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Antonella Clerici contro i “cuochi” di Instagram: “Sono delle Pippe”, una cucina da like non da mangiare

La storica conduttrice non usa giri di parole: “Ricette inutili, piene di effetti ma prive di sostanza”. E non ha tutti i torti.

Antonella Clerici è tornata a far sentire la propria voce, con l’autorevolezza di chi la vera cucina l’ha raccontata sul piccolo schermo per decenni, ben prima dell’era dei social. In un’intervista senza filtri, ha colpito dritto al cuore della cosiddetta “cucina da Instagram”, definendo i suoi protagonisti come “pippe” e accusandoli di proporre ricette “inutili”, spesso esteticamente accattivanti ma nella pratica irrealizzabili, quando non addirittura immangiabili.

“Visti su Instagram sembrano dei fenomeni, poi li porti in studio e ti accorgi che in cucina sono peggio”

E come darle torto? In un mondo sempre più dominato dall’apparenza, anche la cucina è stata trasformata in una passerella di immagini patinate, luci perfette e piatti che sembrano più opere d’arte che alimenti da condividere a tavola. Video montati ad arte mostrano mani impeccabili che assemblano strati su strati di ingredienti improbabili, senza curarsi di tecnica, equilibrio dei sapori o edibilità reale. Il risultato? Contenuti da migliaia di like, ma spesso impossibili da replicare e ancor meno da gustare.

La Clerici mette giustamente in discussione questo approccio estetico e ‘usa e getta’ alla cucina. “Il cibo non deve solo stupire, ma nutrire. Deve avere un’anima, una storia“, ha ribadito. Un messaggio essenziale, in un’epoca in cui cucinare sembra diventato uno strumento di autopromozione più che un atto d’amore o un gesto culturale.

C’è da chiedersi per chi si cucina, oggi. Per la comunità o per l’algoritmo? Il profumo di un sugo fumante, il tempo dedicato a preparare un piatto di pasta ben fatto, una torta per festeggiare con i propri cari: tutto questo rischia di scomparire sotto una colata di glassa fluorescente e di format virali che sviliscono la cucina a puro intrattenimento visivo.

Il paradosso è che migliaia di follower considerano maestri dei dilettanti digitali che non hanno mai visto una cucina professionale, mentre le vere storie di cibo – quelle che raccontano territorio, stagioni, fatica e famiglia – faticano a trovare spazio tra un reel e l’altro.

La critica della Clerici non è un nostalgico rimpianto per il passato, ma un appello a ritrovare il vero senso della cucina: quello che nasce dal rispetto per gli ingredienti, dalla consapevolezza del gesto e dall’amore per chi siede a tavola.

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