La morte di Papa Francesco, avvenuta questa mattina all’età di 88 anni nella residenza di Casa Santa Marta, segna l’inizio di un periodo di profondo cambiamento per la Chiesa cattolica che ora si prepara ad affrontare il Conclave per l’elezione del nuovo Pontefice. Tra i nomi che emergono con maggiore insistenza nella lista dei papabili figura quello del cardinale Robert Sarah, guineano di 79 anni, considerato da molti analisti vaticani il principale portabandiera dell’ala tradizionalista del Collegio cardinalizio. La sua figura, caratterizzata da posizioni teologiche fermamente ortodosse e da un rapporto complesso con il defunto Pontefice, rappresenta la possibilità di una svolta conservatrice dopo dodici anni di pontificato bergogliano, sebbene gli osservatori più attenti ritengano che la composizione attualmente progressista del collegio dei cardinali elettori possa costituire un ostacolo significativo alla sua eventuale elezione.
Originario della Guinea, in Africa occidentale, Robert Sarah si è distinto nel corso della sua lunga carriera ecclesiastica per una fedeltà incrollabile alla dottrina tradizionale della Chiesa, che lo ha reso punto di riferimento per i cattolici più legati all’interpretazione classica del magistero. Il suo percorso nella gerarchia ecclesiastica è stato segnato da tappe significative che testimoniano la stima di cui ha goduto presso tre diversi pontefici: Giovanni Paolo II lo nominò nel 2001 segretario della Congregazione per l’Evangelizzazione dei popoli, affidandogli un ruolo di primo piano nell’opera missionaria della Chiesa; Benedetto XVI gli concesse la porpora cardinalizia nel 2010, riconoscendone le qualità teologiche e pastorali; anche Francesco, nonostante le evidenti divergenze di visione pastorale, lo scelse nel 2014 come prefetto della Congregazione per il Culto divino e la disciplina dei sacramenti, dicastero cruciale nella gestione della liturgia universale.
Il rapporto tra Sarah e Bergoglio è stato caratterizzato da una tensione sottile ma persistente, mai sfociata in aperta rottura ma evidenziata da episodi significativi che hanno rivelato visioni ecclesiologiche profondamente diverse. Particolarmente emblematico fu il caso del libro scritto a quattro mani con il papa emerito Benedetto XVI, “Dal profondo del nostro cuore”, in cui entrambi difendevano con fermezza il celibato sacerdotale in un momento in cui, durante il Sinodo sull’Amazzonia, si discuteva la possibilità di ordinare uomini sposati. L’iniziativa, interpretata da molti come un tentativo di contrapporsi alle aperture di Francesco su questo tema, generò notevoli polemiche nel mondo ecclesiastico. Ancora più esplicita fu la correzione pubblica che Bergoglio indirizzò a Sarah in merito all’interpretazione del Motu Proprio “Magnum Principium” sulla traduzione dei testi liturgici, un evento senza precedenti nella storia recente della Chiesa che vide un Papa smentire pubblicamente un cardinale prefetto.
Nonostante questi momenti di frizione, Sarah ha sempre mantenuto formalmente la sua fedeltà al Pontefice, arrivando persino ad affermare in un’intervista al Corriere della Sera che “chi è contro il Papa è ipso facto fuori dalla Chiesa”. Questa posizione di critica rispettosa gli ha permesso di diventare un punto di riferimento per i tradizionalisti senza mai varcare il confine della disobbedienza formale, distinguendosi così da figure più radicali come il cardinale americano Raymond Leo Burke, altro esponente di spicco dell’ala conservatrice che in diverse occasioni ha manifestato un’opposizione più frontale alle riforme bergogliane.
Le posizioni teologiche e pastorali del cardinale Sarah si caratterizzano per una difesa intransigente dell’ortodossia cattolica su temi controversi come la morale sessuale, la liturgia e l’approccio ai cambiamenti sociali contemporanei. Nel dicembre 2023, all’indomani della pubblicazione della dichiarazione “Fiducia supplicans” che apriva alla possibilità di benedire coppie omosessuali, il porporato africano non esitò a criticare il documento affermando che “qualsiasi approccio pastorale che non richiamasse questa verità oggettiva verrebbe meno alla prima opera di misericordia che è il dono della verità”. Con tono ancora più severo, si chiedeva retoricamente: “Ma cosa c’è di buono, di vero e di umanamente valido in una relazione omosessuale intrinsecamente disordinata?”. Questa posizione inflessibile sulla morale sessuale si accompagna a una visione egualmente rigorosa in campo liturgico, dove Sarah si è sempre mostrato difensore della cosiddetta “Messa tridentina” e critico verso quelle che considera banalizzazioni della sacralità del culto divino.
