A distanza di diciotto anni dall’efferato omicidio di Chiara Poggi, avvenuto a Garlasco il 13 agosto 2007, emerge finalmente la testimonianza integrale dell’uomo che ha riacceso i riflettori sul caso e contribuito alla riapertura delle indagini. Il cosiddetto “supertestimone”, indicato con il nome di copertura “Carlo”, ha scelto di raccontare la sua verità alle telecamere de “Le Iene”, dopo un lungo e tormentato silenzio durato quasi due decenni, fornendo elementi che potrebbero potenzialmente ribaltare le conclusioni giudiziarie di un caso che sembrava ormai definitivamente chiuso con la condanna di Alberto Stasi.
Nella puntata andata in onda martedì 20 maggio su Italia 1, l’uomo ha spiegato per la prima volta pubblicamente le ragioni profonde del suo silenzio prolungato e della successiva decisione di parlare: “Lo faccio perché prima di tutto sono un cristiano credente, praticante, e mi porto un peso nel cuore per questa ragazza. A me non interessa di Stasi o tutti gli altri, mi interessa che questa ragazza ha subito una cosa che non doveva subire. Quindi lo faccio solo per lei”. Un’affermazione che rivela un profondo conflitto interiore vissuto nel corso degli anni, alimentato dalla consapevolezza di possedere informazioni potenzialmente rilevanti per le indagini.
Secondo quanto emerso dal servizio realizzato dagli inviati Alessandro De Giuseppe e Riccardo Festinese, la testimonianza di “Carlo” si concentra su un episodio avvenuto poco dopo l’omicidio, quando l’uomo avrebbe incontrato casualmente in ospedale una donna anziana di Tromello, località a pochi chilometri da Garlasco, che abitava nelle vicinanze della casa della nonna materna delle gemelle Cappa. La donna gli avrebbe riferito di aver notato, intorno alle ore 13 del 13 agosto 2007 – proprio il giorno dell’omicidio di Chiara Poggi – Stefania Cappa entrare nella vecchia abitazione con una borsa particolarmente pesante, mostrandosi in uno stato di evidente agitazione, tanto da faticare persino ad aprire la serratura della porta.
Un elemento di particolare interesse nella testimonianza riguarda il fatto che, stando a quanto avrebbe riferito l’anziana testimone, le gemelle Cappa non erano mai state viste frequentare quella casa prima di allora, circostanza che avrebbe contribuito a rendere l’episodio particolarmente degno di nota agli occhi della donna. “Carlo” ha precisato inoltre di aver appreso dalla stessa fonte che Stefania era sola, mentre la sorella gemella aveva una stampella in quel periodo, dettaglio che avrebbe permesso di identificarla con certezza. Nell’incontro successivo con l’inviato de Le Iene, il supertestimone ha aggiunto ulteriori particolari: “Stefania era nel panico, con un borsone”, e si sarebbe udito anche “il rumore di qualcosa gettato nel fosso”, elemento che potrebbe collegarsi alle recenti ricerche dell’arma del delitto effettuate dai carabinieri nel Cavo Bozzani, un canale che scorre proprio nei pressi della casa della famiglia Cappa.
Ma perché questo testimone ha atteso così tanto tempo prima di farsi avanti? La risposta a questa domanda rappresenta forse uno degli aspetti più inquietanti dell’intera vicenda. L’uomo sostiene di aver tentato, a pochi giorni dal delitto, di riportare quanto appreso all’avvocato della famiglia Poggi, Gian Luigi Tizzoni. Secondo il suo racconto, inizialmente il legale gli avrebbe chiesto di riferire tutto ciò che sapeva, per poi cambiare atteggiamento a distanza di una settimana, quando lo contattò nuovamente affermando che c’era un’indagine in corso e rifiutandosi di ascoltare la sua testimonianza. “Carlo” ha lasciato intendere l’esistenza di un legame tra la famiglia Cappa e l’avvocato, circostanza che potrebbe spiegare questo improvviso cambio di rotta.
Più inquietante ancora è l’affermazione del supertestimone secondo cui sarebbe stato esplicitamente “minacciato” da “qualcuno in alto” di mantenere il silenzio sulla vicenda. “Mi è stato ordinato di non dire niente”, ha dichiarato l’uomo, aggiungendo che “avevo delle cose da dire ma non c’è stata la volontà di ascoltare”. Per preservare la propria memoria dei fatti, ha raccontato di aver annotato meticolosamente ogni dettaglio su alcuni taccuini personali, conservati nel corso degli anni. A conferma della veridicità del suo racconto, il supertestimone ha riferito di essere stato recentemente confrontato con due anziane amiche della donna che gli aveva raccontato l’episodio, le quali avrebbero confermato sostanzialmente i suoi ricordi.
Questo nuovo scenario si inserisce in un contesto investigativo già in fermento, con la recente riapertura del caso e l’iscrizione nel registro degli indagati di Andrea Sempio, amico del fratello di Chiara, Marco Poggi. Proprio nelle ultime ore, il Tg1 ha rivelato l’esistenza di un’impronta palmare, la numero 33 nei referti del Ris, rilevata sul muro delle scale che portano in taverna, vicino al punto dove fu ritrovato il corpo di Chiara Poggi, che sarebbe stata attribuita a Sempio da una recente perizia disposta dalla Procura di Pavia. Un elemento potenzialmente dirompente, considerando che tale impronta era presente nelle relazioni tecniche fin dal 2007, ma all’epoca era stata giudicata “totalmente inutile ad un esame dattiloscopico” e classificata come di “nessuna utilità”.
La testimonianza del supertestimone, insieme alla nuova perizia sull’impronta, rappresenta un punto di svolta nelle indagini, tanto che la Procura ha disposto interrogatori non solo per Andrea Sempio, che non si è presentato contestando un vizio procedurale, ma anche per Alberto Stasi, convocato in qualità di testimone assistito. Marco Poggi, fratello della vittima, ha pubblicamente dichiarato che Sempio “non c’entra” con l’omicidio della sorella, manifestando così la propria convinzione sull’estraneità dell’amico alle accuse.
La trasmissione de Le Iene ha inoltre diffuso per la prima volta alcuni audio inediti, tra cui messaggi vocali di Paola Cappa e telefonate della madre di Andrea Sempio, elementi che potrebbero aggiungere ulteriori tasselli a un mosaico investigativo complesso e ancora in fase di ricomposizione. In particolare, è emerso un messaggio vocale di Paola Cappa in cui afferma: “Arriverà il giorno in cui aprirò bocca”, frase dal significato ancora tutto da decifrare nel contesto dell’inchiesta.
Il delitto di Garlasco, dopo diciotto anni di processi, sentenze e revisioni, continua quindi a riservare colpi di scena e nuove piste investigative, alimentando interrogativi sulla possibilità che Alberto Stasi non fosse l’unico responsabile dell’omicidio di Chiara Poggi o, addirittura, che potesse essere del tutto estraneo ai fatti. Una verità giudiziaria che sembrava ormai consolidata viene ora rimessa in discussione, mentre le indagini proseguono nel tentativo di far luce su uno dei casi di cronaca nera più discussi e mediaticamente esposti della storia recente italiana.