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Stati Uniti, cosa è lo Shutdown e cosa prevede

Gli USA entrano in shutdown federale dopo sette anni per mancanza di accordo congressuale sui fondi di bilancio, con 800mila dipendenti sospesi e possibili ripercussioni economiche per l’Italia.
Credit © Unsplash

Gli Stati Uniti sono entrati alla mezzanotte locale del primo ottobre 2025, corrispondente alle ore 6 del mattino italiane, in quella che viene tecnicamente definita una condizione di shutdown federale. Il fenomeno si verifica quando il Congresso americano non riesce ad approvare la legge di bilancio entro la scadenza dell’anno fiscale, fissata al 30 settembre, determinando così l’interruzione del finanziamento alle attività amministrative federali non considerate essenziali.

Il blocco amministrativo attualmente in corso rappresenta il primo episodio di shutdown dopo sette anni, precisamente dal 2018-2019, quando durante la prima amministrazione Trump si verificò la più lunga paralisi governativa della storia americana, durata 35 giorni. La procedura trova il proprio fondamento giuridico nell’Antideficiency Act, una normativa che impedisce alle agenzie federali di spendere oltre gli stanziamenti approvati dal Congresso e che risale al 1870, successivamente modificata più volte fino ad assumere la denominazione attuale nel 1884.

Secondo le stime del Congressional Budget Office, durante il precedente shutdown del 2018-2019, l’economia americana non riuscì a recuperare 3 miliardi di dollari degli 11 miliardi complessivamente persi. Gli analisti calcolano che ogni settimana di blocco comporti una contrazione dello 0,1-0,2% del prodotto interno lordo, mentre specificamente per questo shutdown si prevede un costo di circa 2 miliardi di dollari ogni sette giorni.

La genesi dell’attuale crisi risiede nell’impasse politica tra Repubblicani e Democratici sui finanziamenti federali. Il Senato ha respinto con 55 voti contrari e 45 favorevoli la proposta di legge repubblicana già approvata dalla Camera, che avrebbe garantito i fondi per le attività governative fino al 21 novembre. I Democratici hanno parallelamente visto bocciare la propria proposta, che includeva l’estensione dei sussidi dell’Obamacare in scadenza a fine anno e l’annullamento dei tagli ai programmi sanitari federali.

Le conseguenze immediate dello shutdown si manifestano attraverso la sospensione senza stipendio di centinaia di migliaia di dipendenti federali, stimati in circa 800.000 unità. Mentre i lavoratori classificati come “essenziali” – tra cui forze dell’ordine, controllori del traffico aereo, personale militare e sanitario d’emergenza – continuano a prestare servizio senza retribuzione, quelli considerati “non essenziali” vengono messi in congedo non retribuito fino alla risoluzione della crisi.

I servizi pubblici maggiormente compromessi includono la chiusura dei parchi nazionali e dei musei federali, in particolare gli Smithsonian Museums di Washington. Il National Park Service stima che durante lo shutdown del 2013, durato 13 giorni, si registrarono perdite per mezzo milione di dollari negli introiti derivanti dalle visite turistiche. Subiscono rallentamenti anche le ispezioni sanitarie, i controlli di sicurezza alimentare, la registrazione di brevetti e le pratiche amministrative federali.

Per quanto concerne l’impatto sui trasporti, benché controllori del traffico aereo e personale della sicurezza aeroportuale rimangano operativi, si prevedono possibili intoppi nelle attività di manutenzione e certificazione. Le compagnie aeree hanno già emesso avvertimenti circa potenziali ritardi e disagi per i passeggeri.

Le ripercussioni per l’Italia si manifestano su molteplici livelli. Sul fronte diplomatico-consolare, l’Ambasciata americana a Roma e i Consolati di Milano, Napoli e Firenze hanno comunicato attraverso i propri canali social che “a causa della sospensione degli stanziamenti di bilancio, questo account non sarà aggiornato regolarmente fino alla ripresa completa delle attività, ad eccezione delle informazioni urgenti riguardanti questioni di sicurezza”. Tuttavia, i servizi di rilascio passaporti e visti americani continuano a essere garantiti “laddove la situazione lo consenta”.

