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Trentino, Uccisione dell’orsa F36: a processo due cacciatori

Due cacciatori settantenni andranno a processo per l’uccisione dell’orsa F36, trovata morta nel settembre 2023 a Sella Giudicarie. L’udienza preliminare è fissata per il 9 febbraio 2026 presso il Tribunale di Trento.
Credit © Zdeněk Macháček

L’udienza preliminare del 9 febbraio 2026 presso il Tribunale di Trento segnerà l’inizio di un processo che riaccende i riflettori su uno dei casi più controversi della gestione della fauna selvatica in Trentino: l’uccisione dell’orsa F36, avvenuta il 24 settembre 2023 nei boschi di Sella Giudicarie. Due cacciatori settantenni, un 76enne trentino e un 71enne nato in provincia di Brescia ma residente nelle Giudicarie, dovranno rispondere dell’accusa di concorso in uccisione di animale per crudeltà e senza necessità, ai sensi degli articoli 110 e 544-bis del codice penale.

La decisione di rinviare a giudizio i due imputati è arrivata dopo una battaglia legale condotta dalle associazioni animaliste, in particolare dalla Leal (Lega antivivisezionista), che tramite il proprio legale Aurora Loprete aveva presentato una dettagliata opposizione alla richiesta di archiviazione formulata inizialmente dalla Procura di Trento guidata dalla procuratrice Patrizia Foiera. Il giudice per le indagini preliminari ha ordinato l’imputazione coatta per due dei quattro cacciatori inizialmente indagati, riconoscendo la fondatezza degli elementi probatori emersi dalle analisi tecnico-scientifiche e dalla documentazione acquisita durante le perquisizioni domiciliari.

Secondo l’accusa, i due cacciatori avrebbero ucciso l’orsa F36 sparandole con un’arma da caccia a canna rigata, pur non sussistendo alcun pericolo per la loro incolumità o quella di terzi, dato che l’animale non mostrava comportamenti aggressivi o confidenti al momento dell’abbattimento. L’orsa sarebbe deceduta a causa di shock ipovolemico, risultato di lesioni traumatiche agli organi vitali provocate dal proiettile che l’ha colpita attraverso il torace. Le indagini dei forestali trentini hanno permesso di stabilire che l’uccisione è avvenuta con un colpo di fucile sparato da un appostamento di caccia situato a circa 600 metri di distanza.

Gli inquirenti hanno ricostruito che chi ha sparato all’orsa voleva deliberatamente ucciderla ed era consapevole di commettere un reato. I bracconieri si erano infatti premurati di rasare il pelo dell’orsa intorno ai fori di entrata e uscita del proiettile, nel tentativo di eliminare le tracce di polvere da sparo che avrebbero potuto permettere agli investigatori di risalire all’arma utilizzata e, di conseguenza, agli autori del crimine. Le analisi condotte dall’Istituto zooprofilattico delle Venezie hanno confermato la presenza di tracce di piombo sul corpo dell’animale, evidenziando inequivocabilmente che F36 è stata uccisa da mano umana.

Uno dei due imputati, il 71enne, deve rispondere anche del reato di favoreggiamento personale, ai sensi dell’articolo 378 del codice penale, per aver tentato di aiutare uno degli indagati a eludere le indagini. Durante una perquisizione domiciliare effettuata il 17 maggio 2024, l’uomo avrebbe pronunciato la frase significativa: “Siete lontani anni luce, non ve lo dirò mai”, facendo intendere di essere a conoscenza dell’uccisione dell’orsa e dei suoi autori.

I due cacciatori, difesi dagli avvocati Mirella Cereghini e Alessio Dalle Carbonare, hanno ammesso di essere usciti a caccia insieme il giorno dell’uccisione, ma hanno dichiarato di trovarsi in una zona diversa, a circa 3-4 chilometri di distanza in linea d’aria dal luogo dell’abbattimento del plantigrado. Le loro dichiarazioni tuttavia non sono riuscite a convincere gli inquirenti, che hanno trovato riscontri nei tabulati telefonici e nelle denunce di uscita per caccia che confermavano la presenza degli indagati proprio nella zona dove è avvenuta l’uccisione il 24 settembre 2023.

L’orsa F36, di sei anni al momento della morte, era già salita alle cronache nell’estate del 2023 per una serie di episodi che avevano destato preoccupazione. Il 30 luglio aveva messo in fuga due giovani cacciatori non armati in località Mandrel, mentre il 6 agosto era stata protagonista di un cosiddetto “falso attacco” ai danni di una coppia di escursionisti in località Dos del Gal, sempre nel comune di Sella Giudicarie. Questi episodi, classificati dall’Ispra e dalla Provincia come corrispondenti al livello di pericolosità 15 su 18 secondo il Pacobace, avevano portato la Provincia autonoma di Trento guidata dal presidente Maurizio Fugatti a emettere un’ordinanza di cattura e successivamente di abbattimento dell’animale.

