Marco Poggi ha oggi trentasette anni e ha scelto di ricostruire la propria esistenza lontano dai riflettori mediatici che per diciotto anni hanno illuminato la sua famiglia dopo l’omicidio della sorella Chiara, avvenuto il tredici agosto del duemilasette nella villetta di via Pascoli a Garlasco.
Il fratello minore della vittima, che all’epoca del delitto aveva diciannove anni, vive attualmente a Mestre dove lavora come impiegato, una professione che gli consente di mantenere un profilo discreto e di condurre un’esistenza il più possibile normale, nonostante il peso di una vicenda giudiziaria che continua a segnare la sua vita. La scelta di trasferirsi in Veneto rappresenta simbolicamente il tentativo di Marco di voltare pagina, lasciandosi alle spalle la cittadina pavese dove si consumò uno dei delitti più discussi della cronaca italiana recente, anche se gli sviluppi investigativi lo riportano periodicamente al centro dell’attenzione pubblica.
La figura di Marco Poggi è tornata prepotentemente alla ribalta nelle ultime settimane a seguito della riapertura delle indagini sull’omicidio di Chiara e dell’iscrizione nel registro degli indagati di Andrea Sempio, amico di lunga data del fratello della vittima, accusato di omicidio volontario in concorso dopo che nuove analisi del DNA hanno evidenziato corrispondenze con tracce biologiche rinvenute sotto le unghie di Chiara e con la cosiddetta “impronta 33” trovata sul muro della cantina dove fu scoperto il corpo. Il ventesimo maggio scorso Marco è stato nuovamente ascoltato dalla Procura di Pavia come persona informata sui fatti, in un interrogatorio che si è svolto presso una caserma dei carabinieri nel Veneziano, lontano dalla sede pavese per evitare l’assedio mediatico che caratterizza ogni sviluppo del caso.
Secondo quanto riferito dal suo legale Francesco Compagna, Marco Poggi ha mantenuto durante l’audizione una posizione di ferma convinzione sull’estraneità dell’amico Andrea Sempio rispetto ai fatti contestati, confermando un legame di amicizia che risale alle scuole medie e che si è mantenuto saldo nel corso degli anni. “Andrea l’ho conosciuto alle medie, eravamo in classe insieme e lì siamo diventati amici. Ci frequentiamo tutt’ora”, ha dichiarato Marco durante precedenti interrogatori, testimoniando una fedeltà verso l’amico che resiste alle pressioni investigative e alle ricostruzioni accusatorie. Questa amicizia duratura rappresenta uno degli elementi centrali nella nuova fase delle indagini, poiché gli inquirenti stanno cercando di comprendere le dinamiche del gruppo di giovani che frequentava la villetta di via Pascoli nell’estate del duemilasette.
Il ruolo di Marco nelle indagini è sempre stato quello del testimone chiave, colui che poteva fornire dettagli cruciali sui rapporti interpersonali e sulle abitudini della sorella e del suo fidanzato Alberto Stasi, condannato in via definitiva a sedici anni di reclusione per l’omicidio. La sua testimonianza ha acquisito particolare rilevanza in relazione alle tre telefonate che Andrea Sempio effettuò all’utenza fissa dei Poggi tra il sette e l’otto agosto duemilasette, quando Marco era già partito per le vacanze in Trentino con i genitori, lasciando Chiara sola in casa. Gli inquirenti ritengono poco credibile la versione di Sempio secondo cui non sapeva della partenza della famiglia, considerando che i due amici si erano visti proprio il giorno prima della partenza.
La ricostruzione delle frequentazioni della casa di via Pascoli nell’estate duemilasette è diventata centrale nelle nuove indagini, con particolare attenzione al gruppo di amici che includeva, oltre a Marco e Andrea Sempio, anche Alessandro Biasibetti, oggi frate domenicano, Mattia Capra e Roberto Freddi. Secondo Marco, gli amici si riunivano per giocare ai videogame utilizzando il computer di Chiara, una circostanza che potrebbe spiegare la presenza di tracce di DNA di Sempio, anche se rimangono interrogativi sui tempi e sulle modalità di questa contaminazione. La Procura ha infatti evidenziato che il computer di Chiara risultava spento dal dieci agosto, tre giorni prima del delitto, mentre Marco era partito il cinque agosto, rendendo problematica la spiegazione della permanenza del DNA sulle mani della vittima per un periodo così prolungato.
L’interrogatorio del venti maggio ha rappresentato un momento delicato per Marco Poggi, chiamato a “cristallizzare” la propria versione dei fatti in contemporanea con gli interrogatori di Alberto Stasi e Andrea Sempio, una strategia investigativa volta a evitare coordinamenti tra le diverse parti e a verificare la coerenza delle rispettive ricostruzioni. Gli inquirenti hanno organizzato gli interrogatori alla stessa ora ma in sedi diverse, con Stasi e Sempio convocati a Pavia e Marco a Venezia, una scelta che testimonia l’importanza attribuita dalla Procura alla sua testimonianza nel quadro della nuova fase investigativa.
La vicenda giudiziaria ha inevitabilmente segnato l’esistenza di Marco Poggi, che ha dovuto convivere per diciotto anni con l’attenzione mediatica e con i continui sviluppi processuali legati all’omicidio della sorella. La sua scelta di trasferirsi a Mestre e di intraprendere una carriera lavorativa discreta rappresenta il tentativo di preservare una dimensione privata e di costruire una nuova identità al di là del drammatico evento che ha sconvolto la sua famiglia. Tuttavia, ogni riapertura delle indagini lo riporta inevitabilmente al centro dell’attenzione, costringendolo a rivivere momenti dolorosi e a confrontarsi nuovamente con le dinamiche investigative.
Le recenti dichiarazioni controverse di Fabrizio Corona, che ha insinuato un possibile coinvolgimento di Marco nell’omicidio della sorella, hanno aggiunto ulteriore pressione a una situazione già complessa, dimostrando come la figura del fratello della vittima continui a essere oggetto di speculazioni e ricostruzioni mediatiche che vanno ben oltre il suo ruolo processuale di testimone. Corona ha sostenuto che la famiglia sarebbe a conoscenza dell’innocenza di Stasi ma avrebbe taciuto a causa del presunto ruolo di Marco, affermazioni che si inseriscono in un contesto di crescente attenzione mediatica sulla riapertura del caso.
Nonostante le difficoltà e le pressioni, Marco Poggi continua a mantenere la propria versione dei fatti e la fiducia nell’amico Andrea Sempio, dimostrando una coerenza che caratterizza la sua posizione da diciotto anni a questa parte. La sua vita attuale a Mestre rappresenta il tentativo di normalizzazione di un’esistenza segnata dalla tragedia, mentre gli sviluppi investigativi continuano a interrogare il passato alla ricerca di una verità che possa finalmente fare giustizia per Chiara Poggi. Il prossimo diciassette giugno inizierà il maxi incidente probatorio richiesto dalla Procura di Pavia, un passaggio cruciale che potrebbe riscrivere definitivamente la storia di uno dei casi di cronaca più discussi degli ultimi decenni.