Israele attacca l’Iran, quali sono i principali siti del programma nucleare iraniano

Israele lancia l’operazione Rising Lion contro i siti nucleari iraniani, colpendo Natanz, Isfahan, Arak e altre strutture chiave del programma atomico della Repubblica Islamica.
Credit © YouTube

Le prime ore del 13 giugno 2025 hanno segnato un punto di non ritorno nelle tensioni tra Israele e Iran, con il lancio dell’operazione “Rising Lion” che ha preso di mira direttamente le infrastrutture nucleari della Repubblica Islamica

Il ministro della Difesa israeliano Israel Katz ha dichiarato alle 2 del mattino lo stato di emergenza speciale su tutto il territorio israeliano, annunciando che “decine di aerei dell’Aeronautica Militare hanno completato l’attacco iniziale su decine di obiettivi militari e obiettivi nucleari in diverse aree dell’Iran”. L’operazione, descritta dall’IDF come “un attacco preventivo preciso e integrato basato su intelligence di alta qualità, con l’obiettivo di danneggiare il programma nucleare iraniano”, rappresenta la materializzazione di timori lungamente coltivati dalla leadership israeliana.

Il primo ministro Benjamin Netanyahu ha dichiarato che Israele ha colpito “il cuore del programma di arricchimento nucleare dell’Iran e i suoi sforzi per sviluppare un’arma nucleare”, precisando che l’attacco ha preso di mira l’impianto principale di arricchimento a Natanz, oltre ai principali scienziati nucleari iraniani coinvolti nello sviluppo della bomba. L’Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica ha confermato che l’attacco israeliano ha effettivamente colpito l’impianto di arricchimento dell’uranio iraniano di Natanz, con il direttore Rafael Grossi che ha dichiarato: “L’AIEA sta monitorando da vicino la situazione profondamente preoccupante in Iran”.

Natanz: il cuore pulsante del programma di arricchimento

Il complesso nucleare di Natanz rappresenta indiscutibilmente il centro nevralgico del programma di arricchimento iraniano e costituisce il primo obiettivo dell’attacco israeliano. Situato su una pianura a ridosso delle montagne fuori dalla città santa sciita di Qom, a sud di Teheran, questo impianto ospita due strutture fondamentali: il vasto impianto sotterraneo di arricchimento del combustibile (FEP) e l’impianto pilota di arricchimento del combustibile (PFEP) in superficie.

La storia di Natanz è emblematica della segretezza che ha caratterizzato il programma nucleare iraniano: un gruppo di opposizione iraniano in esilio rivelò nel 2002 che l’Iran stava segretamente costruendo questo complesso, innescando una situazione di stallo diplomatico tra l’Occidente e l’Iran che continua ancora oggi. Il FEP, costruito per l’arricchimento su scala commerciale, è capace di ospitare 50.000 centrifughe e attualmente vi sono installate circa 16.000 centrifughe, di cui circa 13.000 in funzione, che raffinano l’uranio fino a una purezza del 5%. I diplomatici che conoscono Natanz descrivono il FEP come situato a circa tre piani sottoterra, il che ha alimentato un lungo dibattito sull’entità dei danni che gli attacchi aerei israeliani potrebbero arrecargli.

Credit © Institute for Science and International Security

Il complesso di Natanz si estende su una superficie di tre chilometri quadrati ed è situato a una profondità di 40-50 metri sottoterra, caratteristiche che lo rendono un obiettivo particolarmente complesso da neutralizzare completamente. La struttura è stata ripetutamente bersaglio di attacchi informatici e sabotaggi, il più noto dei quali si è verificato nel 2010 con il virus informatico Stuxnet, progettato dalla National Security Agency degli Stati Uniti in collaborazione con Israele.

Fordow: la fortezza sotterranea

Sul lato opposto di Qom, l’impianto di Fordow rappresenta una delle sfide più complesse per qualsiasi operazione militare contro il programma nucleare iraniano. Questo sito di arricchimento è stato scavato nelle profondità di una montagna, rendendolo probabilmente meglio protetto da potenziali bombardamenti rispetto al FEP di Natanz. La struttura si trova a una profondità stimata tra i 60 e i 90 metri sottoterra, che secondo i calcoli degli esperti militari rappresenta una profondità che i più importanti missili americani GBU-57 a penetrazione di profondità non possono raggiungere.

