Tac in ospedale alla gatta, Scavalcati due pazienti: quattro indagati ad Aosta

La procura di Aosta ha chiuso l’inchiesta sulla TAC fatta alla gatta del dottor Fanelli in ospedale: quattro gli indagati, tra cui il responsabile di Radiologia e marito della senatrice leghista Spelgatti. Secondo l’accusa, due pazienti del pronto soccorso avrebbero subito ritardi negli esami.

Chiusa l’inchiesta della procura di Aosta sul caso della gatta sottoposta a Tac all’ospedale regionale Parini. Quattro gli indagati tra il personale sanitario: il dottor Gianluca Fanelli, radiologo interventista e marito della senatrice leghista Nicoletta Spelgatti, il primario di Radiologia Massimiliano Natrella e due tecniche di radiologia, Giulia Sammaritani e Denise Barone. Dalle indagini dei carabinieri del Nas è emerso che due pazienti, presi in carico dal pronto soccorso, sarebbero stati scavalcati nella lista d’attesa per consentire l’esame sulla gatta Athena, di proprietà dello stesso dottor Fanelli.

Le ipotesi di reato, formulate a vario titolo, sono molteplici: indebita destinazione di denaro o cose mobili, esercizio abusivo della professione veterinaria, truffa ai danni dello Stato per timbrature non correlate e interruzione di pubblico servizio. Quest’ultima contestazione è l’unica mossa nei confronti della tecnica Denise Barone. I fatti risalirebbero alla sera del 20 gennaio 2025, e non al 27 come inizialmente dichiarato dal dottor Fanelli in una lettera inviata alla direzione dell’azienda Usl Valle d’Aosta.

Secondo gli inquirenti, coordinati dal pubblico ministero Manlio D’Ambrosi, il dottor Fanelli avrebbe portato la sua gatta Athena al Parini per sottoporla a un esame diagnostico, dopo che l’animale era precipitato dal tetto di un condominio riportando gravi ferite. All’esame, eseguito intorno alle 20, avrebbe partecipato anche la tecnica di radiologia Giulia Sammaritani, figlia del consigliere regionale Paolo Sammaritani, esponente della Lega. In quel momento, stando alla ricostruzione dei carabinieri del Nas, in attesa vi erano due pazienti provenienti dal Pronto soccorso, i cui esami sarebbero stati ritardati.

L’indagine ha inoltre accertato che la tecnica Denise Barone, nei giorni successivi all’esplosione del caso mediatico, avrebbe cercato di cancellare le immagini registrate sul macchinario, probabilmente nel tentativo di eliminare le tracce dell’esame effettuato sull’animale. Il giorno seguente, il 21 gennaio 2025, Fanelli avrebbe sottoposto la gatta a un intervento di drenaggio per un pneumotorace, alla presenza del primario Massimiliano Natrella.

Ulteriore elemento contestato dalla Procura riguarda la mattina del 20 gennaio, quando Fanelli avrebbe portato l’animale da un veterinario dopo aver timbrato il cartellino di lavoro, circostanza da cui deriva l’accusa di truffa ai danni dello Stato per timbrature non correlate all’effettivo servizio prestato.

Nella lettera inviata alla direzione dell’azienda sanitaria, Fanelli aveva fornito la sua versione dei fatti, sostenendo di aver agito per salvare la vita dell’animale, trovato in condizioni critiche dopo una caduta di sei piani dal tetto del condominio. Nella missiva, il medico affermava di aver effettuato l’esame “in un momento in cui le tre Tac non erano in orario di servizio, dopo le 20 del giorno lunedì 27 gennaio, quando gli esami programmati per la giornata sono terminati e tutte le macchine diagnostiche sono in attesa di eseguire eventuali esami urgenti, verificato non vi fossero pazienti e, ovviamente, non in timbratura”.

In realtà, secondo le indagini, i fatti si sarebbero verificati il 20 gennaio e non il 27 come dichiarato dal radiologo, e soprattutto vi sarebbero stati due pazienti in attesa per l’esame diagnostico. Il medico aveva anche raccontato di aver prima portato la gatta da un veterinario, dove erano emerse “fratture posteriori, distacco di almeno uno dei due polmoni con un sospetto pneumotorace e possibili lesioni degli organi interni”, e di aver poi deciso di intervenire personalmente per salvare l’animale che era “tra la vita e la morte”.

Nella stessa lettera, Fanelli si era detto disposto a risarcire l’eventuale danno economico causato, sostenendo che il suo “gesto d’amore” verso l’animale domestico fosse stato dettato dall’istinto di salvare una vita: “Se non avessi fatto tutto ciò che potevo e la mia gatta fosse morta, non me lo sarei potuto mai perdonare. E poi i miei figli la adorano”.

L’indagine era stata avviata dopo una segnalazione pervenuta alla direzione dell’Usl Valle d’Aosta, che aveva immediatamente attivato una commissione disciplinare interna. Il direttore generale Massimo Uberti aveva dichiarato: “Subito ho creduto fosse uno scherzo, tanto è incredibile questa vicenda. Dopo di che, purtroppo, non era così”. La direzione sanitaria aveva quindi trasmesso gli atti alla Procura della Repubblica per le “ipotesi di reato perseguibili d’ufficio”.

I carabinieri del Nas, Nucleo Antisofisticazione e Sanità dell’Arma, hanno condotto le indagini recandosi più volte nel reparto di Radiologia dell’ospedale Parini per raccogliere elementi utili alla ricostruzione dei fatti. Gli avvisi di conclusione delle indagini preliminari sono stati notificati nei giorni scorsi ai quattro indagati.

La vicenda aveva suscitato ampio risalto mediatico non solo a livello locale ma anche nazionale e internazionale, dividendo l’opinione pubblica tra chi ha espresso solidarietà al medico per il suo gesto motivato dall’affetto verso l’animale domestico e chi ha invece criticato l’utilizzo improprio di strutture sanitarie pubbliche destinate alla cura delle persone.

Ad esprimere “stupore e sconcerto” era stato anche il presidente dell’Ordine dei medici chirurghi e degli odontoiatri della Valle d’Aosta, Roberto Rosset, che in una nota aveva sottolineato i rischi connessi alla presenza di animali in ambiente ospedaliero, definendola una potenziale fonte di “rischio biologico, compromettendo gli standard di igiene e sicurezza previsti per la tutela dei pazienti”.

Ora, concluse le indagini preliminari, gli indagati avranno a disposizione venti giorni per presentare memorie difensive o chiedere di essere interrogati. Spetterà poi alla Procura decidere se procedere con la richiesta di rinvio a giudizio o con l’archiviazione del caso. Parallelamente, potrebbe giungere a conclusione anche il procedimento disciplinare interno all’azienda sanitaria, che prevede sanzioni che vanno dalla semplice censura scritta fino al licenziamento.