal Ddl Semplificazioni sul fronte sanitario, accanto alla possibilità di rilasciare certificati di malattia anche a seguito di visita a distanza. La riforma interviene su uno dei passaggi più ripetitivi e burocratici del percorso di cura, quello del rinnovo periodico delle prescrizioni per terapie che restano immutate per mesi o anni, con l’obiettivo dichiarato di semplificare la vita dei malati cronici e di alleggerire il carico amministrativo che pesa sugli studi della medicina generale.
Con l’approvazione definitiva del provvedimento e la sua pubblicazione in Gazzetta Ufficiale, il quadro normativo è stato definito: l’articolo 62 prevede che, nelle prescrizioni di medicinali a carico del Servizio sanitario nazionale per la cura di patologie croniche, il medico possa indicare in un’unica ricetta dematerializzata ripetibile la posologia e il numero di confezioni dispensabili nell’arco di un periodo massimo di dodici mesi. Si tratta di una misura strutturale, valida su tutto il territorio nazionale e non limitata a sperimentazioni locali, che ridefinisce il modo in cui viene garantita la continuità terapeutica per milioni di cittadini affetti da malattie a lungo termine.
La nuova ricetta annuale non comporta però alcuna possibilità di fare scorte di farmaci: il testo prevede espressamente che l’erogazione in farmacia avvenga comunque su base mensile, con la consegna di un quantitativo sufficiente a coprire trenta giorni di terapia alla volta. In pratica, il medico di famiglia o lo specialista, una volta valutata la stabilità clinica del paziente, inserisce nella ricetta elettronica la durata massima del trattamento (fino a dodici mesi), la posologia giornaliera e il numero complessivo di confezioni che il farmacista potrà via via dispensare; il paziente, però, continuerà a recarsi in farmacia periodicamente, ma non dovrà più tornare in ambulatorio soltanto per ottenere una prescrizione identica alla precedente.
Il meccanismo è costruito attorno al concetto di patologia cronica stabilizzata: la ricetta annuale potrà essere emessa dopo la definizione di un “protocollo terapeutico individuale” che identifichi il trattamento più appropriato e ne certifichi la relative stabilità nel tempo. Rientrano tra le condizioni per le quali la misura viene esplicitamente richiamata ipertensione arteriosa, diabete mellito di tipo 1 e di tipo 2, cardiopatie croniche, insufficienza cardiaca, broncopneumopatie croniche ostruttive, asma persistente, dislipidemie, patologie tiroidee che richiedono terapia sostitutiva permanente, malattie reumatologiche croniche, epilessie stabilizzate, disturbi psichiatrici cronici, morbo di Parkinson, demenze nelle fasi iniziali, osteoporosi severa, insufficienze renali ed epatiche croniche e terapie anticoagulanti o antiaggreganti di lunga durata. Si tratta di quadri clinici nei quali la necessità di un rinnovo frequente della ricetta non corrispondeva a un reale bisogno di rivalutazione clinica, ma produceva soprattutto un appesantimento burocratico per pazienti e medici.
La norma affida un ruolo centrale al medico prescrittore, che resta in ogni caso responsabile del percorso di cura: il sanitario valuta la stabilità della malattia, decide se avvalersi o meno della ricetta annuale e mantiene la facoltà di sospendere in qualsiasi momento la ripetibilità della prescrizione o di modificarne i contenuti quando emergano esigenze di appropriatezza clinica. In parallelo, al farmacista territoriale viene riconosciuto un compito di monitoraggio dell’aderenza terapeutica, poiché la distribuzione mensile dei medicinali consente di rilevare tempestivamente eventuali interruzioni nei ritiri, segnalando al medico eventuali criticità o comportamenti anomali. In questo modo, la semplificazione amministrativa viene affiancata da un presidio più strutturato sul corretto utilizzo dei farmaci nel lungo periodo.
Per i pazienti cronici, l’impatto atteso della riforma è rilevante: viene meno l’obbligo di prenotare appuntamenti o di contattare con regolarità il medico di famiglia solo per avere un nuovo promemoria elettronico identico a quello già utilizzato nei mesi precedenti, con una riduzione di tempi di attesa, spostamenti e giornate lavorative perse per recarsi in ambulatorio. Per chi convive con patologie che richiedono terapie continuative, spesso multiple e a vita, la possibilità di contare su un piano terapeutico stabile per dodici mesi rappresenta un elemento di maggiore prevedibilità e linearità nel rapporto con il sistema sanitario, senza che ciò comporti una diminuzione dei controlli clinici programmati, che restano affidati alla valutazione del medico curante.