Stati Uniti, Gran Bretagna e Francia annunciarono nel 2009 che l’Iran stava costruendo segretamente Fordow da anni senza informare l’AIEA, con il presidente degli Stati Uniti Barack Obama che dichiarò all’epoca: “Le dimensioni e la configurazione di questo impianto sono incompatibili con un programma pacifico”. Attualmente vi sono in funzione circa 2.000 centrifughe, la maggior parte delle quali macchine IR-6 avanzate, di cui fino a 350 stanno arricchendo fino al 60%. L’accordo del 2015 con le grandi potenze non permetteva all’Iran di arricchire a Fordow, ma dopo il ritiro americano dall’accordo nel 2018, l’Iran ha ripreso le attività di arricchimento in questa struttura.

Isfahan: il centro tecnologico multifunzionale

La seconda città più grande dell’Iran ospita un imponente centro per la tecnologia nucleare che comprende l’impianto di fabbricazione di piastre di combustibile (FPFP) e l’impianto di conversione dell’uranio (UCF), capace di trasformare l’uranio in esafluoruro di uranio che viene immesso nelle centrifughe. Il complesso di Isfahan rappresenta il più grande centro di ricerca nucleare di tutto l’Iran, dove lavorano circa 3.000 scienziati. Questo sito comprende un centro di tecnologia nucleare, un impianto di conversione, un impianto di produzione di combustibile, un impianto di rivestimento in zirconio e altre strutture e laboratori.

Particolarmente significativa è la presenza a Isfahan di attrezzature per la produzione di uranio metallico, un processo particolarmente sensibile alla proliferazione poiché può essere utilizzato per la produzione del nucleo di una bomba nucleare. L’AIEA ha dichiarato che a Isfahan sono presenti macchinari per la produzione di parti centrifughe, descrivendola nel 2022 come una “nuova sede”. L’Iran immagazzina anche uranio arricchito a Isfahan, secondo quanto riferito dai diplomatici. Fonti israeliane hanno confermato che Isfahan è stata tra le città colpite nell’attacco del 13 giugno, con particolare attenzione all’area di Zerdenjan vicino alla “montagna dell’energia atomica”.

Arak e Khondab: il controverso reattore ad acqua pesante

L’Iran possiede un reattore di ricerca ad acqua pesante parzialmente costruito, originariamente chiamato Arak e ora denominato Khondab. I reattori ad acqua pesante rappresentano un rischio significativo di proliferazione nucleare perché possono facilmente produrre plutonio che, come l’uranio arricchito, può essere utilizzato per creare il nucleo di una bomba atomica. L’esistenza di questo impianto situato nell’Iran settentrionale venne svelata nel dicembre 2002 da alcune immagini satellitari diffuse dall’Istituto statunitense per la Scienza e la Sicurezza Internazionale.

In base all’accordo del 2015, la costruzione del reattore era stata interrotta, il nucleo del reattore era stato rimosso e riempito di cemento per renderlo inutilizzabile, mentre il reattore doveva essere riprogettato “per ridurre al minimo la produzione di plutonio e non produrre plutonio di grado militare durante il normale funzionamento”. Tuttavia, l’Iran ha informato l’AIEA che prevede di mettere in funzione il reattore nel 2026. L’impianto di produzione di acqua pesante di Arak, inaugurato nel 2006, è in grado di produrre fino a 16 tonnellate di acqua pesante l’anno.

Bushehr: l’unica centrale nucleare operativa

La centrale nucleare di Bushehr rappresenta l’unica centrale elettronucleare iraniana attualmente operativa, situata nei pressi della città omonima che si affaccia sulla costa del Golfo Persico. Questa struttura ha una storia particolare, essendo un’eredità del primo programma nucleare iraniano iniziato negli anni cinquanta dallo Scià Mohammad Reza Pahlavi. La costruzione, iniziata nel 1975 con il supporto tedesco, fu interrotta dopo la Rivoluzione iraniana del 1979 e ripresa solo nel 1995 con un accordo russo del valore di 800 milioni di dollari.

