La notizia della morte di Thiago Elar, tiktoker di origini bergamasche conosciuto per aver condiviso quotidianamente la sua lunga lotta contro un grave disturbo del comportamento alimentare, si è diffusa sui social nella tarda serata di lunedì 21 luglio, per poi essere confermata il mattino successivo da fonti familiari e da diversi organi di informazione locali e nazionali . Il decesso, avvenuto nella struttura sanitaria di Treviglio dove il giovane era ricoverato da oltre un anno e mezzo, è stato attribuito a cause naturali secondo quanto riferito dai medici .
Nato a Bergamo il 20 dicembre 1997 con il nome anagrafico Lisa El Arbaoui, il giovane aveva scelto di farsi chiamare Thiago Elar e di affermare pubblicamente la propria identità di genere maschile, diventando nel tempo una figura di riferimento per molti utenti della community transgender italiana . Residente a Osio Sotto, era seguito su TikTok da quasi centocinquantamila follower, attirati dalla sincerità con cui descriveva, spesso dal letto di reparto, le giornate trascorse in psichiatria e le complicate dinamiche familiari .
Nei video pubblicati, a ritmo anche di dieci o venti al giorno, Elar raccontava la progressiva perdita di peso, la sensazione di isolamento, le visite mediche che si susseguivano senza apparente miglioramento e un rapporto con la madre che egli definiva conflittuale, tanto da invocare ripetutamente un dialogo che tardava ad arrivare . Quella narrazione, cruda e priva di filtri, ha trasformato la sua vicenda personale in un caso mediatico, alimentando un acceso dibattito sulla responsabilità delle piattaforme nel diffondere contenuti estremi e, al tempo stesso, nella tutela degli autori vulnerabili .
L’ultimo breve filmato, caricato poche ore prima della morte, mostrava il ventisettenne salutare i follower e anticipare un appuntamento con i medici che, nelle sue parole, l’avrebbe condotto «in un posto migliore», lasciando intuire un possibile trasferimento verso un hospice o un nuovo reparto specialistico . Subito dopo il silenzio: a diffondere la notizia sono stati altri creator, seguiti da un necrologio pubblicato sul portale IlCommiato.it, nel quale compariva il suo deadname, un dettaglio che ha suscitato indignazione in buona parte della sua community .
I funerali si svolgeranno mercoledì 23 luglio alle ore 15 nella chiesa parrocchiale di Osio Sotto, preceduti oggi da una veglia di preghiera alla Casa del Commiato Ricciardi e Corna, come comunicato dai familiari attraverso gli avvisi funebri e confermato dalla stampa locale . Numerosi utenti hanno annunciato l’intenzione di partecipare per rendere omaggio a un ragazzo divenuto, suo malgrado, simbolo di una sofferenza condivisa in rete e di una richiesta d’ascolto spesso rimasta inevasa .
La piattaforma su cui Elar aveva costruito la propria identità digitale registrava, sui contenuti a lui dedicati, milioni di visualizzazioni: clip che mostrano la sua magrezza estrema, l’incessante ricerca di contatto umano, le frasi spezzate da un evidente affanno respiratorio sono state rilanciate in forma di tributo, ma anche analizzate da professionisti della salute mentale preoccupati per il possibile effetto emulativo tra i più giovani .
Secondo diversi studi scientifici citati dalle associazioni di settore, le persone transgender presentano un rischio superiore rispetto alla popolazione generale di sviluppare disturbi del comportamento alimentare, in particolare l’anoressia nervosa, spesso legata al desiderio di modificare l’aspetto corporeo in coerenza con l’identità percepita . La vicenda di Elar, inserita in questo contesto, offre uno spaccato delle fragilità che attraversano una fascia di popolazione ancora scarsamente assistita da servizi integrati capaci di coniugare supporto psichiatrico, endocrinologico e sociale.
Il racconto pubblico della propria sofferenza, amplificato dall’algoritmo di TikTok, ha però generato reazioni diametralmente opposte: solidarietà e raccolte fondi da una parte, scetticismo e accuse di manipolazione dall’altra, con commenti che mettevano in dubbio la veridicità di alcuni passaggi della sua storia o criticavano le richieste economiche rivolte ai follower . La polarizzazione dei giudizi non ha tuttavia fermato il flusso di contenuti, divenuto negli ultimi mesi un vero e proprio diario clinico a cielo aperto.
Nelle ore successive al decesso, le stesse piattaforme hanno visto un’esplosione di video di cordoglio, tag commemorativi e discussioni sulla necessità di linee guida più stringenti per i contenuti legati alla salute mentale. Alcuni creator hanno sottolineato l’urgenza di un intervento istituzionale in grado di garantire percorsi di cura tempestivi e di evitare che i casi più gravi vengano lasciati all’attenzione intermittente della rete, dove lo scorrere dei feed rischia di trasformare la malattia in intrattenimento .
In parallelo, le associazioni che si occupano di identità di genere hanno denunciato l’uso reiterato del deadname sui necrologi e in diversi articoli, ricordando come il mancato riconoscimento del nome scelto rappresenti una forma di violenza simbolica che, nel caso di Elar, prosegue anche oltre la morte . La questione, tornata al centro del dibattito, mette in evidenza le lacune normative e culturali che ancora impediscono a molte persone trans di vedersi correttamente rappresentate nei documenti ufficiali, nei media e nei contesti sanitari.
La storia di Thiago Elar si inserisce dunque in una più ampia riflessione sul rapporto tra fragilità psicologica, visibilità digitale e gestione dei disturbi alimentari. L’esposizione costante, alimentata da un algoritmo che premia l’emozione immediata, ha permesso di accendere i riflettori su temi spesso relegati alla sfera privata, ma ha contemporaneamente esposto il protagonista a un giudizio pubblico spietato e a una pressione difficilmente gestibile in assenza di un solido supporto clinico .
A poche ore dalle esequie, restano le immagini di un giovane che, attraverso lo schermo di uno smartphone, ha trasformato la propria stanza di ospedale in un palcoscenico, cercando ascolto e comprensione mentre la malattia ne consumava il corpo. Il suo percorso, conclusosi prematuramente, solleva interrogativi sulla capacità del sistema sanitario di intercettare il disagio, sul ruolo dei social media nella costruzione delle identità contemporanee e, soprattutto, sulla necessità di politiche di prevenzione che non si limitino alla retorica ma garantiscano un sostegno concreto a chi, come lui, chiede ancora di esistere. Per restare sempre aggiornato scarica GRATIS la nostra App!