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Briatore si schiera con Sinner: “In Italia ti vogliono bene solo se sei un miserabile”

A margine dell’inaugurazione di Crazy Pizza a Torino, Flavio Briatore prende le difese di Jannik Sinner dalle critiche riguardanti la rinuncia alla Coppa Davis e la residenza fiscale a Montecarlo, sottolineando come in Italia il successo sia raramente perdonato.

L’inaugurazione ufficiale del ristorante Crazy Pizza a Torino ha offerto a Flavio Briatore l’occasione per esprimersi con fermezza su un tema che continua a dividere l’opinione pubblica italiana: il trattamento riservato ai personaggi di successo nel nostro paese. L’imprenditore piemontese, noto per non misurarsi nelle proprie affermazioni, ha colto l’opportunità a margine dell’apertura del nuovo locale nel cuore di Torino per prendere le difese di Jannik Sinner, il campione tennistico che negli ultimi giorni è stato bersagliato da critiche molteplici e talvolta contraddittorie da parte di commentatori e addetti ai lavori italiani.

“Jannik Sinner è un campione straordinario, ma invece di supportarlo, viene criticato. Ad esempio perché vive a Montecarlo”, ha dichiarato Briatore agli interlocutori presenti alla cerimonia inaugurale. Le parole dell’imprenditore non si limitano a una difesa circoscritta all’ambito fiscale, bensì travalicano in una considerazione più ampia e filosofica sulla società italiana e il suo rapporto con chi raggiunge l’eccellenza. “Accade a chiunque abbia successo”, prosegue Briatore, per poi formulare un giudizio che sembra sintetizzare decenni di osservazione sulla mentalità collettiva: “In Italia per essere benvoluto devi essere un miserabile”.

La difesa riservata al tennista altoatesino si inserisce in un contesto di tensioni già ben documentate e ampiamente ricordate nelle cronache sportive e nei dibattiti pubblici del nostro paese. Sinner, numero due del ranking mondiale ATP, ha comunicato di recente la sua indisponibilità a partecipare alle finali della Coppa Davis previste a novembre, motivando la scelta con esigenze legate alla programmazione della stagione 2026, in particolare alla preparazione per l’Australian Open. Una decisione che, sebbene comprensibile dal punto di vista meramente atletico e organizzativo, ha scatenato una pioggia di critiche provenienti da settori eterogenei dell’opinione pubblica italiana, alimentando dibattiti che vanno ben oltre le questioni tecniche legate al calendario tennistico.

Le critiche rivolte a Sinner, tuttavia, si concentrano frequentemente su aspetti tangenti al campo da gioco. La residenza fiscale a Montecarlo, una scelta condivisa da numerosi atleti professionisti su scala internazionale e motivata da ragioni sia di efficienza strutturale che, indubitabilmente, di ottimizzazione fiscale, è diventata uno dei temi ricorrenti nei dibattiti pubblici. Secondo i dati disponibili, il Principato di Monaco applica un regime fiscale particolarmente favorevole ai residenti non francesi, caratterizzato dall’assenza di imposte sul reddito personale e di tassazione su salari, plusvalenze, dividendi e interessi. Una configurazione che rende il territorio attraente non soltanto per atleti ma per una classe imprenditoriale internazionale considerevole.

Briatore medesimo, che condivide con Sinner la scelta di risiedere a Montecarlo da quasi quindici anni, rappresenta un ulteriore esempio di personalità italiana che ha optato per questa soluzione. In precedenti dichiarazioni al Corriere della Sera, l’imprenditore ha articolato una posizione esplicita sulla questione, affermando che “tra i motivi per cui l’ho scelta c’è anche quello fiscale. Ma non vivo qui per non pagare le tasse, io qui ho creato business e per creare business scegli i Paesi che ti danno maggior protezione fiscale”. Un argomento che, sebbene emerga con frequenza nei database pubblici, non riesce tuttavia a sedare completamente il dibattito italiano sulla questione della lealtà nazionale e del contributo economico al paese di appartenenza.