L’orsa era stata catturata nella notte tra il 29 e il 30 agosto 2023 per l’applicazione del radiocollare e poi rilasciata. Il 7 settembre 2023 Fugatti aveva firmato il decreto di abbattimento dell’animale, ma il provvedimento era stato successivamente sospeso dal Tar di Trento e modificato in ordine di cattura. Tuttavia, le operazioni per eseguire l’autorizzazione alla rimozione non avevano avuto successo, e il 27 settembre 2023 la carcassa dell’orsa era stata rinvenuta in Val di Bondone, nel territorio comunale di Sella Giudicarie, grazie all’attivazione del sensore di mortalità del radiocollare.

Il caso ha assunto particolare gravità anche per il fatto che l’orsa aveva con sé un cucciolo di otto mesi, rimasto orfano a seguito dell’uccisione della madre. Questo elemento ha ulteriormente aggravato la posizione degli imputati e ha reso ancora più drammatica una vicenda che ha diviso l’opinione pubblica tra chi ritiene necessaria una gestione più severa dei grandi carnivori e chi invece sostiene la necessità di tutelare la biodiversità attraverso metodi non cruenti.

Gian Marco Prampolini, presidente della Leal, ha annunciato che l’associazione si costituirà parte civile nel processo: “L’uccisione dell’orsa F36 è un atto di una gravità inaudita. Il nostro impegno va oltre la tutela dei singoli animali. Vogliamo lanciare un messaggio forte contro ogni forma di crudeltà nei confronti di orsi e di tutta la fauna selvatica”. Prampolini ha sottolineato come la Leal non trascurerà di agire sul fronte legale per contrastare questi crimini e assicurare che chi si rende responsabile di tali atti venga punito con la massima severità.

Anche l’onorevole Michela Vittoria Brambilla, presidente della Lega italiana per la Difesa degli animali e dell’ambiente, ha commentato positivamente il rinvio a giudizio: “Da anni chiediamo giustizia per F36, finalmente il rinvio a giudizio apre uno spiraglio”. La deputata di Noi Moderati ha ricordato che l’esame autoptico, al quale aveva partecipato il perito della sua associazione, il dottor Reiner Schneider, aveva evidenziato “il passaggio di vari proiettili, uno dei quali attraverso il torace dell’animale: segno inequivocabile di bracconaggio”.

La Brambilla ha inoltre sottolineato come F36 fosse stata “condannata all’abbattimento esattamente due anni fa, il 7 settembre 2023, dal presidente della Provincia Maurizio Fugatti con un provvedimento in seguito giudicato illegittimo dal Consiglio di Stato”. Secondo la parlamentare, nel “clima di odio e paura alimentato dall’amministrazione provinciale” il rischio di atti di bracconaggio era elevatissimo, considerando che l’orsa era dotata di radiocollare e quindi facilmente individuabile.

Anche Massimo Vitturi, responsabile Animali Selvatici della Lav, ha espresso soddisfazione per il rinvio a giudizio: “La notizia ricevuta oggi ci rende molto felici, ora finalmente potrà essere fatta giustizia sull’uccisione di F36, vittima anche lei del clima d’odio creato ad arte dalla giunta Fugatti nei confronti degli orsi”. Vitturi ha auspicato che il processo possa servire da deterrente per impedire casi analoghi in futuro.

Il processo che si aprirà a febbraio 2026 rappresenta un precedente importante nella tutela della fauna selvatica e potrebbe avere ripercussioni significative sulla gestione dei grandi carnivori in Trentino. Il rinvio a giudizio arriva in un momento in cui il dibattito sulla convivenza tra uomo e orsi è particolarmente acceso, con la Provincia che continua a sostenere politiche di contenimento attraverso catture e abbattimenti, mentre le associazioni animaliste rivendicano l’adozione di misure alternative non cruente.

La vicenda giudiziaria avrà anche un forte valore simbolico, rappresentando un banco di prova sulla capacità delle istituzioni di garantire il rispetto delle leggi in materia di tutela animale e di contrastare efficacemente atti di crudeltà contro la fauna selvatica. Il caso F36 diventa così emblematico di un conflitto più ampio tra diverse visioni sulla gestione dell’ambiente e sulla protezione della biodiversità, destinato a essere osservato con attenzione non solo in Trentino ma in tutta Italia.

L’entrata in vigore della legge Brambilla sui reati contro gli animali ha inoltre rafforzato la tutela penale degli orsi, specie già protetta, offrendo nuovi strumenti legali per contrastare azioni di bracconaggio e atti di crudeltà. Come ha sottolineato la stessa Brambilla, “chi medita vendette private contro i grandi carnivori sappia che la legge ha modificato il nostro ordinamento e rafforzato anche la tutela degli orsi”, rappresentando un deterrente più efficace contro comportamenti illegali nei confronti della fauna selvatica.Per restare sempre aggiornato scarica GRATIS la nostra App!