Un uomo americano di nome Tim Friede, ex meccanico del Wisconsin, si è sottoposto volontariamente a centinaia di morsi di serpenti estremamente velenosi nell’arco di 18 anni. Questo comportamento, considerato da molti folle e pericoloso, potrebbe oggi rivoluzionare il trattamento dei morsi di serpente a livello mondiale. Dal suo sangue, infatti, è stato sviluppato quello che gli scienziati definiscono un antidoto “universale”, capace di neutralizzare il veleno di ben 19 specie di serpenti tra i più letali del pianeta.
La storia di Friede ha dell’incredibile: per quasi due decenni, si è fatto mordere deliberatamente o si è iniettato il veleno di serpenti mortali per ben 856 volte, al fine di creare nel proprio organismo una sorta di “super immunità”. Il suo peculiare esperimento, condotto senza alcuna formazione scientifica, consisteva nell’assumere dosi crescenti di veleno con l’obiettivo di “allenare” il proprio sistema immunitario a resistere contro alcune delle tossine più letali della natura.
Nel corso di questi pericolosi tentativi, Friede è andato incontro a incidenti estremamente gravi. In alcune occasioni ha seriamente rischiato la vita, come quando dopo due morsi di cobra finì in coma per giorni in terapia intensiva. Nonostante questi episodi, l’uomo ha proseguito imperterrito nella sua missione, salvandosi da dosi che, secondo i ricercatori, “avrebbero ucciso un cavallo” grazie all’esercito di anticorpi neutralizzanti che si è creato nel suo sangue nel corso del tempo.
La svolta scientifica è arrivata quando il suo caso ha attirato l’attenzione dell’immunologo Jacob Glanville, fondatore e CEO dell’azienda biotech Centivax di San Francisco. “Ciò che è entusiasmante riguardo al donatore è la sua storia immunitaria unica e irripetibile”, ha dichiarato Glanville. “Per un periodo di quasi 18 anni, si è sottoposto a centinaia di morsi e autoimmunizzazioni con dosi crescenti di neurotossine da 16 specie di serpenti estremamente letali, che normalmente ucciderebbero un cavallo”.
Glanville e il suo team di ricerca, in collaborazione con scienziati del College Vagelos di Medici e Chirurghi e del Dipartimento di biochimica e biofisica molecolare presso l’Università Columbia di New York, hanno analizzato il sangue di Friede isolando due specifici anticorpi dalle sue cellule B di memoria. Questi anticorpi, denominati LNX-D09 e SNX-B03, si sono rivelati straordinariamente efficaci contro un’ampia gamma di neurotossine presenti nei veleni dei serpenti.
Lo studio, pubblicato sulla prestigiosa rivista scientifica Cell, ha rivelato che il primo anticorpo, LNX-D09, è risultato efficace nel proteggere i topi da una dose letale di veleno di sei serpenti. Quando a questo è stato aggiunto un farmaco chiamato varespladib, che agisce come inibitore di specifiche tossine, la protezione si è estesa ad altre tre specie. L’aggiunta del secondo anticorpo, SNX-B03, ha completato il quadro, offrendo protezione anche contro altre dieci specie di serpenti tra i più pericolosi al mondo.
Complessivamente, l’antidoto sperimentale sviluppato ha dimostrato di offrire una protezione completa contro 13 specie di elapidi (la famiglia che comprende mamba, cobra, serpenti corallo, taipan e bungari) e una protezione parziale contro altre 6 specie. Tutte le specie coinvolte rientrano nella categoria 1 e 2 dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, considerate le più letali per l’essere umano.
Questa scoperta assume un’importanza straordinaria nel contesto globale della salute. Secondo i dati dell’OMS, i morsi di serpente uccidono ogni anno circa 110.000 persone nel mondo e lasciano con disabilità permanenti centinaia di migliaia di individui. Le vittime vivono prevalentemente in aree rurali di Africa, Asia e America Latina, dove l’accesso alle cure mediche è limitato e gli antiveleni specifici spesso non sono disponibili.
Attualmente, il trattamento dei morsi di serpente si basa su antiveleni tradizionali prodotti iniettando cavalli o pecore con piccole dosi di veleno e raccogliendo gli anticorpi che questi animali producono. Questo metodo, rimasto sostanzialmente invariato da oltre un secolo, presenta due problemi fondamentali: gli antiveleni sono specifici solo per determinate specie o regioni geografiche, e possono causare gravi effetti collaterali a causa della loro origine non umana.
L’antidoto universale in fase di sviluppo potrebbe superare entrambe queste limitazioni. Essendo basato su anticorpi umani e avendo dimostrato efficacia contro un’ampia gamma di serpenti velenosi, potrebbe rivoluzionare il trattamento dei morsi di serpente in tutto il mondo. Come ha spiegato Peter Kwong, professore di scienze mediche alla Columbia University e co-autore dello studio: “Il prodotto finale potrebbe essere un unico cocktail di antiveleno ad ampio spettro, o potremmo svilupparne due: uno per gli elapidi e un altro per i viperidi, poiché alcune regioni del mondo hanno solo l’uno o l’altro”.
I ricercatori intendono ora proseguire la sperimentazione in Australia, dove i serpenti della famiglia degli elapidi sono particolarmente diffusi. Il primo passo saranno i test clinici su cani che sono stati morsi da serpenti e vengono portati nelle cliniche veterinarie. Inoltre, il team sta già lavorando per sviluppare un cocktail simile efficace contro i veleni dei viperidi, l’altra grande famiglia di serpenti velenosi che comprende vipere, crotali e serpenti a sonagli.
Friede, che ha interrotto le sue pericolose autoimmunizzazioni nel 2018 dopo diversi episodi in cui ha rischiato la vita, ora lavora per Centivax. Quando gli è stato chiesto perché abbia intrapreso un percorso così pericoloso, ha risposto semplicemente: “Sapevo di poter contribuire all’umanità e far progredire la scienza”. Il suo contributo, che gli scienziati definiscono “unico e irripetibile”, potrebbe effettivamente salvare migliaia di vite in tutto il mondo, trasformando la sua rischiosa ossessione in una delle scoperte più significative nella medicina dei veleni degli ultimi decenni.
Nonostante il successo preliminare, gli esperti sottolineano che saranno necessari accurati studi clinici prima che l’antidoto possa essere disponibile per l’uso umano. Tuttavia, la prospettiva di un trattamento universale contro i morsi di serpente rappresenta una speranza concreta per milioni di persone che vivono in aree ad alto rischio, dove l’accesso a cure specifiche è spesso limitato o inesistente.