Pannelli solari, ecco come la Cina può lasciare al buio l’Occidente: cosa sono i “kill switch”

Componenti elettronici sospetti trovati in inverter fotovoltaici cinesi potrebbero consentire a Pechino di disattivare da remoto intere sezioni del sistema energetico occidentale.

Un’inchiesta internazionale ha rivelato un pericolo nascosto nelle infrastrutture energetiche occidentali: componenti elettronici sospetti, identificati come “kill switch”, sarebbero stati trovati all’interno di inverter fotovoltaici prodotti in Cina e installati in migliaia di impianti solari negli Stati Uniti ed Europa. Questi dispositivi potrebbero teoricamente consentire a Pechino di disattivare da remoto intere sezioni del sistema energetico occidentale in caso di conflitto o tensione geopolitica. Un’evenienza che, se confermata, metterebbe a rischio la sicurezza nazionale di numerosi paesi, fortemente dipendenti dalle importazioni cinesi per la transizione verso l’energia pulita.

Secondo quanto riportato dal Daily Mail e confermato da Reuters, alcuni inverter di energia solare prodotti in Cina conterrebbero dei dispositivi di comunicazione non autorizzati, capaci di dialogare con sistemi esterni. Un “kill switch” è essenzialmente un meccanismo integrato in un dispositivo elettronico che consente, tramite un comando remoto, di interromperne il funzionamento. Se applicato su larga scala negli impianti solari, questo sistema potrebbe mettere fuori uso in pochi secondi centrali energetiche fondamentali per la stabilità nazionale

Gli esperti di sicurezza citati nelle inchieste hanno identificato in particolare “meccanismi di comunicazione canaglia”, tra cui radio cellulari nascoste, integrati negli inverter – i dispositivi che convertono la corrente continua generata dai pannelli in corrente alternata utilizzabile dalla rete elettrica

La potenziale pericolosità di questi componenti è amplificata dal fatto che, sebbene l’accesso remoto sia una caratteristica standard per gli aggiornamenti software, potrebbero esistere backdoor programmate per bypassare i firewall di protezione

La preoccupazione cresce anche in virtù del dominio incontrastato della Cina nel mercato del fotovoltaico. Secondo i dati dell’Agenzia Internazionale dell’Energia, Pechino produce oltre l’80% dei pannelli solari installati nel mondo e controlla quasi tutta la filiera, dal silicio grezzo ai moduli finali

Tra i maggiori produttori figurano giganti come LONGi Green Energy Technology, JA Solar e Trina Solar, tutti cinesi. LONGi, in particolare, è leader mondiale con un fatturato annuo di circa 19,2 miliardi di dollari e oltre 60.000 dipendenti

Il successo delle aziende cinesi nel settore si deve a diversi fattori: efficienza produttiva, stabilità delle catene di approvvigionamento, consistenti incentivi governativi e manodopera significativamente più economica rispetto a quella occidentale. Questi elementi hanno permesso di abbattere drasticamente i prezzi dei prodotti fotovoltaici cinesi, favorendone la diffusione globale e consolidando la leadership di mercato di Pechino

Stati Uniti ed Europa, pur incrementando le installazioni fotovoltaiche come parte delle strategie di decarbonizzazione, dipendono ancora fortemente dalle importazioni cinesi. Questa dipendenza, in caso di attacco informatico o spegnimento remoto, potrebbe trasformarsi in una grave vulnerabilità strategica

Fonti del governo e dell’intelligence statunitense, citate dal Daily Mail, hanno espresso preoccupazione per la presenza di componenti elettronici “controllabili da remoto” nei pannelli solari prodotti in Cina. Il timore è che questi dispositivi possano essere attivati in caso di un’escalation militare o geopolitica, portando allo spegnimento massiccio degli impianti fotovoltaici installati in Paesi considerati “nemici” da Pechino

Sebbene non siano state diffuse prove ufficiali definitive, l’ipotesi è ora al centro di indagini e discussioni nei circoli politici e militari occidentali. Gli analisti vedono questa eventualità come parte di una strategia più ampia da parte della Cina, che punterebbe a rafforzare la propria posizione non solo nel settore economico, ma anche nel dominio tecnologico e infrastrutturale

Il caso ricorda quello, ben documentato, di un ex sviluppatore di software di nome Davis Lu, condannato negli Stati Uniti per aver sabotato i sistemi informatici della sua ex azienda, Eaton, dopo essere stato declassato. Lu aveva implementato un “kill switch” sui sistemi aziendali che si attivava quando il suo account veniva disabilitato, causando gravi malfunzionamenti

Il rischio di blackout su larga scala

Secondo gli esperti di cybersicurezza, la minaccia più concreta rappresentata dai kill switch non sarebbe tanto la disattivazione di singoli impianti, quanto la possibilità di orchestrare un attacco coordinato che destabilizzi intere reti elettriche

Uno degli analisti citati nell’inchiesta di Reuters ha dichiarato che esiste un percorso integrato per “distruggere fisicamente la rete”, una prospettiva che alza drasticamente il livello di allarme nazionale. La difficoltà nel rilevare tali dispositivi e la mancanza di standard internazionali di sicurezza per i componenti fotovoltaici rende il rischio ancora più concreto

Il funzionamento normale di un inverter prevede la sincronizzazione con la rete elettrica per mantenere frequenza e tensione entro parametri specifici. Qualsiasi anomalia, naturale o indotta, può causare l’interruzione dell’erogazione di energia. Un attacco coordinato potrebbe sfruttare questa caratteristica per provocare sbalzi di tensione o frequenza tali da innescare blackout a cascata

La scoperta dei presunti kill switch ha già scatenato reazioni politiche. Nel Regno Unito, ad esempio, si stanno moltiplicando le richieste al governo laburista di Ed Miliband di sospendere temporaneamente il programma di espansione delle energie rinnovabili fino a quando non sarà possibile garantirne la sicurezza

La vicenda riapre anche il dibattito sulla necessità di sviluppare filiere produttive nazionali o europee per componenti strategici come quelli del settore energetico. Tuttavia, la rincorsa tecnologica e industriale richiede tempo e investimenti considerevoli, mentre la transizione energetica impone tempi relativamente stretti

Gli esperti suggeriscono alcune misure immediate: intensificare i controlli sui componenti importati, implementare sistemi di isolamento che permettano di scollegare rapidamente dalla rete gli impianti potenzialmente compromessi e sviluppare protocolli di sicurezza informatica specifici per le infrastrutture energetiche

Nel frattempo, l’allerta resta alta e si moltiplicano le voci che paragonano questa minaccia alle preoccupazioni che portarono all’esclusione di Huawei dalle reti 5G occidentali. Il caso dimostra ancora una volta come la sicurezza nazionale non possa prescindere dal controllo delle tecnologie strategiche, soprattutto in un’epoca in cui la competizione geopolitica si combatte sempre più sul terreno dell’innovazione tecnologica e dell’indipendenza energetica