Brescia, bimba straniera non vaccinata respinta da scuola: l’avvocato “Duplice atto discriminatorio”

Una bambina di 5 anni è stata esclusa dalla scuola dell’infanzia bresciana dopo due anni di frequenza perché non ha completato le vaccinazioni obbligatorie, nonostante abbia già ricevuto la prima dose. L’avvocata della famiglia denuncia una doppia discriminazione.
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Una bambina extracomunitaria di cinque anni residente nel Bresciano viene respinta ogni giorno alle porte della sua scuola d’infanzia con una motivazione che, secondo l’avvocato che segue il caso, configura un evidente caso di discriminazione. La piccola, figlia di genitori extracomunitari, aveva frequentato regolarmente l’istituto scolastico per ben due anni, trovandosi improvvisamente esclusa a causa della mancanza di vaccinazioni obbligatorie, nonostante abbia già iniziato il percorso vaccinale con una prima somministrazione e abbia già prenotato le successive dosi.

La vicenda, emersa in questi giorni grazie all’intervento dell’avvocato Anila Halili del Foro di Cremona, solleva interrogativi sulla corretta applicazione delle normative relative all’obbligo vaccinale nelle scuole dell’infanzia, soprattutto quando si intersecano con le tutele riservate ai minori stranieri presenti sul territorio italiano. Secondo quanto riportato dal legale, la decisione dell’istituto scolastico è stata comunicata alla famiglia solo dopo il suo intervento diretto, evidenziando una situazione che la professionista non esita a definire “imbarazzante” e “assolutamente lesiva dei diritti del minore”.

“Alla piccola, figlia di genitori extracomunitari, dopo ben due anni di frequentazione scolastica, viene negato improvvisamente l’ingresso e la frequenza scolastica già avviata per il 2024-2025”, spiega l’avvocato Halili, sottolineando come la bambina abbia già effettuato una prima vaccinazione il 17 aprile 2025 e altre siano già state prenotate per le prossime settimane. La famiglia si trova in una situazione amministrativa particolare: il padre possiede un regolare permesso di soggiorno, mentre la madre e le figlie minori sono attualmente in attesa di regolarizzazione da parte del Tribunale per i minorenni, una condizione che tuttavia non dovrebbe influire sul diritto all’istruzione della minore.

Le conseguenze emotive di questa esclusione sono evidenti e costituiscono un ulteriore elemento di preoccupazione: “I genitori sono ovviamente disperati e la bambina piange continuamente perché vuole rientrare a scuola”, riferisce l’avvocato, descrivendo una situazione di profondo disagio per l’intera famiglia, costretta ad affrontare quotidianamente il rifiuto della scuola nonostante gli sforzi compiuti per adeguarsi alle normative vaccinali italiane. L’aspetto problematico, evidenzia ancora il legale, riguarda le lungaggini burocratiche che hanno impedito alla bambina di completare tempestivamente il ciclo vaccinale richiesto, mettendola in una condizione di svantaggio rispetto ai suoi coetanei.

Secondo la normativa vigente, la Legge 119/2017 stabilisce che i bambini e le bambine che non hanno seguito il corretto iter vaccinale non possono essere ammessi ai nidi e alle scuole d’infanzia, salvo i casi particolari per i quali è consentito l’esonero, l’omissione o il differimento della vaccinazione obbligatoria debitamente certificati dall’autorità sanitaria competente. Le vaccinazioni obbligatorie per i minori di età compresa tra zero e sedici anni sono dieci: anti-poliomielitica, anti-difterica, anti-tetanica, anti-epatite B, anti-pertosse, anti-Haemophilus influenzae tipo B, anti-morbillo, anti-rosolia, anti-parotite e anti-varicella, quest’ultima obbligatoria solo per i nati dal 2017.

L’avvocato Halili sostiene che il provvedimento adottato dalla scuola si ponga in contrasto con i diritti fondamentali dei minori, in particolare quelli di origine extra-UE, tutelati da normative italiane, europee e internazionali. Il riferimento normativo principale è l’articolo 38 del Testo Unico sull’Immigrazione (D.lgs. n. 286/1998), il quale stabilisce chiaramente che “i minori stranieri presenti sul territorio sono soggetti all’obbligo scolastico” e che “ad essi si applicano tutte le disposizioni vigenti in materia di diritto all’istruzione, di accesso ai servizi educativi e di partecipazione alla vita della comunità scolastica”. La legge specifica inoltre che l’accesso alla scuola non può essere condizionato dalla regolarità del soggiorno del minore o dei genitori.

La Costituzione Italiana, all’articolo 34, sancisce che “la scuola è aperta a tutti” e che “l’istruzione inferiore, impartita per almeno otto anni, è obbligatoria e gratuita”, principi che dovrebbero garantire l’accesso all’istruzione a qualsiasi minore presente sul territorio nazionale. Per quanto riguarda specificamente la scuola dell’infanzia, sebbene non rientri nel ciclo obbligatorio, essa costituisce una parte fondamentale del sistema educativo nazionale e riveste un ruolo essenziale nello sviluppo del bambino, come riconosciuto anche dalla Corte Costituzionale che ne ha sottolineato il valore per il benessere psico-fisico e lo sviluppo sociale dei più piccoli.

Il caso solleva quindi una questione di bilanciamento tra l’obbligo vaccinale, introdotto come misura di tutela della salute pubblica, e il diritto all’istruzione dei minori stranieri, entrambi principi fondamentali dell’ordinamento italiano. La difesa della famiglia sostiene che, considerando il percorso vaccinale già avviato dalla bambina e le prenotazioni per le successive dosi, la decisione dell’istituto scolastico risulti sproporzionata e non tenga in debita considerazione gli sforzi compiuti dai genitori per adeguarsi alle normative, né la storia pregressa di frequenza scolastica della piccola, che per due anni ha regolarmente partecipato alle attività educative della scuola.

Il caso della bambina bresciana, oltre a sollevare interrogativi sulla corretta applicazione delle normative, mette in luce le difficoltà che le famiglie straniere possono incontrare nell’accesso ai servizi sanitari ed educativi a causa delle lungaggini burocratiche e della complessità delle procedure amministrative. La “burocrazia lumaca”, come definita in alcuni articoli che riportano la vicenda, rappresenta un ostacolo concreto all’integrazione e all’inclusione delle famiglie immigrate nel tessuto sociale italiano, rischiando di creare situazioni di marginalizzazione che colpiscono in particolare i soggetti più vulnerabili, come i minori.

L’avvocato Halili ha evidenziato la natura doppiamente discriminatoria del provvedimento: da un lato per la condizione di straniera della bambina, dall’altro per la situazione vaccinale, che pur essendo in fase di regolarizzazione, è stata considerata motivo sufficiente per escluderla da un ambiente educativo che aveva frequentato per due anni. Nonostante i ripetuti tentativi di mediazione con l’istituto scolastico, la piccola continua a essere respinta ogni giorno, in quella che appare come un’applicazione rigida e burocratica della normativa, senza considerare le circostanze specifiche del caso e il superiore interesse del minore, principio cardine della legislazione nazionale e internazionale in materia di diritti dell’infanzia.