Sul versante economico-commerciale, l’impatto per l’Italia potrebbe risultare significativo considerando che gli Stati Uniti rappresentano la principale destinazione extra-UE per l’export italiano e la seconda a livello globale dopo la Germania, con un valore di 65 miliardi di euro nel 2024 e un surplus commerciale di 39 miliardi. L’export italiano negli Stati Uniti ha superato i 64 miliardi di euro nel 2024, registrando una crescita di oltre il 42% dal 2019.

Gli economisti stimano che, qualora lo shutdown si prolunghi, due settimane di blocco governativo ridurrebbero il prodotto interno lordo dell’Unione Europea di 4 miliardi di euro, mentre otto settimane porterebbero a perdite per 16 miliardi. Le aziende europee, e italiane in particolare, potrebbero subire ritardi nei porti e nelle dogane americane, allungamento dei tempi di consegna delle merci e costi imprevisti per spedizioni accelerate.

I settori italiani potenzialmente più vulnerabili includono macchinari, componenti automobilistici e prodotti chimici. L’incertezza normativa e i rallentamenti commerciali possono influire sui mercati azionari e aumentare i tassi d’interesse sui titoli di Stato americani, con effetti globali sul costo del credito in Europa. Le importazioni europee verso gli Stati Uniti potrebbero subire ritardi nelle autorizzazioni all’esportazione, necessarie per condurre operazioni commerciali transatlantiche.

La reazione dei mercati finanziari ha mostrato una prudente cautela. Le borse europee hanno aperto senza una direzione univoca, con gli investitori che mantengono atteggiamenti guardinghi dopo l’annuncio dello shutdown. Il FTSE MIB di Milano ha registrato un rialzo contenuto dello 0,4%, mentre l’attenzione si concentra sulla durata potenziale del blocco e sui suoi effetti sull’economia statunitense.

Dal punto di vista storico, gli shutdown rappresentano un fenomeno ricorrente nella politica americana. Il primo episodio si verificò nel 1976 durante la presidenza di Gerald Ford, e da quel momento la paralisi delle attività federali si è ripetuta circa venti volte. I precedenti più significativi includono quello del 2013 durante l’amministrazione Obama, durato 17 giorni e causato dallo scontro sull’Obamacare, e quello del 2018-2019 sotto Trump, che battè ogni record con 35 giorni di durata.

La Casa Bianca ha già ordinato alle agenzie federali di iniziare l’attuazione dei propri piani “per una chiusura ordinata”, mentre il presidente Trump ha ribadito che il blocco delle attività amministrative provocherà “molti licenziamenti” tra i dipendenti federali. L’amministrazione ha inoltre minacciato di rendere questo shutdown “ancora più doloroso” rispetto ai precedenti, con l’Ufficio di gestione e bilancio che ha ordinato alle agenzie di preparare piani di licenziamenti veri e propri, non semplici sospensioni.

La risoluzione della crisi dipende esclusivamente dalla capacità del Congresso di raggiungere un compromesso bipartisan sulla legge di bilancio o di approvare una misura transitoria temporanea. La durata dello stallo rimane incerta, con le dinamiche politiche a Washington che determinano non solo la sorte dell’amministrazione federale americana, ma anche le ripercussioni economiche per i partner commerciali internazionali, Italia compresa. Gli effetti economici globali dipenderanno principalmente dalla durata del blocco: se breve, l’impatto rimarrà limitato a lievi oscillazioni sui mercati e sul cambio euro-dollaro, ma un prolungamento significativo potrebbe generare conseguenze più ampie sulla stabilità finanziaria globale e sulla domanda di esportazioni europee.Per restare sempre aggiornato scarica GRATIS la nostra App!