Il 6 giugno 2025 rappresenta una data simbolica per i contribuenti italiani, segnando ufficialmente il Tax Freedom Day secondo l’elaborazione annuale dell’Ufficio Studi della CGIA di Mestre. Dopo ben 156 giorni di lavoro dall’inizio dell’anno, inclusi sabati e domeniche, il contribuente medio italiano ha teoricamente terminato di lavorare per onorare gli obblighi fiscali e contributivi verso lo Stato, iniziando finalmente a destinare i propri guadagni esclusivamente alle necessità personali e familiari. L’indicatore, che misura il peso del carico fiscale complessivo, evidenzia come l’Italia mantenga una delle pressioni tributarie più elevate del continente europeo, confermando la necessità di un’attenta riflessione sulla sostenibilità del sistema fiscale nazionale.
La metodologia di calcolo adottata dalla CGIA si basa su parametri economici precisi e consolidati nel tempo. La stima del Prodotto Interno Lordo nazionale prevista per il 2025 ammonta a 2.256 miliardi di euro, cifra che viene suddivisa per i 365 giorni dell’anno per ottenere un dato medio giornaliero di 6,2 miliardi di euro. Successivamente vengono estrapolate le previsioni relative alle entrate tributarie e contributive che i percettori di reddito verseranno durante l’anno corrente, stimate in 962,2 miliardi di euro complessivi. Il rapporto tra questi valori determina il momento simbolico in cui i contribuenti cessano di lavorare per il fisco e cominciano a operare per il proprio benessere economico.
Il Documento di Economia e Finanza 2025 conferma una pressione fiscale del 42,7% del PIL, registrando un lieve incremento di 0,1 punti percentuali rispetto all’anno precedente. Tuttavia, la CGIA precisa che la sostituzione della decontribuzione con bonus IRPEF e detrazioni modula questa crescita in modo significativo. Il bonus erogato ai lavoratori dipendenti a basso reddito, pur avendo un impatto economico reale sulla vita delle famiglie, viene classificato contabilmente come spesa pubblica e non incide formalmente sulla pressione fiscale ufficiale. Applicando questa correzione metodologica, la pressione fiscale scenderebbe al 42,5%, anticipando virtualmente di un giorno il Tax Freedom Day rispetto al calcolo standard.
Il confronto europeo posiziona l’Italia al sesto posto tra i Paesi dell’Unione Europea per carico fiscale complessivo, con il 42,6% del PIL registrato nel 2024. Davanti al nostro Paese si collocano esclusivamente la Danimarca con il 45,4%, la Francia con il 45,2%, il Belgio con il 45,1%, l’Austria con il 44,8% e il Lussemburgo con il 43%. Se in Italia sono necessari 156 giorni di lavoro per soddisfare le richieste del fisco, in Danimarca servono 166 giorni, mentre in Francia e Belgio ne occorrono 165. La media dell’Unione Europea si attesta a 148 giorni, evidenziando come l’Italia superi di otto giorni questo parametro di riferimento. Tra i Paesi più virtuosi dal punto di vista della pressione fiscale si distinguono l’Irlanda con soli 86 giorni e la Romania con 105 giorni.
L’armamentario fiscale italiano che grava sui contribuenti comprende una vasta gamma di imposte e contributi che alimentano le casse dello Stato e degli enti locali. Tra le principali voci si annoverano l’IRPEF (Imposta sul Reddito delle Persone Fisiche), l’IRES (Imposta sul Reddito delle Società), l’IRAP (Imposta Regionale sulle Attività Produttive), l’IVA (Imposta sul Valore Aggiunto), le addizionali regionali e comunali, i contributi previdenziali obbligatori e le tasse locali. Questi versamenti risultano indispensabili per garantire il funzionamento dei servizi pubblici essenziali, dalle strutture sanitarie alle istituzioni scolastiche, dai trasporti pubblici alle forze dell’ordine, dalle pensioni agli stipendi del personale della pubblica amministrazione.
L’analisi storica degli ultimi tre decenni rivela oscillazioni significative della pressione fiscale italiana, con il picco massimo raggiunto nel 2013 durante i governi Monti-Letta al 43,4% del PIL. Il minimo storico si registra invece nel 2005 sotto il governo Berlusconi, quando la pressione fiscale scese al 38,9% del PIL, ben 3,8 punti percentuali in meno rispetto alla soglia prevista per il 2025. Negli ultimi anni la pressione è cresciuta progressivamente a partire dal 2023, ma secondo la CGIA questo incremento non deriva da un aumento diretto delle aliquote fiscali, bensì dall’effetto combinato di diverse dinamiche: l’introduzione di nuove norme fiscali, l’erogazione di bonus specifici, gli aumenti salariali concessi in vari settori e la crescita delle entrate tributarie dovuta a fattori macroeconomici strutturali.
Il fenomeno del lavoro sommerso rappresenta un’eccezione significativa rispetto al concetto stesso di Tax Freedom Day, poiché per milioni di lavoratori irregolari questa ricorrenza simbolica risulta priva di significato concreto. Secondo le stime dell’ISTAT, nel 2022 circa 2,5 milioni di persone lavoravano in nero in Italia, suddivise tra lavoratori dipendenti non regolari e lavoratori autonomi privi di partita IVA. Le regioni con il maggior numero assoluto di lavoratori irregolari sono la Lombardia con 379.600 unità, il Lazio con 319.400 e la Campania con 270.100. Dal punto di vista percentuale, il tasso di irregolarità più elevato si registra in Calabria con il 17%, seguita dalla Campania con il 14,2%, dalla Sicilia con il 13,7% e dalla Puglia con il 12,6%.
L’elaborazione del Tax Freedom Day costituisce un esercizio puramente teorico che non riflette la realtà quotidiana dei contribuenti, i quali versano le imposte durante tutto l’arco dell’anno secondo le scadenze prestabilite. Tuttavia, questo strumento di analisi fornisce una rappresentazione efficace e comprensibile del peso fiscale complessivo che grava sui cittadini italiani, permettendo confronti immediati sia in prospettiva storica che a livello internazionale. La CGIA sottolinea come l’indicatore non costituisca un principio assoluto, ma dimostri empiricamente l’entità del carico fiscale che continua a caratterizzare il sistema tributario nazionale, evidenziando la necessità di politiche fiscali mirate alla riduzione della pressione sui contribuenti onesti e al contrasto dell’evasione fiscale.