La dichiarazione di Briatore esprime implicitamente una critica più profonda all’operazione culturale perpetrata nei confronti dei personaggi di spicco all’interno della società italiana. Tale operazione, secondo il ragionamento dell’imprenditore, poggia su fondamenta di opportunismo emotivo e invidia strutturale. La frase emblematica utilizzata da Briatore ricorda inevitabilmente una citazione celebre attribuita a Enzo Ferrari, riportata anche recentemente dal giornalista Enrico Mentana in una difesa pubblica di Sinner: “Gli italiani perdonano tutto, i ladri, gli assassini, i delinquenti di tutti i generi, meno il successo. Il successo non lo perdonano mai a nessuno”.

I sondaggi condotti dalle principali società di ricerca italiana testimoniano una discrasia interessante tra il giudizio complessivo nei confronti di Sinner e specifiche scelte personali. Secondo una ricerca SWG effettuata su ottocento soggetti maggiorenni e pubblicata dalla Gazzetta dello Sport, benché quasi due italiani su tre considerino ingiustificabile la rinuncia del tennista alla Coppa Davis, l’affetto e la stima nei suoi confronti rimangono sostanzialmente immutati. Analogamente, la questione della residenza fiscale a Montecarlo è percepita come problematica da quasi un italiano su due, eppure questo non si traduce in un declino significativo del consenso popolare attorno alla figura del campione. Una contraddizione che sottolinea come le critiche, pur persistendo nel dibattito pubblico, non corrodono strutturalmente il legame emotivo tra la collettività italiana e il suo rappresentante sportivo.

In questo contesto, la posizione di Briatore rappresenta un punto di vista minoritario ma articolato, proveniente da una figura che conosce intimamente le dinamiche della cultura imprenditoriale internazionale e il funzionamento dell’ambiente degli affari su scala globale. L’imprenditore, nel corso della medesima intervista, ha inoltre sottolineato una riflessione di ordine più generale: “Il problema che abbiamo in Italia è che si perdona tutto tranne il successo e questo succede a chiunque”. Un’affermazione che, lungi dall’essere una semplice provocazione, riflette un’osservazione antropologica ricorrente in letteratura e nei dibattiti pubblici italiani relativi alla questione della “sindrome del papavero alto”, fenomeno per il quale figure che emergono significativamente dalle loro comunità tendono a diventare bersagli di critica sistematica.

La rinuncia di Sinner alla Coppa Davis, dal punto di vista meramente fattuale, risulta conseguenza di una valutazione rigorosamente tecnica e progettuale. Lo stesso Sinner ha esposto chiaramente i motivi durante l’intervista a Sky Sport: “L’importante è partire bene nel 2026 con l’Australian Open, e in quest’ottica una settimana in più di preparazione sembra una banalità, ma non lo è”. Il presidente della Federazione Italiana Tennis e Padel, Angelo Binaghi, ha inoltre rivelato che questa decisione era stata comunicata già circa un anno prima dell’annuncio pubblico, indicando quindi una programmazione consapevole e concordata con gli organi federali competenti.

Nonostante tali razionali motivazioni, le critiche hanno continuato a riverberarsi negli spazi mediatici e nei forum di discussione pubblici. Da una parte, dunque, si colloca una logica pianificatoria rigorosa e internazionalmente consuetudinaria, propria di atleti professionisti ad altissimi livelli; dall’altra, si colloca una percezione pubblica che appare alimentata da un substrato emotivo complesso, nel quale si mescolano elementi di nazionalismo sportivo, sentimenti di appartenenza, e una forma di malessere nei confronti delle scelte autonome e autodeterminanti di personalità che transcendono il ruolo pubblico loro assegnato dalla collettività.

La questione sollevata da Briatore, sebbene espressa in termini provocatori e senza mediazioni diplomatiche, tocca dunque nervi scoperti della società italiana contemporanea. La difesa esplicita di Sinner attraverso l’affermazione sulla incompatibilità italiana tra popolarità e merito rappresenta una critiques non esclusivamente diretta al caso specifico del tennista, bensì una riflessione su dinamiche culturali più ampie. In tale cornice, il successo di personalità pubbliche italiane appare frequentemente sottoposto a un esame critico disproporzionato rispetto a quello riservato a figure pubbliche di altre nazioni, specialmente nel momento in cui tali personalità operano scelte di carattere individuale che, sebbene legittime sul piano legale e etico, derogano da aspettative implicite di subordinazione all’interesse collettivo nazionale. Per restare sempre aggiornato scarica GRATIS la nostra App!