I dati dell’affluenza alle urne per i referendum abrogativi dell’8 e 9 giugno 2025 hanno delineato una mappa elettorale italiana caratterizzata da profonde differenze territoriali, con il tradizionale divario tra Nord-Centro e Sud-Isole che si è confermato anche in questa consultazione popolare sui temi del lavoro e della cittadinanza.
La Toscana si è posizionata in vetta alla classifica dell’affluenza con il 22,19% degli aventi diritto che si sono recati ai seggi, seguita dall’Emilia-Romagna al 21,21%, confermando la tradizionale propensione elettorale di queste regioni del Centro-Nord. Il dato toscano ha rappresentato un picco significativo a livello nazionale, con alcune province che hanno registrato percentuali ancora più elevate: Firenze ha toccato il 27%, mentre Livorno e Pisa hanno superato il 30%. L’Emilia-Romagna ha mostrato performance particolarmente brillanti nelle province di Bologna, che ha raggiunto il 25,47%, e Reggio Emilia con il 24,21%, con alcuni comuni del Reggiano come Fabbrico e Cariago che hanno fatto registrare affluenze eccezionali rispettivamente del 18,4% e 15,2%.
La Liguria ha completato il podio delle regioni più partecipative con il 20,59%, seguita dal Piemonte al 20,14%, entrambe superando la soglia simbolica del 20% di affluenza. La Lombardia, pur rimanendo tra le prime cinque regioni per partecipazione, si è fermata al 18,34%, con Milano città che ha registrato il 21,87% alle ore 19, un dato comunque significativo considerando la dimensione metropolitana del capoluogo lombardo. Questi numeri hanno evidenziato come le regioni del Nord-Ovest abbiano mantenuto una partecipazione superiore alla media nazionale del 16,16% registrata alle ore 19 del primo giorno di votazioni.
All’estremo opposto della graduatoria si è collocata la Calabria con appena il 10,15% di affluenza, confermando una tendenza storica di minore partecipazione alle consultazioni referendarie nelle regioni meridionali. La Sicilia ha fatto registrare un dato di poco superiore con il 10,59%, mentre il Trentino-Alto Adige, unica regione del Nord tra quelle a bassa affluenza, si è fermata all’11,76%. La Puglia ha registrato il 12,20% e il Molise il 12,55%, completando il quintetto delle regioni meno partecipative a questa tornata referendaria.
L’analisi dei dati per macroaree geografiche ha confermato il tradizionale schema di partecipazione elettorale italiano: il Nord-Ovest ha fatto registrare il 21,9%, il Nord-Est il 19,6%, il Centro il 24,7%, mentre il Sud si è fermato al 18,8% e le Isole al 16,6%. Questo divario territoriale ha assunto particolare rilevanza considerando che i cinque quesiti referendari necessitavano del raggiungimento del quorum del 50% più uno degli aventi diritto a livello nazionale per essere considerati validi. Il dato nazionale complessivo alle ore 19 del primo giorno si è attestato al 16,16% per tutti e cinque i quesiti, molto lontano dalla soglia necessaria per la validità della consultazione.
Il confronto con precedenti consultazioni referendarie ha evidenziato un trend in diminuzione della partecipazione popolare: nel 2011, quando gli italiani furono chiamati a pronunciarsi sui quesiti relativi all’acqua pubblica in una consultazione che si svolse anch’essa su due giorni, l’affluenza alle ore 19 del primo giorno aveva raggiunto il 30,3%, quasi il doppio rispetto ai dati attuali. Quella consultazione riuscì a superare il quorum con un’affluenza finale del 57%, mentre nel 2022 il referendum sulla giustizia si fermò al 20,4%, non raggiungendo la soglia di validità. I dati delle ore 12 del primo giorno di questa tornata referendaria hanno mostrato un’affluenza nazionale del 7,4%, in linea con il precedente del 2022 quando alla stessa ora si registrò il 6,7%.
Le differenze provinciali all’interno delle stesse regioni hanno ulteriormente dettagliato il quadro della partecipazione: in Calabria, provincia più partecipativa è stata Catanzaro con il 12,62%, seguita da Cosenza con l’11,08%, mentre Crotone si è fermata al 7,91%. In Campania, Napoli ha guidato la classifica provinciale con il 15,25%, mentre Caserta ha registrato il dato più basso con l’11,47%. Anche in Sardegna si sono osservate significative disparità interne, con Nuoro che ha toccato il 30,8% di affluenza grazie alla contemporanea presenza delle elezioni comunali, mentre Cagliari si è fermata al 15,6%.
I cinque quesiti referendari, quattro dei quali promossi dalla CGIL su tematiche lavoristiche e uno da +Europa sulla cittadinanza, hanno registrato affluenze praticamente identiche, indicando che gli elettori che si sono recati ai seggi hanno scelto di esprimersi su tutti i quesiti proposti senza operare distinzioni significative tra le diverse tematiche. Questo elemento ha confermato come la partecipazione sia stata influenzata più dalla propensione generale al voto referendario che dall’interesse specifico per i singoli argomenti trattati. La distribuzione territoriale dell’affluenza ha rispecchiato fedelmente le tradizionali geografie elettorali italiane, con le regioni del Centro-Nord che hanno mantenuto la loro storica maggiore partecipazione alle consultazioni popolari rispetto alle aree meridionali e insulari del Paese.