Il Consiglio dei Ministri ha varato in via definitiva lo schema di disegno di legge recante la delega al Governo in materia di energia nucleare sostenibile, segnando una svolta decisiva nella politica energetica nazionale. Il provvedimento, approvato durante la riunione del 2 ottobre 2025, rappresenta il culmine di un percorso iniziato nei primi mesi dell’anno e mira ad inserire l’atomo nel mix energetico italiano per raggiungere l’indipendenza energetica e gli obiettivi di decarbonizzazione.
Il testo legislativo conferisce al Governo una delega per disciplinare in modo organico l’introduzione del nucleare sostenibile nel quadro delle politiche europee di decarbonizzazione al 2050 e degli obiettivi di sicurezza energetica. La normativa supera le precedenti esperienze nucleari italiane e si concentra sull’utilizzo delle migliori tecnologie disponibili, inclusi i reattori modulari di piccole dimensioni (SMR e AMR) e le tecnologie di fusione.
Il Ministro dell’Ambiente e della Sicurezza energetica Gilberto Pichetto Fratin ha sottolineato che “con questo provvedimento l’Italia si dota di uno strumento fondamentale per guardare al futuro con realismo e ambizione”. Il responsabile del dicastero ha evidenziato l’intenzione di rendere il Paese protagonista delle nuove tecnologie nucleari, dagli SMR agli AMR fino alla fusione, nel quadro della neutralità tecnologica e della transizione energetica europea.
Il disegno di legge, già esaminato preliminarmente il 28 febbraio scorso, ha ottenuto il parere favorevole della Conferenza unificata. Le Regioni e le Province autonome hanno espresso parere favorevole a maggioranza, condizionato all’intesa sui decreti legislativi attuativi, mentre l’ANCI ha ottenuto che i Comuni siano coinvolti nelle consultazioni qualora si proceda all’individuazione di aree destinate ad ospitare gli impianti, con la valutazione di adeguate misure di compensazione per i territori interessati.
La delega prevede l’elaborazione di un Programma nazionale per il nucleare sostenibile, l’istituzione di una Autorità per la sicurezza nucleare indipendente, il potenziamento della ricerca scientifica e industriale, la formazione di nuove competenze e lo svolgimento di campagne di informazione e sensibilizzazione. Secondo la relazione tecnica allegata al provvedimento, lo stanziamento complessivo per gli investimenti previsti ammonta a 60 milioni di euro nel triennio 2027-2029, suddivisi in 20 milioni per ciascuna annualità.
I decreti legislativi attuativi dovranno essere adottati entro 12 mesi dall’entrata in vigore della legge, che ora dovrà superare l’iter parlamentare. L’esecutivo potrà disciplinare diversi ambiti: la produzione di energia da fonte nucleare sostenibile sul territorio nazionale, anche ai fini della produzione di idrogeno, la disattivazione e lo smantellamento degli impianti esistenti, la gestione dei rifiuti radioattivi e del combustibile nucleare esaurito, la ricerca e lo sviluppo dell’energia da fusione, nonché la riorganizzazione delle competenze e delle funzioni in materia.
Il governo italiano ha già compiuto altri passi significativi verso il ritorno al nucleare, aderendo ufficialmente il 16 giugno 2025 all’Alleanza Nucleare Europea, dopo due anni di partecipazione come Paese osservatore. L’alleanza, lanciata dalla Francia nel 2023, riunisce i Paesi membri dell’UE favorevoli al rilancio del nucleare e comprende Francia, Belgio, Bulgaria, Croazia, Repubblica Ceca, Ungheria, Paesi Bassi, Romania, Slovacchia, Slovenia e Svezia.
Il programma nucleare italiano si concentra principalmente sui Small Modular Reactors (SMR), reattori di potenza ridotta fino a 300 MWe caratterizzati dalla costruzione modulare che permette maggiore flessibilità e certezza di budget. Questi impianti, considerati intrinsecamente più sicuri dei reattori tradizionali grazie alle dimensioni contenute e alle tecnologie avanzate, possono essere prodotti industrialmente in serie e adattati a diverse esigenze energetiche.
Il disegno di legge dovrà ora affrontare l’esame parlamentare, dove potrebbero emergere posizioni critiche considerando la storia dei referendum del 1987 e del 2011 che hanno portato all’abbandono del nucleare in Italia. I referendum del 1987, svoltisi dopo il disastro di Chernobyl, videro la vittoria del “sì” con percentuali tra il 71,9% e l’80,6% sui quesiti riguardanti l’energia nucleare, mentre nel 2011 il referendum abrogativo del programma nucleare di Berlusconi ottenne l’appoggio del 94% dei votanti con un quorum del 54%.
Il governo sostiene tuttavia che l’esito dei precedenti referendum non costituisce un ostacolo giuridico, citando la sentenza della Corte Costituzionale 199/2012 secondo cui i referendum potrebbero rilevare solo se “nel corso del tempo non si fosse determinato alcun mutamento né del quadro politico né delle circostanze di fatto”. La strategia dell’esecutivo punta a una prima produzione di energia nucleare già nel 2035 attraverso gli SMR, nell’ambito di un programma che dovrebbe garantire maggiore autonomia energetica e contribuire al raggiungimento degli obiettivi di decarbonizzazione.Per restare sempre aggiornato scarica GRATIS la nostra App!