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Vodafone, Alcuni clienti hanno perso il loro numero per sempre: perché le SIM sono state disattivate

Vodafone Italia ha completato il 15 dicembre 2025 la disattivazione delle SIM prepagate attestate su vecchi sistemi gestionali, causando la perdita irreversibile del numero per i clienti che non hanno effettuato la migrazione alla piattaforma Next.

Il 15 dicembre duemilaventicinque segna una data spartiacque per una ristretta ma significativa porzione della clientela di Vodafone Italia, che si è risvegliata con la propria scheda telefonica inattiva e, fatto ben più grave, con la propria numerazione storica irrimediabilmente perduta. Non si tratta di un disservizio temporaneo né di un errore amministrativo, bensì dell’epilogo programmato di una complessa operazione di chirurgia infrastrutturale che l’operatore rosso ha condotto per mesi, finalizzata alla dismissione dei sistemi gestionali obsoleti in favore della nuova architettura denominata Next. La vicenda, che ha sollevato non poche polemiche tra gli utenti meno attenti alle comunicazioni di servizio, rappresenta un caso di studio emblematico sulle conseguenze tangibili della modernizzazione tecnologica nel settore delle telecomunicazioni, dove la sopravvivenza digitale è subordinata all’aggiornamento costante dei supporti fisici e logici.

La scadenza tecnica del 15 dicembre e la piattaforma Next

La decisione di Vodafone di staccare la spina a determinate utenze prepagate scaturisce da una necessità tecnica non più prorogabile: la chiusura definitiva dei vecchi ambienti informatici di gestione, noti agli addetti ai lavori con i nomi di Dealer Station, Merlino e Smart Sales. Queste piattaforme legacy, che per decenni hanno costituito l’ossatura per l’attivazione e la manutenzione delle linee consumer e business, sono state giudicate incompatibili con la nuova infrastruttura Next, il sistema convergente su cui l’azienda sta progressivamente migrando l’intera base clienti. La migrazione, avviata massivamente negli ultimi due anni, ha raggiunto la sua fase conclusiva proprio in queste settimane, imponendo un aut aut tecnico: le SIM attestate sui vecchi database non potevano essere trasmigrate automaticamente a causa di profonde differenze architetturali e di protocollo, rendendo necessario un intervento attivo da parte del cliente per “traghettare” la propria identità telefonica verso il nuovo ecosistema. Chi non ha ottemperato a questa necessità entro la deadline fissata, si trova ora di fronte a una cessazione irreversibile del servizio, con la cancellazione del numero dai registri attivi dell’operatore, una misura drastica che raramente si osserva con tale perentorietà nel mercato mobile italiano.

È impossibile analizzare questa manovra di razionalizzazione del database clienti senza inquadrarla nel più ampio e strategico contesto della fusione con Fastweb. L’acquisizione di Vodafone Italia da parte di Swisscom, completata formalmente il 31 dicembre 2024, ha innescato una serie di processi di integrazione volti a creare un’unica entità operativa entro il primo gennaio 2026. In questa prospettiva, il mantenimento di duplicazioni nei sistemi di billing e CRM (Customer Relationship Management) rappresenta un costo inefficiente e un ostacolo all’unificazione dei processi aziendali. La pulizia dei database, eliminando le utenze “dormienti” o tecnologicamente non allineate, appare dunque come una mossa propedeutica alla nascita del nuovo colosso delle telecomunicazioni, che mira a presentarsi sul mercato con una struttura snella e interamente basata su stack tecnologici di ultima generazione. La piattaforma Next, in tal senso, non è solo un aggiornamento software, ma il basamento su cui poggerà la convergenza fisso-mobile della futura NewCo, rendendo le vecchie SIM dei veri e propri relitti industriali impossibili da integrare nel nuovo corso aziendale.

