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Dazi al 30%, Coldiretti lancia l’allarme: “Colpo mortale da 2,3 miliardi al Made in Italy”

Dazi USA sul Made in Italy: Coldiretti avverte, a rischio 2,3 miliardi di euro e la presenza autentica del cibo italiano sugli scaffali americani, con conseguenze anche per consumatori e filiere.

Con il ritorno sulla scena politica statunitense di Donald Trump e l’annuncio di nuovi dazi doganali al 30% sui prodotti europei, l’agroalimentare italiano rischia di subire un danno diretto stimato in oltre 2,3 miliardi di euro. È quanto emerge da un’analisi della Coldiretti, che punta i riflettori sulle gravi conseguenze economiche e strategiche che questa misura avrebbe non solo per le imprese italiane, ma anche per le famiglie statunitensi, penalizzate da un inevitabile aumento dei prezzi sugli scaffali. L’allarme è fondato: durante il primo mandato del tycoon, i dazi introdotti colpirono duramente il Made in Italy, generando cali di vendita a doppia cifra per numerose filiere chiave. Oggi lo spettro di un simile scenario si ripresenta con un’intensità persino maggiore.

Il rincaro dei prodotti italiani provocherebbe infatti un rallentamento dei consumi interni negli USA, mercato di riferimento per molti comparti del nostro export. Gli importatori americani già nelle scorse settimane hanno iniziato a chiedere sconti alle aziende italiane per compensare le nuove barriere tariffarie, a conferma di una tendenza destinata a tradursi in margini ridotti e in una contrazione delle vendite. L’effetto domino è inevitabile: meno esportazioni, più prodotto invenduto e la necessità, per le imprese italiane, di cercare in fretta sbocchi alternativi in un contesto internazionale sempre più competitivo.

Ma il danno non si ferma al calo delle esportazioni. A pesare è anche la mancata crescita: dopo aver registrato un record storico nel 2024 con 7,8 miliardi di euro di export (+17% sul 2023), l’agroalimentare italiano puntava a superare la soglia dei 9 miliardi quest’anno. Un obiettivo che rischia di sfumare con l’imposizione delle nuove tariffe, vanificando anni di investimenti in qualità, promozione e tracciabilità. Il quadro si complica ulteriormente se si considerano le tariffe già in vigore e quelle previste con l’introduzione dei nuovi dazi: secondo Coldiretti, si arriverebbe al 45% per i formaggi, al 35% per i vini, al 42% per il pomodoro trasformato, al 36% per la pasta farcita e al 42% per confetture e omogeneizzati. Si tratta di cifre che tagliano le gambe proprio ai prodotti simbolo del Made in Italy, quelli che maggiormente contribuiscono a costruire l’immagine e il valore dell’Italia nel mondo.

Oltre al danno commerciale, Coldiretti lancia l’allarme anche sul rischio contraffazione. Gli Stati Uniti sono infatti il primo produttore mondiale di falsi prodotti italiani: un’eventuale uscita forzata di molti originali dagli scaffali rappresenterebbe un’occasione d’oro per l’industria dell’italian sounding, un fenomeno che già oggi vale 40 miliardi di euro. In questo scenario, il pericolo di una sostituzione dell’autenticità con l’imitazione si fa concreto, alimentando una concorrenza sleale che impoverisce le nostre filiere e confonde il consumatore.

Il presidente di Coldiretti Ettore Prandini ha parlato senza mezzi termini di “colpo durissimo all’economia reale”, puntando il dito anche contro l’inerzia politica europea. Secondo Prandini, il possibile avvio dei dazi il 1° agosto sancirebbe il “totale fallimento della politica della Von der Leyen” e una grave mancanza di visione strategica da parte dell’Unione Europea, accusata di non difendere adeguatamente i settori produttivi più strategici. A rincarare la dose, il segretario generale Vincenzo Gesmundo, che ha definito “ingiusta e asimmetrica” la scelta statunitense, soprattutto alla luce della recente decisione europea di aumentare il proprio contributo alla NATO. “Serve lucidità e buon senso – ha dichiarato – affinché la diplomazia riporti equilibrio tra alleati”.

Nel momento in cui le grandi potenze ristrutturano le proprie filiere strategiche per garantirsi sovranità economica e alimentare, il rischio è che l’Europa si trovi invece a pagare il conto di scelte unilaterali altrui e della propria debolezza negoziale. E il Made in Italy, ancora una volta, rischia di esserne la vittima designata. Per restare sempre aggiornato scarica GRATIS la nostra App!

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