Anche per i medici di medicina generale la misura viene descritta come uno strumento in grado di liberare tempo clinico: una quota significativa degli accessi agli studi era finora legata alla sola necessità di rinnovare ricette per terapie croniche consolidate, con poco o nessun contenuto di valutazione sanitaria effettiva. Le organizzazioni rappresentative della categoria, come la Fimmg, hanno sottolineato come la possibilità di prescrivere farmaci per patologie croniche fino a dodici mesi riduca la necessità di ripetere continuamente atti meramente amministrativi, consentendo ai professionisti di concentrare maggiormente le energie sulle visite che richiedono diagnosi, modifiche terapeutiche, presa in carico di nuovi problemi o gestione delle fasi instabili di malattia. In quest’ottica, la ricetta annuale viene interpretata non solo come una semplificazione burocratica, ma come una diversa organizzazione del lavoro, più orientata alla parte clinica del rapporto medico-paziente.
La riforma delle prescrizioni per i cronici si inserisce in un quadro più ampio di interventi sulla cosiddetta farmacia dei servizi e sulla digitalizzazione dei percorsi di cura, che comprende tra l’altro il riconoscimento del valore prescrittivo immediato delle lettere di dimissione ospedaliera e dei verbali di pronto soccorso, evitando al paziente un passaggio aggiuntivo dal medico di base solo per la trascrizione dei farmaci indicati dagli specialisti. In prospettiva, l’insieme delle misure punta a rendere più lineare la presa in carico della cronicità, collegando in modo più fluido l’ospedale, la medicina generale e la rete delle farmacie territoriali, con il supporto della prescrizione dematerializzata e dei sistemi informativi sanitari regionali.
Nonostante il quadro normativo sia stato definito, la ricetta valida dodici mesi non entrerà in vigore immediatamente. Lo stesso articolo 62 rinvia infatti a un decreto attuativo del Ministero della Salute, da adottare di concerto con il Ministero dell’Economia e delle Finanze entro novanta giorni dalla pubblicazione della legge, con il compito di dettagliare le modalità operative e di garantire che dall’attuazione non derivino nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica. Sarà questo provvedimento secondario a precisare i criteri di utilizzo della ricetta annuale, i requisiti tecnici dei sistemi informatici, gli eventuali limiti quantitativi per specifiche categorie di medicinali, nonché le procedure di monitoraggio e controllo, delineando un assetto applicativo uniforme tra le diverse regioni. Fino all’adozione del decreto, come hanno ricordato le organizzazioni dei medici, la possibilità di prescrivere per dodici mesi resterà una previsione solo sulla carta e non sarà ancora concretamente esercitabile nella pratica quotidiana.
L’entrata in vigore della legge, fissata a pochi giorni dalla pubblicazione in Gazzetta Ufficiale, segna dunque l’avvio formale di un percorso che dovrà essere completato con i successivi atti amministrativi e con gli adeguamenti tecnologici necessari nei sistemi della prescrizione dematerializzata, delle farmacie e delle strutture sanitarie. Una volta a regime, la ricetta annuale per i cronici promette di trasformare un adempimento ripetitivo in un processo più razionale, proporzionato ai bisogni effettivi di controllo clinico e coerente con la natura di lungo periodo delle patologie coinvolte, mantenendo al tempo stesso i presidi di sicurezza legati alla dispensazione frazionata dei farmaci e al ruolo congiunto di medici e farmacisti nella sorveglianza dell’aderenza terapeutica. In un sistema sanitario chiamato a gestire una quota crescente di popolazione con malattie croniche e multimorbilità, la scelta di estendere la validità delle ricette rappresenta un tassello significativo di riorganizzazione dei percorsi, che dovrà essere misurato nel tempo anche in termini di impatto sulla qualità dell’assistenza e sull’efficienza complessiva della medicina territoriale. Per restare sempre aggiornato scarica GRATIS la nostra App!
