Il 60% degli italiani non paga le tasse, ecco le regioni più virtuose e quelle che evadono di più

Un’analisi approfondita rivela come il 60% degli italiani non contribuisca al sistema fiscale mentre il 40% sostiene l’intero welfare nazionale, con conseguenze drammatiche sulla sostenibilità del paese.

L’Italia si confronta con un fenomeno paradossale che mina alla radice l’equilibrio del sistema sociale ed economico nazionale: una consistente maggioranza di cittadini, stimata intorno al 60% della popolazione, non versa alcuna imposta all’erario, mentre il restante 40% sostiene praticamente l’intero apparato statale attraverso il proprio carico tributario. Questa distorsione strutturale non rappresenta soltanto un problema di equità fiscale, ma configura una vera e propria emergenza democratica che compromette la sostenibilità del welfare italiano e genera profonde disparità sociali.

I numeri emersi dalle più recenti analisi condotte dal Ministero dell’Economia e delle Finanze, integrate con gli studi dell’Agenzia delle Entrate, rivelano un quadro allarmante dove l’evasione fiscale si attesta ancora su livelli preoccupanti nonostante i progressi registrati negli ultimi anni, con un mancato gettito che nel 2021 ha raggiunto gli 82,4 miliardi di euro, una cifra che testimonia l’ampiezza del fenomeno e le sue conseguenze sulla tenuta del sistema paese.

La stratificazione del carico fiscale e l’iniqua distribuzione

L’analisi dettagliata della distribuzione del carico fiscale in Italia rivela meccanismi distorsivi che concentrano la pressione tributaria su una minoranza di contribuenti, determinando squilibri insostenibili nel medio e lungo periodo. Secondo i dati elaborati dal Centro Studi e Ricerche Itinerari Previdenziali, su circa 59 milioni di abitanti italiani, solamente 41 milioni presentano dichiarazioni dei redditi, ma di questi appena 31 milioni versano effettivamente almeno un euro di IRPEF, configurando un rapporto di 1,427 abitanti per ogni contribuente effettivo.

La concentrazione del carico tributario emerge con particolare evidenza dall’analisi delle fasce di reddito più elevate: il 12,99% dei contribuenti con redditi superiori ai 35.000 euro annui sostiene infatti il 59,95% dell’intero gettito IRPEF, mentre il restante 87% dei dichiaranti contribuisce per meno del 40% del totale. Questa sproporzione riflette la presenza di vaste aree di economia non dichiarata che sottraggono base imponibile al fisco, concentrandosi prevalentemente nei settori del lavoro autonomo dove la propensione all’evasione raggiunge livelli particolarmente elevati.

L’economia sommersa come fenomeno strutturale

L’economia sommersa in Italia rappresenta un fenomeno di dimensioni considerevoli che incide profondamente sulla dinamica fiscale complessiva, configurandosi non come una deviazione marginale ma come una componente strutturale del sistema economico nazionale. Le stime più aggiornate dell’ISTAT quantificano l’economia non osservata in circa 209,8 miliardi di euro nel 2016, corrispondenti al 12,4% del PIL nazionale, un dato che sale al 22,9% secondo gli studi condotti da SRM-Intesa Sanpaolo.

La distribuzione territoriale del fenomeno mostra marcate differenze geografiche, con il Mezzogiorno che registra percentuali di economia sommersa sensibilmente superiori alla media nazionale, raggiungendo il 29,8% del PIL regionale. La composizione dell’economia sommersa italiana rivela la prevalenza del lavoro irregolare, che secondo le analisi dell’Eurispes genera flussi di denaro stimati in 300 miliardi di euro annui, coinvolgendo almeno 6 milioni di lavoratori che operano in regime di doppio lavoro.

Le disparità territoriali dell’evasione

L’analisi territoriale dell’evasione fiscale italiana rivela profonde disparità regionali che riflettono differenze strutturali nell’organizzazione economica del paese. La Calabria si posiziona al primo posto nella classifica dell’evasione fiscale regionale con una percentuale del 18,4% dell’imposta dovuta non versata, seguita dalla Campania con il 17,2%, dalla Puglia con il 16,8% e dalla Sicilia con il 16,5%, configurando un quadro meridionale dove la media dell’evasione si attesta al 16,5% contro l’11,2% della media nazionale.

All’opposto, le regioni settentrionali mostrano tassi di evasione sensibilmente inferiori, con la Provincia Autonoma di Trento che registra l’8,6%, la Lombardia l’8% e la Provincia Autonoma di Bolzano il 7,7%. La distribuzione assoluta del mancato gettito fiscale mostra la Lombardia con 13,6 miliardi di euro di evasione, il Lazio 9,1 miliardi, evidenziando la maggiore concentrazione di attività economiche nelle regioni settentrionali.

Le conseguenze sul welfare e la spesa pubblica

L’impatto dell’evasione fiscale si estende oltre la questione dell’equità, investendo la sostenibilità del sistema di welfare italiano. Il Servizio Sanitario Nazionale, finanziato per circa il 55-60% attraverso il bilancio dello Stato, risente direttamente della riduzione della base contributiva causata dall’evasione. Il sistema pensionistico italiano, caratterizzato da un rapporto di 1,4636 attivi per ogni pensionato e con oltre 16,2 milioni di pensionati, dipende criticamente dalla stabilità del gettito contributivo.

La concentrazione del carico contributivo su una base ristretta di lavoratori regolari aggrava le pressioni demografiche e finanziarie del sistema previdenziale, mentre l’esistenza di vaste aree di lavoro sommerso sottrae risorse essenziali per il finanziamento delle future pensioni e compromette l’equilibrio intergenerazionale del sistema.

Le prospettive di riforma

La risoluzione del paradosso fiscale italiano richiede interventi strutturali che vadano oltre le tradizionali misure di contrasto all’evasione. Le recenti misure introdotte dal governo, inclusa l’estensione della fatturazione elettronica, hanno prodotto risultati significativi nella riduzione dell’evasione IVA, passata da 35,6 miliardi nel 2017 a 17,8 miliardi nel 2021.

Tuttavia, la persistenza di elevati livelli di evasione nelle imposte dirette, in particolare nell’IRPEF da lavoro autonomo dove nel 2021 è stato versato solamente un terzo dell’imposta dovuta, evidenzia la necessità di approcci più articolati. La sfida principale consiste nel trasformare il sistema fiscale italiano verso un modello più equo che coinvolga una base contributiva più ampia, riducendo le opportunità di evasione e migliorando l’efficienza della spesa pubblica.