Il Mar Mediterraneo attraversa una delle fasi più drammatiche della sua storia climatica recente, con la Sardegna che emerge come epicentro di un fenomeno di riscaldamento marino senza precedenti. Il rapporto Mare Caldo 2024 di Greenpeace Italia documenta una situazione allarmante che vede l’isola dell’Asinara registrare il numero più elevato di ondate di calore marine mai rilevato sul territorio nazionale, con quattordici episodi concentrati nell’arco di un solo anno.
L’analisi condotta in collaborazione con il Dipartimento di Scienze della Terra, dell’Ambiente e della Vita dell’Università di Genova e l’Istituto Nazionale di Oceanografia e di Geofisica Sperimentale rivela un quadro preoccupante che interessa l’intero bacino mediterraneo, ma trova nella Sardegna una delle manifestazioni più acute del cambiamento climatico in atto. La temperatura media annuale del Mediterraneo ha raggiunto nel 2024 i 21,16 gradi centigradi, stabilendo un nuovo record assoluto che supera tutti i valori registrati negli ultimi quarantatré anni di monitoraggio satellitare.
Le anomalie termiche rilevate nelle acque che circondano l’isola raggiungono livelli che destano seria preoccupazione nella comunità scientifica internazionale. Nell’Area Marina Protetta di Capo Carbonara, le temperature hanno mostrato incrementi di 1,49 gradi centigradi rispetto alle medie climatologiche di riferimento, mentre la zona di Tavolara-Punta Coda Cavallo presenta un quadro ecologico definito moderato per quarantotto specie bentoniche monitorate, segnale inequivocabile di un ecosistema sotto pressione.
Il fenomeno di surriscaldamento marino non si limita alla superficie, ma penetra in profondità fino a quaranta metri, alterando habitat che fino a pochi anni fa risultavano stabili e protetti dalle variazioni termiche superficiali. Questa caratteristica rende il fenomeno particolarmente insidioso, poiché coinvolge l’intera colonna d’acqua e compromette la sopravvivenza di organismi che non possono migrare verso zone più fredde.
Gli effetti di questo shock termico si manifestano con chiarezza drammatica nel comportamento delle specie marine autoctone. Il corallo mediterraneo Cladocora caespitosa presenta livelli di sbiancamento severi, fenomeno che indica la perdita delle alghe simbiotiche essenziali per la sopravvivenza dell’organismo. Questo processo, causato dall’esposizione prolungata a temperature superiori alle soglie di tolleranza della specie, rappresenta uno dei segnali più evidenti del deterioramento degli ecosistemi marini mediterranei.
La situazione diventa ancora più complessa considerando l’arrivo massiccio di specie aliene termofile che approfittano delle nuove condizioni ambientali per stabilirsi stabilmente nelle acque sarde. L’alga verde Caulerpa cylindracea, il barracuda mediterraneo e la donzella pavonina rappresentano solo alcuni esempi di organismi che trovano nel Mediterraneo sempre più caldo un habitat ideale, entrando spesso in competizione diretta con le specie autoctone già indebolite dal cambiamento climatico.
Il monitoraggio scientifico evidenzia come l’ottanta per cento del bacino mediterraneo sia attualmente interessato da ondate di calore marine, con anomalie che raggiungono picchi di cinque gradi centigradi superiori alle medie storiche. Questo dato assume particolare rilevanza se confrontato con la velocità di riscaldamento del Mediterraneo, stimata del venti per cento superiore rispetto alla media globale degli oceani.
Le conseguenze per la biodiversità marina risultano devastanti e multiformi. Le gorgonie, organismi chiave degli ecosistemi di scogliera, mostrano tassi di mortalità elevatissimi, con alcune aree che registrano la compromissione del novantaquattro per cento delle colonie di Paramuricea clavata. Questi organismi, incapaci di spostarsi per sfuggire alle condizioni avverse, rappresentano veri e propri indicatori biologici dello stato di salute del mare.
La ricerca scientifica documenta un aumento graduale e inesorabile delle temperature marine dal 1982 al 2023, con un incremento complessivo di 1,7 gradi centigradi che ha accelerato negli ultimi anni. Il 2024 si conferma l’anno più caldo mai registrato sia per la temperatura media globale dell’aria, che ha superato di 1,5 gradi i livelli preindustriali, sia per quella della superficie marina.
L’Area Marina Protetta dell’isola dell’Asinara rappresenta un caso di studio emblematico per comprendere la portata del fenomeno. Le quattordici ondate di calore rilevate nell’ultimo anno superano significativamente quelle registrate in altre aree marine protette italiane, come Portofino e le Cinque Terre, che ne hanno contate sei ciascuna. Questo dato posiziona la Sardegna al centro di un processo di tropicalizzazione del Mediterraneo che sta modificando irreversibilmente gli equilibri ecologici regionali.
Gli specialisti sottolineano come il Mar Mediterraneo, pur rappresentando solo l’uno per cento della superficie marina globale, ospiti l’otto per cento delle specie marine mondiali, configurandosi come un hotspot di biodiversità di rilevanza planetaria. Questa straordinaria ricchezza biologica, che include specie protette come la foca monaca, gli squali, i delfini e i capidogli, si trova ora minacciata da un cambiamento climatico che procede a velocità superiore rispetto alla capacità di adattamento degli ecosistemi.
La situazione richiede interventi urgenti e coordinati per limitare l’ulteriore deterioramento degli habitat marini. Secondo i ricercatori, meno dell’uno per cento dei mari italiani gode attualmente di protezione efficace, una percentuale drammaticamente insufficiente per garantire la conservazione della biodiversità di fronte alla pressione combinata del riscaldamento globale e dell’inquinamento antropico.
Il quadro delineato dalle ricerche scientifiche non lascia spazio a interpretazioni ottimistiche. Le proiezioni climatiche per la Sardegna prevedono un ulteriore aumento delle temperature massime e minime, accompagnato dall’intensificazione di eventi meteorologici estremi e dalla riduzione delle precipitazioni annuali. Questi fattori contribuiranno ad aggravare ulteriormente le condizioni di stress degli ecosistemi marini, rendendo sempre più urgente l’adozione di strategie di mitigazione e adattamento.
La crisi climatica che investe il Mediterraneo e la Sardegna in particolare rappresenta una sfida senza precedenti per la conservazione marina, richiedendo una risposta immediata e determinata da parte delle istituzioni, della comunità scientifica e della società civile per preservare un patrimonio naturale di inestimabile valore per le generazioni future.