L’estate 2025 si conferma un’annata paradossale per il turismo balneare italiano: da un lato i gestori degli stabilimenti denunciano un crollo delle presenze che ha raggiunto picchi del 25-30% in alcune regioni, dall’altro le associazioni dei consumatori accusano il settore di aver creato un mercato inaccessibile alle famiglie italiane con politiche tariffarie che hanno trasformato una giornata al mare in un lusso per pochi.
La frattura emersa in questi giorni di agosto rappresenta il culmine di tensioni accumulate durante una stagione che aveva promesso bene ma che si è rapidamente trasformata in un banco di prova per l’intero comparto. I dati raccolti dalle principali associazioni di categoria restituiscono un quadro composito, dove il successo di giugno si è trasformato nel tracollo di luglio, lasciando operatori e consumatori in una guerra di cifre e responsabilità.
Secondo il Sindacato Italiano Balneari (Sib), se giugno aveva registrato un incremento del 20% nelle presenze e nei consumi rispetto al 2024, luglio ha segnato un’inversione di tendenza drammatica con una riduzione complessiva del 15%, che ha toccato punte del 25% in regioni tradizionalmente forti come Calabria ed Emilia-Romagna. Fiba Confesercenti ha confermato il trend negativo con dati ancora più allarmanti, segnalando contrazioni tra il 25 e il 30% nelle presenze tra giugno e luglio, mentre Confimprese Demaniali Italia ha documentato un calo del 30% specificamente per il mese di luglio.
L’analisi territoriale rivela differenze significative nella distribuzione geografica della crisi. La Calabria emerge come la regione più colpita con un calo del 25%, seguita dall’Emilia-Romagna che registra la stessa percentuale di perdite. Anche regioni considerate più stabili come Puglia e Toscana hanno mostrato segnali di sofferenza, con contrazioni che oscillano tra il 15 e il 20%. Al contrario, alcune località hanno tenuto meglio: la Sardegna ha mantenuto il segno positivo, così come specifiche destinazioni del sud Italia, mentre località come Bibione in Veneto continuano a registrare il tutto esaurito con i suoi quasi 18.000 ombrelloni occupati.
Il fenomeno più evidente di questa estate è il cambio nella composizione della clientela: sulle spiagge italiane sono presenti più stranieri e meno italiani. Gli operatori segnalano una riduzione significativa della clientela tedesca tradizionale, compensata parzialmente dall’arrivo di turisti provenienti dai Paesi Scandinavi e dall’Europa dell’Est. Questa trasformazione riflette dinamiche economiche più ampie che investono il potere d’acquisto delle famiglie italiane.
Le associazioni dei consumatori non lasciano spazio a interpretazioni diplomatiche nella loro analisi delle cause. Il Codacons definisce senza mezzi termini il mare italiano “un salasso per le famiglie” e accusa i gestori degli stabilimenti di versare “lacrime di coccodrillo” di fronte a una crisi che considerano autoinflitta. L’associazione ha stilato una precisa casistica dei prezzi che considera esorbitanti: la celebre tenda imperiale del Twiga a Marina di Pietrasanta che raggiunge 1.500 euro al giorno nel periodo di agosto, la zona exclusive del Cinque Vele Beach Club di Pescoluse che per la data del 16 agosto arriva a 940 euro, l’Augustus Hotel di Forte dei Marmi con le sue postazioni fronte mare a 560 euro al giorno.
L’Unione Consumatori ha fornito dati statistici precisi sui rincari congiunturali: stabilimenti balneari, piscine e palestre a luglio sono rincarati del 3,7% in un solo mese, posizionandosi al sesto posto nella classifica dei rialzi mensili. Questo incremento si inserisce in un contesto di aumenti generalizzati del settore turistico estivo, dove i villaggi vacanze hanno registrato un +15,7% e i pacchetti vacanza hanno toccato un astronomico +16,1% sempre su base mensile.
Assoutenti ha ricostruito la genealogia degli aumenti tariffari, evidenziando come “dal Covid in poi i prezzi praticati dai lidi italiani per i servizi offerti ai bagnanti sono saliti costantemente”. L’associazione documenta come per trascorrere una giornata in spiaggia affittando un ombrellone e due lettini la spesa media superi ormai i 32 euro, raggiungendo i 90 euro a Gallipoli e toccando punte di 120 euro in alcune località della Sardegna. Particolarmente critica è l’osservazione che “dopo i rincari legati alla pandemia e al caro-bollette, i listini non sono stati ribassati” nonostante il venir meno delle condizioni che avevano giustificato gli aumenti iniziali.
Gli operatori del settore respingono con fermezza le accuse di speculazione e rivendicano una gestione responsabile delle politiche tariffarie. Fabrizio Licordari, presidente di Assobalneari, ha dichiarato di aver chiesto agli associati di non aumentare le tariffe, prevedendo al massimo adeguamenti contenuti per venire incontro alle difficoltà delle famiglie. Maurizio Rustignoli, presidente di Fiba Confesercenti, ha definito “superficiale e fuorviante” l’analisi che attribuisce il calo esclusivamente alle tariffe elevate, precisando che gli aumenti si aggirano sul 4-5% e che per servizi standard, compresi vigilanza e sorveglianza in mare, si spende dai 18 ai 30 euro.
