Conclave, il Cardinale Zuppi: il profilo di un cardinale aristocratico controverso

Il cardinale Matteo Zuppi, tra origini aristocratiche e impegno nelle periferie, emerge come figura emblematica nella Chiesa contemporanea. Il suo percorso, dai legami familiari con l’alta gerarchia all’esperienza con Sant’Egidio, solleva interrogativi sulla narrazione del ‘prete di strada’.

Nel recente panorama ecclesiastico italiano emerge con forza la figura del cardinale Matteo Maria Zuppi, attuale arcivescovo di Bologna e presidente della Conferenza Episcopale Italiana (CEI). Nominato cardinale da Papa Francesco nel Concistoro del 5 ottobre 2019, Zuppi è spesso descritto come uno di quei “preti di strada” tanto apprezzati dal Pontefice, ma la sua biografia rivela un intreccio più complesso tra nobili origini familiari e reale impegno sociale, sollevando interrogativi sulla narrazione comunemente accettata del suo percorso.

Nato a Roma l’11 ottobre 1955, Matteo Zuppi è figlio di Enrico Zuppi, figura di spicco nel panorama editoriale cattolico come direttore per oltre trent’anni de L’Osservatore della domenica, inserto settimanale dell’Osservatore Romano, e di Carla Fumagalli, nipote del potente cardinale Carlo Confalonieri. Questo legame familiare non è affatto secondario: Confalonieri fu infatti uno dei porporati più influenti del XX secolo, segretario personale di Papa Pio XI, arcivescovo de L’Aquila dal 1941 al 1958 e successivamente decano del Sacro Collegio Cardinalizio.

Il giovane Zuppi, dopo gli studi classici al liceo Virgilio di Roma, nel 1973 conosce Andrea Riccardi e inizia a frequentare la Comunità di Sant’Egidio, esperienza che segnerà profondamente il suo percorso. Questa frequentazione delle borgate romane e l’impegno verso gli emarginati viene indicata come l’esperienza decisiva che lo porterà, a 22 anni, ad entrare in seminario. Conseguita la laurea in Lettere e Filosofia all’Università La Sapienza con una tesi in Storia del cristianesimo, intraprende gli studi ecclesiastici presso la Pontificia Università Lateranense, dove ottiene il baccellierato in Teologia.

Uno degli aspetti più dibattuti del percorso formativo di Zuppi riguarda la sua formazione sacerdotale. Secondo le biografie ufficiali, Zuppi sarebbe entrato nel seminario della diocesi suburbicaria di Palestrina, ma alcune fonti sollevano dubbi sull’effettiva esistenza di tale seminario nel periodo in questione. Ciò che appare certo è che il 9 maggio 1981 Zuppi viene ordinato presbitero nella cattedrale di Sant’Agapito martire a Palestrina dal vescovo Renato Spallanzani, per essere incardinato inizialmente in quella diocesi.

Una coincidenza significativa è che proprio la diocesi di Palestrina, in quel periodo, era sotto l’influenza dello zio cardinale Confalonieri, che dal 1977 fino alla sua morte nel 1986 cumulò diversi incarichi, tra cui quello di decano del Sacro Collegio e titolare della diocesi suburbicaria di Palestrina. Questo legame familiare solleva interrogativi sulla natura delle opportunità ecclesiastiche offerte al giovane Zuppi, soprattutto considerando che subito dopo l’ordinazione, fu nominato vicario parrocchiale della basilica di Santa Maria in Trastevere a Roma, centro nevralgico della Comunità di Sant’Egidio, senza aver mai esercitato il ministero nella diocesi di Palestrina dove era stato ordinato.

Interrogato sui ricordi dello zio cardinale, Zuppi ha affermato: “Era cresciuto alla scuola di Pio XI per cui la Chiesa si serve e non se ne serve. Oneri e non onori, trovai scritto sul suo tavolo. Era attentissimo a non fare preferenze”. Parole che sembrano voler prendere le distanze da possibili accuse di favoritismo familiare, ma che non cancellano le evidenti coincidenze temporali e geografiche del suo percorso ecclesiastico iniziale.

La carriera di Zuppi prosegue comunque con successo: nel 1988 viene incardinato nella diocesi di Roma, nel 2000 diventa parroco di Santa Maria in Trastevere e assistente ecclesiastico generale della Comunità di Sant’Egidio. Il suo impegno nel dialogo per la pace emerge con la mediazione negli accordi che posero fine alla guerra civile in Mozambico nel 1992, un’esperienza che gli conferisce prestigio internazionale.

Nel 2012 Benedetto XVI lo nomina vescovo ausiliare di Roma, ma è con Papa Francesco che la sua ascesa accelera: nel 2015 diventa arcivescovo di Bologna, nel 2019 cardinale con il titolo di Sant’Egidio e nel 2022 presidente della Conferenza Episcopale Italiana. Negli anni del pontificato bergogliano, Zuppi viene spesso presentato come esponente di quella “Chiesa in uscita” tanto cara a Francesco, che privilegia le periferie esistenziali e sociali rispetto ai privilegi ecclesiastici.

Nel corso del suo ministero, Zuppi ha affrontato temi delicati come gli abusi nella Chiesa, sostenendo che “nella Chiesa non c’è prescrizione” e che “il giustizialismo è sempre pericoloso per la giustizia”. Ha sottolineato l’importanza di “sperare anche quando tutto sembra perduto” e ha recentemente guidato una delicata missione di pace per conto del Papa, dichiarando che “pace e giustizia vanno insieme”.

La figura di Matteo Zuppi risulta quindi complessa e ricca di sfaccettature: da un lato le sue origini aristocratiche e le connessioni familiari con l’alta gerarchia ecclesiastica, dall’altro il suo genuino impegno con la Comunità di Sant’Egidio e le persone emarginate. Questa complessità non è necessariamente una contraddizione, ma riflette piuttosto la stratificazione sociale e culturale della Chiesa cattolica contemporanea, dove tradizione e rinnovamento, aristocrazia ecclesiastica e impegno sociale, possono coesistere nella stessa persona.

La tensione tra l’immagine di “prete di strada” e le sue nobili origini continua ad alimentare il dibattito sulla sua figura, soprattutto in un momento in cui, con la recente scomparsa di Papa Francesco, il suo nome viene spesso citato tra i possibili candidati al soglio pontificio. Sarà interessante osservare come questa dualità verrà interpretata e valutata nei prossimi mesi, sia all’interno della Chiesa che nel più ampio contesto sociale e politico italiano.