Il cardinale guineano ha inoltre manifestato posizioni controcorrente rispetto ad altri temi cari al pontificato di Francesco, come l’approccio alle migrazioni. Nonostante provenga egli stesso dall’Africa, Sarah si è distinto come critico dell’immigrazione di massa, sostenendo che la Chiesa non dovrebbe comportarsi come una semplice organizzazione non governativa concentrata prevalentemente su questioni sociali. Nel suo libro “Si fa sera e il giorno ormai volge al declino”, pubblicato nel 2019, il porporato delinea una visione della Chiesa caratterizzata dalla resistenza “alla tentazione più grande del nostro tempo”, identificata implicitamente con un eccessivo adattamento alla mentalità secolare contemporanea. In questo e in altri scritti, Sarah ha ripetutamente sottolineato l’importanza di mantenere ferma la dottrina cattolica tradizionale senza piegarla alle pressioni culturali del momento, affermando che “nel cristianesimo, nella dottrina cristiana, non si danno ‘evoluzioni’, né salti”.
In un contesto di Chiesa profondamente polarizzata, l’eventuale ascesa di Sarah al soglio pontificio rappresenterebbe indubbiamente una svolta significativa rispetto alla direzione impressa da Francesco. Tuttavia, gli esperti di dinamiche vaticane ritengono che le sue possibilità concrete siano limitate dalla composizione attuale del collegio cardinalizio, in larga parte nominato da Bergoglio e quindi tendenzialmente allineato alle sue posizioni pastorali. Un’analisi più approfondita suggerisce però che il cardinale guineano potrebbe giocare un ruolo determinante come leader di un “blocco africano” all’interno del Conclave, insieme ad altre figure come il cardinale Fridolin Ambongo, arcivescovo di Kinshasa e presidente del Simposio delle Conferenze episcopali di Africa e Madagascar. Questo allineamento dei presuli africani su posizioni tradizionaliste potrebbe rappresentare un fattore decisivo negli equilibri del prossimo Conclave, specialmente considerando la crescente importanza numerica e spirituale della Chiesa nel continente africano.
Il profilo di Sarah come potenziale Papa presenta alcuni elementi di indubbio interesse per una parte significativa del mondo cattolico: la sua provenienza africana risponderebbe all’esigenza di continuare il processo di internazionalizzazione del papato avviato con l’elezione del polacco Wojtyła e proseguito con l’argentino Bergoglio; la sua esperienza come prefetto di un importante dicastero vaticano gli garantisce una conoscenza approfondita dei meccanismi curiali; la sua fermezza dottrinale offrirebbe un punto di riferimento solido per quanti ritengono che la Chiesa abbia bisogno di maggiore chiarezza magisteriale in un’epoca di relativismo diffuso. D’altro canto, la sua età avanzata – il cardinale compirà 80 anni nel giugno 2025 – e soprattutto il suo posizionamento decisamente conservatore potrebbero rappresentare ostacoli significativi in un collegio cardinalizio che, dopo dodici anni di pontificato bergogliano, risulta in maggioranza composto da figure più inclini a proseguire nella direzione delle riforme avviate dall’ultimo Papa.
La morte improvvisa di Papa Francesco apre quindi uno scenario incerto per il futuro della Chiesa cattolica, con il cardinale Sarah che si propone come una delle figure più emblematiche della dialettica tra continuità e discontinuità rispetto al pontificato appena concluso. Se da un lato appare improbabile che il prossimo Conclave possa eleggere un Papa così marcatamente distante dall’eredità bergogliana, dall’altro è innegabile che la sua candidatura rappresenterà un punto di riferimento importante per quanti, all’interno del collegio cardinalizio, ritengono necessario un ritorno a posizioni più tradizionali. Al di là dell’esito concreto dell’elezione, la figura di Robert Sarah continuerà a rappresentare una delle voci più autorevoli e ascoltate di quella parte della Chiesa che guarda con preoccupazione alle aperture degli ultimi anni e che vede nella fermezza dottrinale, più che nell’adattamento alle sensibilità contemporanee, la via maestra per affrontare le sfide del XXI secolo.