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Caos Rai, conduttori e dirigenti sotto accusa per profili social fake

Scoppia il caso degli account fake in Rai: conduttori, autori e dirigenti accusati di utilizzare profili falsi sui social per autopromozione e attacchi ai colleghi, violando il Codice Etico aziendale.

Viale Mazzini è scossa da una vicenda che potrebbe compromettere seriamente la reputazione del servizio pubblico televisivo. Alcuni volti noti della Rai, insieme ad autori e dirigenti, sono accusati di gestire account fake sui social network, utilizzandoli per finalità che oscillano tra l’autopromozione e l’attacco a colleghi, tutto condotto con una goffaggine che ha finito per tradire i responsabili.

La rivelazione arriva dalle pagine di Dagospia attraverso la penna di Giuseppe Candela, che nella sua rubrica “A Lume di Candela” ha gettato un sasso nello stagno dell’azienda pubblica con un indovinello carico di implicazioni: “La situazione degli account fake usati da conduttori, dirigenti e autori TV sta sfuggendo di mano. Alcuni scivoloni nelle scorse settimane hanno creato parecchio allarmismo dalle parti di Viale Mazzini. Di chi stiamo parlando?”. Una domanda che per ora non trova risposta nelle identificazioni precise, ma che ha già scatenato un clima di tensione nei corridoi dell’azienda.

Il fenomeno, secondo quanto emerge dalle indiscrezioni, riguarderebbe l’utilizzo sistematico di profili falsi su Instagram e altre piattaforme per commentare in modo auto-celebrativo, distribuire like strategici e organizzare difese anonime contro le critiche. Il problema risiede nella gestione dilettantesca di questi stratagemmi digitali: alcuni errori di troppo avrebbero infatti permesso di risalire ai veri gestori degli account, creando quello che Candela definisce “parecchio allarmismo” all’interno della struttura aziendale.

Le tempistiche della vicenda assumono particolare rilevanza se considerate nel contesto delle recenti disposizioni aziendali. Poche settimane prima dello scoppio del caso, l’amministratore delegato Giampaolo Rossi aveva diramato una nota ufficiale in cui si richiamava tutto il personale, conduttori compresi, a un utilizzo responsabile e corretto dei social media. Il documento, firmato l’8 agosto, stabiliva chiaramente che “anche la pubblicazione sui profili social personali, come qualsiasi attività sui presidi digitali, è considerabile alla stregua di comunicazione pubblica e pertanto vincolata dal Codice Etico”.

La circolare dell’amministratore delegato non lasciava spazio a interpretazioni: “Qualsiasi violazione di quanto già normato sarà valutata sotto i profili disciplinari”. Un monito che assumeva il carattere di ultimatum, ricordando che la divulgazione di informazioni aziendali in contesti pubblici, compresi i social network, è di competenza esclusiva dell’Ufficio Stampa. Il richiamo si estendeva anche ai profili personali, considerati comunque soggetti alle medesime regole quando trattano argomenti che possano coinvolgere l’immagine aziendale.

Gli argomenti che avrebbero scatenato l’utilizzo improprio di questi profili falsi spaziano attraverso le controversie più scottanti delle ultime settimane. Il caso di Stefano De Martino, vittima di hackeraggio con la diffusione di video privati carpiti illegalmente dal sistema di videosorveglianza della sua abitazione, ha generato un fiume di commenti sui social, alcuni dei quali potrebbero essere riconducibili agli account fake sotto inchiesta. Il conduttore di “Affari Tuoi” ha reagito presentando denuncia penale sia alla Polizia di Porto Cervo che alla Procura di Roma, mentre il Garante per la privacy ha ordinato lo stop alla divulgazione dei filmati.

Altrettanto controverso è risultato l’episodio che ha visto protagonista Federica Gentile durante la camera ardente di Pippo Baudo. Secondo quanto riportato da Fabrizio Roncone sul Corriere della Sera e confermato da Giuseppe Candela, la conduttrice avrebbe avvicinato il direttore generale Roberto Sergio proprio di fronte al feretro dell’indimenticato showman per intavolare una trattativa riguardante la conduzione di Miss Italia. L’episodio, descritto come “grottesco” da molti osservatori, ha scatenato polemiche per l’inopportunità del contesto scelto per avanzare richieste professionali.

La questione degli account fake si inserisce in un quadro più ampio di tensioni che attraversano l’azienda pubblica. La morte di Pippo Baudo ha rappresentato un momento di riflessione sulla storia della televisione italiana, ma anche l’occasione per evidenziare comportamenti poco consoni da parte di alcuni protagonisti del piccolo schermo. I collegamenti televisivi per ricordare il grande conduttore sono stati accompagnati da un sottobosco di commenti social che potrebbero aver visto la partecipazione di questi profili sospetti.

Le motivazioni che spingerebbero alcuni dipendenti Rai a ricorrere a identità digitali false sembrano legate alle restrizioni sempre più severe imposte dall’azienda sull’utilizzo dei social media. La necessità di esprimere opinioni o difendere posizioni senza compromettere la propria immagine professionale avrebbe spinto alcuni a cercare rifugio nell’anonimato digitale. Tuttavia, la gestione maldestra di questi stratagemmi ha finito per produrre l’effetto contrario, attirando l’attenzione proprio su quei comportamenti che si volevano mantenere nascosti.

L’atmosfera di tensione che si respira negli uffici di Viale Mazzini è palpabile. Le indiscrezioni parlano di un clima di sospetto reciproco, dove colleghi si interrogano sull’identità dei gestori degli account fake e sulla possibilità di essere a loro volta finiti nel mirino di commenti anonimi. La situazione è aggravata dal fatto che, secondo le fonti di Candela, gli “scivoloni” sarebbero stati molteplici e particolarmente evidenti, rendendo relativamente semplice l’identificazione dei responsabili per chi conosce le dinamiche interne dell’azienda.

Il fenomeno degli account fake non rappresenta una novità nel panorama dei social network, ma assume particolare gravità quando coinvolge figure pubbliche di un’azienda del servizio pubblico. La credibilità e la trasparenza sono valori fondamentali per un’istituzione che si finanzia attraverso il canone pagato dai cittadini, e qualsiasi comportamento che possa minare questa fiducia rischia di avere ripercussioni ben oltre i confini aziendali.

Le conseguenze disciplinari annunciate dalla direzione aziendale potrebbero concretizzarsi nelle prossime settimane, qualora le indagini interne dovessero confermare l’esistenza e l’utilizzo improprio di questi profili. La violazione del Codice Etico aziendale, infatti, può comportare sanzioni che vanno dal richiamo formale fino a provvedimenti più severi, in base alla gravità degli episodi accertati.

L’evolversi della vicenda dipenderà dalla capacità dell’azienda di fare chiarezza su una questione che tocca aspetti delicati come la libertà di espressione del personale e i doveri di correttezza verso l’istituzione. Nel frattempo, il pubblico e gli addetti ai lavori attendono di conoscere i nomi dei presunti responsabili, mentre a Viale Mazzini si lavora per limitare i danni di immagine di una vicenda che rischia di macchiare la reputazione del servizio pubblico televisivo.Per restare sempre aggiornato scarica GRATIS la nostra App!