Nonostante la severità dell’esito finale, Vodafone aveva predisposto un piano di comunicazione articolato per avvisare l’utenza coinvolta. A partire dal 15 settembre 2025, una campagna massiva di SMS informativi ha raggiunto i possessori delle schede in via di dismissione, avvertendo esplicitamente del rischio di disattivazione qualora non fossero state intraprese azioni correttive. I messaggi, spesso confusi dagli utenti per ordinarie comunicazioni commerciali o tentativi di upselling, contenevano invece un avviso di servizio cruciale: “Vodafone comunica che, a seguito dell’ammodernamento dei propri sistemi, a partire dal 15/12/2025 alcuni servizi di rete mobile in modalità prepagata non saranno più disponibili”. L’operatore aveva inizialmente suggerito come unica via di salvezza la portabilità del numero (MNP) verso un altro gestore, una soluzione che garantiva la continuità dell’utilizzo della numerazione pur comportando l’abbandono della rete Vodafone. Solo successivamente, a partire dal 18 novembre, è stata introdotta una procedura di migrazione interna presso i rivenditori autorizzati, che permetteva di sottoscrivere una nuova offerta nativa su piattaforma Next mantenendo l’anagrafica e, fattore critico, il numero telefonico originale. Questa finestra temporale di circa quattro settimane si è rivelata insufficiente per quella fascia di utenza meno digitalizzata o abituata a utilizzare la SIM in dispositivi secondari, come sistemi di allarme o tablet, che raramente vengono consultati per la lettura degli SMS in arrivo.

La perdita definitiva del numero di telefono nel 2025 costituisce un danno che va ben oltre la semplice impossibilità di effettuare chiamate vocali. Nell’era dell’autenticazione a due fattori (2FA) e dell’identità digitale SPID, il numero di cellulare è divenuto a tutti gli effetti una chiave di accesso primaria ai servizi bancari, alla pubblica amministrazione e alle piattaforme social. La disattivazione della SIM comporta l’immediata esclusione da questi servizi e innesca una complessa trafila burocratica per il recupero degli account, spesso impossibile senza il possesso del terminale telefonico associato. Le segnalazioni di utenti che si sono visti preclusa la possibilità di accedere al proprio conto online o alla posta elettronica certificata si stanno moltiplicando in queste ore, evidenziando come la percezione del numero mobile sia ancora, erroneamente, legata al concetto di “telefono” piuttosto che a quello di “token di sicurezza”. La decisione di Vodafone di non prevedere un “limbo” o un periodo di grazia post-scadenza in cui il numero potesse essere recuperato amministrativamente — come solitamente avviene per le scadenze naturali delle ricaricabili — sottolinea l’eccezionalità tecnica dell’evento: una volta spento il vecchio sistema, l’associazione tra il numero e l’utente cessa di esistere a livello di rete.

Sebbene la normativa AGCOM preveda ampie tutele per il diritto alla portabilità, garantendo solitamente al consumatore un periodo di 30 giorni dopo la cessazione della linea per richiedere il trasferimento del numero, il caso specifico della dismissione tecnologica per obsolescenza della piattaforma si muove in un terreno liminare. Vodafone ha ottemperato agli obblighi di preavviso contrattuale, fissati in 30 giorni, estendendoli di fatto a 90 giorni con le prime comunicazioni di settembre. Tuttavia, la perentorietà del “perso per sempre”, ribadita nelle note informative, suggerisce che l’architettura tecnica della migrazione non consenta il recupero postumo delle numerazioni dal “cimitero” dei sistemi legacy ormai spenti. Per i clienti coinvolti, l’unica, magra consolazione rimane l’eventuale rimborso del credito residuo, che potrà essere richiesto tramite le consuete procedure di reclamo, ma che non potrà in alcun modo compensare il disagio derivante dalla perdita di un recapito storico. Questa vicenda funge da severo monito per l’intera platea dei consumatori italiani: nell’epoca della transizione digitale, ignorare le comunicazioni del proprio fornitore di servizi può costare molto caro, trasformando un semplice aggiornamento tecnico in un incubo digitale senza ritorno. Per restare sempre aggiornato scarica GRATIS la nostra App!