Le rilevazioni statistiche indipendenti offrono un quadro articolato della situazione tariffaria. L’indagine annuale di Altroconsumo su 213 stabilimenti distribuiti in dieci località ha confermato un aumento medio del 5% rispetto al 2024 per una postazione completa, con incrementi più marcati in specifiche destinazioni: +9% ad Alghero e Senigallia, +7% a Palinuro e Gallipoli. Dal 2021 al 2025, il prezzo medio settimanale di una postazione in spiaggia è passato da 182 a 212 euro, registrando un aumento complessivo del 17% in quattro anni.
La situazione presenta differenze regionali significative che riflettono dinamiche di mercato diverse. Alassio si conferma la località più costosa con una media settimanale di 340 euro per le prime quattro file, mentre Rimini emerge come la destinazione più accessibile con 150 euro di prezzo medio e 166 euro per la prima fila. Le coste adriatiche e ioniche hanno registrato aumenti più consistenti: +14,27% per il prezzo giornaliero che si attesta a 23,43 euro, mentre le coste tirreniche e liguri mostrano una maggiore stabilità con 27,20 euro (-0,75%).
Il dibattito pubblico ha coinvolto anche figure del mondo dello spettacolo, con l’attore Alessandro Gassmann che sui social ha posto una domanda diretta: “Forse avete un po’ esagerato con i prezzi e la situazione economica del paese spinge gli italiani a scegliere una spiaggia libera?”. La provocazione ha amplificato il dibattito, ricevendo il sostegno di altri personaggi pubblici come il giornalista Salvo Sottile.
Dal punto di vista istituzionale, la ministra del Turismo Daniela Santanchè ha definito “allarmistico e fuorviante” parlare di crisi del turismo ad agosto, sottolineando che “il turismo sta cambiando” e che “l’estate non è solo mare”. La ministra ha ricordato che l’Italia mantiene una posizione di leadership nel mercato turistico mediterraneo con un 48% di saturazione per giugno e oltre il 43% per luglio, e tariffe medie più basse rispetto a competitor come Grecia e Spagna.
Il fenomeno della destagionalizzazione emerge come una delle tendenze più significative di questa estate. I dati indicano un crescente orientamento verso i “mesi di spalla”, con un aumento delle partenze in giugno e settembre quando le tariffe risultano più convenienti. Parallelamente si registra un boom del turismo montano, con località delle Dolomiti che segnalano occupazioni elevate grazie a una clientela che cerca refrigerio e esperienze diverse dalla tradizionale villeggiatura balneare.
L’analisi economica rivela come la crisi del settore balneare si inserisca in un contesto inflazionistico più ampio che ha colpito particolarmente il comparto turistico. I dati Istat documentano che i prezzi dei servizi ricreativi, tra cui stabilimenti balneari e piscine, sono aumentati del 32,7% tra il 2019 e il 2025. Questo incremento si è concentrato particolarmente negli ultimi anni, alimentato inizialmente dall’emergenza pandemica e successivamente dai rincari energetici, creando un effetto accumulo che ha portato il costo delle vacanze al mare ben oltre il tasso di inflazione generale.
La questione della sostenibilità sociale del modello balneare italiano emerge con forza da questa crisi. L’attuale sistema di concessioni demaniali, sotto scrutinio da parte delle istituzioni europee, si trova a dover dimostrare non solo la propria legittimità giuridica ma anche la capacità di garantire un accesso equo alle risorse naturali del paese. La polarizzazione tra lidi di lusso con tariffe stratosferiche e la carenza di alternative pubbliche attrezzate pone interrogativi sul diritto al mare che vanno oltre le dinamiche di mercato.
Le prospettive per il resto della stagione estiva rimangono incerte. Gli operatori sperano in una ripresa durante le settimane centrali di agosto, tradizionalmente il periodo di maggiore affluenza, ma riconoscono che il “falso start” dei primi due mesi avrà ripercussioni sui bilanci annuali. La sfida per il futuro sarà trovare un equilibrio tra la sostenibilità economica degli investimenti nel settore e l’accessibilità dei servizi per una clientela domestica sempre più attenta ai costi.
Il dibattito in corso rappresenta molto più di una disputa stagionale sui prezzi: è il riflesso di tensioni strutturali che attraversano l’economia italiana e il modello di sviluppo turistico del paese. La capacità di trovare soluzioni condivise determinerà non solo il successo del resto della stagione 2025, ma anche il futuro di un settore che rappresenta una risorsa strategica per l’economia nazionale e l’identità stessa del turismo italiano.Per restare sempre aggiornato scarica GRATIS la nostra App!