La centrale è dotata di un reattore ad acqua leggera di tipo VVER-1000 con una capacità massima di 1.000 megawatt ed è stata collegata alla rete elettrica il 3 settembre 2011. Nel 2023, l’energia nucleare ha generato 6.071,16 GW⋅h di energia elettrica in Iran, pari all’1,7% della produzione totale nazionale. Secondo le previsioni, la centrale sarà equipaggiata con 5 reattori di tipologia VVER-1000, con l’entrata in funzione di due reattori nucleari aggiuntivi prevista per il 2026-2027. La centrale fa parte del programma nucleare civile dell’Iran, coordinato dall’Organizzazione dell’Energia Atomica dell’Iran e sotto la supervisione dell’AIEA, per cui non è soggetta a restrizioni internazionali.

Siti secondari e installazioni militari

Oltre ai principali complessi nucleari, l’Iran dispone di diverse altre strutture che completano il suo programma atomico. Teheran ospita un reattore di ricerca nucleare fornito dagli USA negli anni ’60, utilizzato per scopi medici e scientifici. La capitale iraniana è anche sede dell’università tecnologica Sharif, centro di studi ingegneristici e fisici dove sono concentrate molte delle ricerche locali sull’energia nucleare, e della Kalaye Electric Company, azienda statale subordinata all’Organizzazione per l’energia atomica dell’Iran.

Particolare attenzione merita il sito militare di Parchin, situato a circa 18 miglia a est di Teheran, che è stato un punto focale delle attività militari iraniane. La Repubblica Islamica ha precedentemente condotto esperimenti in quest’area volti a consentire la produzione di armi nucleari, ed è nota per lo sviluppo di tecnologie missilistiche e di droni suicidi, insieme a tecnologie nucleari. Fonti iraniane hanno confermato che Parchin è stata colpita nell’attacco israeliano del 13 giugno.

Un altro sito significativo è quello di Abadeh, nella provincia di Fars, dove è in corso un progetto denominato Marivan. Questo sito, costruito da società controllate dal Corpo delle Guardie Rivoluzionarie Islamiche a metà degli anni ’90, faceva parte di un progetto gestito dall’Organizzazione per l’Innovazione e la Ricerca Difensive (SPND), il principale ente responsabile della ricerca e dello sviluppo di armi nucleari. L’AIEA ha trovato particelle di uranio con tracce di attività umana in questo sito nel 2021.

Le implicazioni strategiche dell’attacco

L’operazione Rising Lion ha colpito secondo fonti israeliane cinque città iraniane: oltre a Teheran, sono finite sotto attacco Tabriz nel nord-ovest (sede di importanti raffinerie), le città di Isfahan e Arak a sud della capitale e Kermanshah a ovest di Teheran. L’aeronautica israeliana ha sferrato due ondate di attacchi che si sono abbattute su sei diversi siti localizzati in queste cinque importanti città iraniane.

Secondo l’esercito israeliano, l’Iran possiede materiale sufficiente per costruire almeno 15 bombe nucleari e negli ultimi mesi ha condotto test segreti per assemblare armi nucleari. “Gli iraniani hanno migliaia di missili balistici e hanno in programma di triplicarli nel prossimo anno: questa è già una minaccia esistenziale per Israele”, hanno dichiarato fonti dell’IDF. L’attacco ha causato la morte di figure chiave del programma nucleare iraniano, inclusi il comandante delle Guardie Rivoluzionarie Hossein Salami, lo scienziato nucleare Mohammad-Mehdi Tehranchi e l’ex capo dell’Organizzazione per l’energia atomica dell’Iran Fereidoun Abbasi.

Netanyahu ha dichiarato che l’operazione “proseguirà finché sarà necessario per eliminare la minaccia iraniana”, aggiungendo che “potrebbe essere un anno, potrebbe essere entro pochi mesi” prima che l’Iran riesca a sviluppare un’arma nucleare. Gli Stati Uniti hanno chiarito di non essere coinvolti nell’operazione, con il segretario di Stato Marco Rubio che ha dichiarato: “Israele ha intrapreso un’azione unilaterale contro l’Iran. Non siamo coinvolti in attacchi contro l’Iran”. La risposta iraniana non si è fatta attendere, con il lancio di oltre 100 droni verso Israele e la promessa della Guida Suprema Ali Khamenei di una “dura punizione” per lo Stato ebraico.