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Delitto di Garlasco, la Procura: il Dna “ignoto 3” è contaminato

Nuovo colpo di scena sul Delitto di Garlasco, il dna classificato come “ignoto 3” sarebbe frutto di una contaminazione.

La Procura di Pavia ha posto definitivamente fine al mistero del cosiddetto “ignoto 3” nel delitto di Garlasco, rivelando attraverso una nota ufficiale diffusa dal procuratore Fabio Napoleone che il profilo genetico maschile rinvenuto su una garza utilizzata diciotto anni fa durante l’autopsia di Chiara Poggi non appartiene a un eventuale aggressore, bensì rappresenta il risultato di una contaminazione involontaria avvenuta durante le procedure medico-legali.

Le analisi genetiche comparative, affidate ai professori Carlo Previderè e Pierangela Grignani, consulenti tecnici del pubblico ministero, hanno stabilito con certezza scientifica che il profilo genetico coincide con quello di un soggetto sottoposto a un’altra autopsia in un periodo temporalmente prossimo a quella condotta sulla ventiseienne uccisa il 13 agosto 2007 nella villetta di famiglia a Garlasco. Questo elemento rappresenta un significativo ridimensionamento delle ipotesi investigative che avevano portato a ipotizzare la presenza di un eventuale complice nell’omicidio della giovane laureata in economia.

Le indagini sul materiale biologico prelevato diciotto anni fa dal dottor Dario Ballardini avevano evidenziato la presenza di un dna maschile sconosciuto nella bocca della vittima, circostanza che aveva alimentato speculazioni investigative circa la possibile esistenza di una terza persona coinvolta nel delitto. Il reperto era stato raccolto mediante una garza durante l’autopsia effettuata presso l’obitorio di Vigevano, dando origine a quello che negli anni successivi sarebbe stato identificato come il profilo genetico dell'”ignoto 3″.

Le nuove analisi hanno confermato definitivamente il profilo genetico, stabilendo tuttavia che si trattava di un campione completamente estranea al caso Poggi. Il dato scientifico, secondo gli esperti incaricati dalla Procura, risulta pienamente compatibile con la contaminazione derivante da un contatto accidentale avvenuto in sala settoria, circostanza resa possibile dalle modalità operative dell’epoca che non prevedevano le stringenti misure di isolamento oggi considerate standard nelle procedure autoptiche.

Il procuratore Napoleone ha precisato nella nota che il dna rinvenuto presenta “concordanza” con un altro cadavere sottoposto ad autopsia nello stesso periodo, identificato attraverso il codice anonimo 153E. Le modalità di raccolta dei campioni e la vicinanza temporale tra le due procedure hanno favorito il trasferimento accidentale di materiale biologico, un fenomeno che gli esperti attribuiscono all’utilizzo di strumenti o materiali non perfettamente isolati, come garze o pinze utilizzate in successione senza adeguate misure di sterilizzazione.

La comparazione dei profili aplotipici parziali ottenuti dai tessuti biologici relativi a cinque soggetti di sesso maschile sottoposti ad autopsia in un lasso temporale prossimo all’esame autoptico condotto sulla salma di Chiara Poggi ha evidenziato una concordanza degli alleli specificamente in relazione al soggetto identificato dal codice 153E. Tale dato scientifico, pur presentandosi in forma incompleta a causa del degrado del materiale biologico, è risultato “suggestivo della provenienza del materiale biologico maschile” dal soggetto in questione.

Parallelamente alla risoluzione del mistero dell'”ignoto 3″, la Procura ha incaricato l’antropologa e medico legale Cristina Cattaneo, professoressa ordinaria del Dipartimento di Scienze Biomediche per la Salute dell’Università degli Studi di Milano e figura di riferimento nel campo dell’antropologia e medicina legale, di effettuare nuove verifiche sulle cause della morte di Chiara Poggi. L’obiettivo dell’incarico consiste nel riesaminare ogni elemento tecnico-scientifico a disposizione alla luce degli sviluppi investigativi emersi nelle nuove indagini.

Gli accertamenti affidati alla professoressa Cattaneo, nota per il suo coinvolgimento in casi di rilevanza nazionale e per la direzione del Labanof (Laboratorio di Antropologia e Odontologia Forense), dovranno chiarire se esistano ulteriori aspetti medico-legali utili a comprendere la dinamica dell’omicidio, garantendo una valutazione più ampia degli elementi raccolti sia in sede medico-legale sulla vittima che sul luogo del delitto. I risultati di queste analisi potrebbero essere illustrati durante l’incidente probatorio fissato per il 24 ottobre prossimo.

La scoperta della contaminazione assume particolare rilevanza nel contesto delle nuove indagini condotte dalla Procura di Pavia, che hanno portato all’iscrizione nel registro degli indagati di Andrea Sempio, trentatreenne amico del fratello della vittima, per omicidio volontario in concorso con altri. Le indagini su Sempio, già oggetto di accertamenti archiviati in passato, sono state riaperte a seguito dell’attribuzione di un’impronta palmare rinvenuta sulla scena del crimine e identificata attraverso nuove perizie dattiloscopiche.

Il caso del delitto di Garlasco, che ha visto la condanna definitiva di Alberto Stasi a sedici anni di reclusione per l’omicidio della fidanzata, continua a rappresentare uno dei casi di cronaca nera più complessi e dibattuti degli ultimi decenni. La sentenza della Corte di Cassazione del dicembre 2015 aveva cristallizzato la responsabilità penale dell’ex studente della Bocconi, ma le nuove indagini hanno riportato l’attenzione su elementi probatori precedentemente non esplorati o sottovalutati.

La risoluzione del mistero dell'”ignoto 3″ attraverso la dimostrazione scientifica della contaminazione rappresenta un importante chiarimento metodologico che evidenzia come errori nelle procedure di raccolta e conservazione delle prove possano generare ipotesi investigative infondate. La vicenda sottolinea l’importanza delle moderne tecniche di analisi forense e delle stringenti procedure di isolamento oggi adottate per evitare contaminazioni che potrebbero compromettere l’attendibilità delle prove scientifiche.

Le verifiche comparative condotte dai consulenti della Procura sono state effettuate al di fuori dell’incidente probatorio, con l’obiettivo specifico di evitare eventuali indagini su soggetti terzi che si sarebbero rivelate prive di fondamento. La decisione è stata presa per consentire di concentrare gli accertamenti peritali sulla genetista forense Denise Albani, il cui operato ha ricevuto unanime riconoscimento da tutte le parti coinvolte per la serietà e la metodologia adottata nell’analisi del materiale biologico rilevato.

La nota della Procura conclude ribadendo che ogni dichiarazione o riferimento all’ufficio inquirente, in assenza di comunicazioni ufficiali, deve essere ritenuto privo di fondamento, sottolineando l’importanza di attenersi esclusivamente alle informazioni diffuse attraversi i canali istituzionali per evitare speculazioni mediatiche che potrebbero compromettere l’integrità delle indagini in corso.

Il delitto di Garlasco, avvenuto nella mattinata del 13 agosto 2007 quando Chiara Poggi fu colpita a morte con un oggetto contundente mai identificato né ritrovato nella villetta di famiglia, continua a rappresentare un caso di studio per la magistratura italiana, dimostrando come l’evoluzione delle tecniche investigative possa portare a nuove interpretazioni di elementi probatori raccolti decenni prima. La riaperetura delle indagini da parte del procuratore Napoleone testimonia la volontà della magistratura di garantire il massimo rigore scientifico nella ricerca della verità giudiziaria.Per restare sempre aggiornato scarica GRATIS la nostra App!

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