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Padova, rifiuta di fare l’orale alla maturità: “L’esame è una sciocchezza, i voti non servono”

Gianmaria Favaretto, studente del liceo Fermi di Padova, rifiuta l’orale di maturità per protestare contro il sistema di valutazione, ritenuto inadeguato e troppo competitivo.

La commissione d’esame del liceo scientifico Enrico Fermi di Padova ha assistito a una protesta senza precedenti durante gli orali della maturità 2025. Gianmaria Favaretto, diciannovenne studente padovano, si è presentato davanti ai professori per quella che doveva essere la sua ultima prova, ma ha scelto di trasformare l’occasione in un gesto simbolico di contestazione del sistema educativo italiano.

“Buongiorno professori, non voglio sostenere le interrogazioni per la maturità, la mia prova orale finisce qui”, ha dichiarato il giovane prima di alzarsi, salutare e congedarsi dalla commissione. Una scelta meditata e coraggiosa, che ha colto di sorpresa i docenti presenti, generando un confronto civile ma significativo sulle modalità di valutazione scolastica.

La decisione di Favaretto non è stata il frutto di impreparazione o superficialità, ma di una riflessione approfondita sul meccanismo valutativo che ha caratterizzato il suo percorso scolastico. Come ha spiegato al quotidiano Il Mattino di Padova, il giovane considera l’attuale sistema di valutazione inadeguato a rispecchiare le reali capacità degli studenti, figuriamoci la loro maturità.

Il diciannovenne, che milita come giocatore di rugby nel Cus Padova, si era infatti presentato all’esame già matematicamente promosso. Con 31 crediti scolastici accumulati durante il triennio e risultati più che sufficienti nelle prove scritte – 17 punti nella prima prova e 14 nella seconda – aveva già raggiunto 62 punti, ai quali la commissione ha successivamente aggiunto altri 3 punti, portando il totale a 65 e garantendo il conseguimento del diploma.

La protesta di Favaretto affonda le radici in una critica sistemica del mondo scolastico italiano, che il giovane percepisce come eccessivamente competitivo e distante dalle reali esigenze formative. “Ho fatto questa scelta perché trovo che l’attuale meccanismo di valutazione non rispecchia la reale capacità degli studenti”, ha dichiarato, aggiungendo che “l’esame di maturità per me è una sciocchezza”.

Particolarmente significativa è la sua osservazione sul clima che si respira nelle aule scolastiche: “In classe c’è molta competizione. Ho visto compagni diventare addirittura cattivi per un voto”. Una testimonianza che riflette le tensioni generate da un sistema educativo che, secondo il giovane, privilegia la prestazione numerica rispetto alla crescita personale e culturale degli studenti.

La reazione della commissione d’esame è stata inizialmente di stupore e rigidità. La presidente ha manifestato perplessità, sostenendo che rifiutare l’orale costituisse un’offesa al lavoro dei docenti che avevano corretto gli scritti. Tuttavia, dopo un confronto con i professori interni, che conoscevano meglio il percorso dello studente, si è arrivati a una soluzione condivisa che ha permesso di concludere l’esame in modo civile.

La famiglia di Favaretto ha accolto la decisione del figlio con comprensione, nonostante fosse stata tenuta all’oscuro fino all’ultimo momento. “Quando gliel’ho riferito, sono stati comprensivi”, ha raccontato il giovane, evidenziando come la scelta sia stata maturata autonomamente attraverso un percorso di riflessione personale.

Il gesto del giovane padovano si inserisce in un dibattito più ampio sulla valutazione scolastica che attraversa il mondo dell’istruzione italiano. Come sottolineato da esperti del settore, il sistema dei voti spesso genera dinamiche competitive che possono risultare controproducenti per l’apprendimento, creando ansia da prestazione e compromettendo la motivazione intrinseca degli studenti.

La protesta di Favaretto non è un caso isolato nel panorama scolastico italiano. Nel 2024, al liceo Foscarini di Venezia, tre studentesse avevano già messo in atto una forma di contestazione simile, rifiutandosi di sostenere l’interrogazione orale per protestare contro valutazioni ritenute ingiuste nella prova scritta di greco. Questi episodi evidenziano come stia crescendo tra i giovani una consapevolezza critica nei confronti delle modalità di valutazione tradizionali.

La decisione del diciannovenne padovano ha aperto un dibattito sulla necessità di ripensare i metodi valutativi nella scuola italiana, privilegiando approcci più orientati alla crescita personale e alla formazione di cittadini consapevoli piuttosto che alla mera competizione numerica. La sua affermazione secondo cui “la scuola dovrebbe formare cittadini consapevoli, critici, capaci di stare nel mondo” riflette una visione dell’educazione che mette al centro la persona piuttosto che la prestazione.

Il caso di Gianmaria Favaretto rappresenta quindi molto più di una semplice protesta studentesca: costituisce un interrogativo profondo sui valori che dovrebbero guidare l’educazione nel XXI secolo, sulla necessità di superare logiche puramente competitive per abbracciare modelli formativi più inclusivi e rispettosi della complessità umana. La sua scelta coraggiosa di anteporre i propri principi alle convenzioni sociali potrebbe rappresentare un catalizzatore per un ripensamento più generale del sistema educativo italiano, orientato verso una maggiore attenzione alle esigenze formative degli studenti piuttosto che alle mere performance numeriche.

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