Gli esami ripetuti dalla genetista Denise Albani nell’ambito dell’incidente probatorio disposto dalla giudice per le indagini preliminari di Pavia Daniela Garlaschelli hanno confermato definitivamente la presenza di un profilo genetico maschile ignoto sul tampone orofaringeo di Chiara Poggi, prelevato durante l’autopsia del 13 agosto 2007. I risultati del controesame, attesi da settimane, hanno dato esito sovrapponibile ai precedenti test, consolidando la scoperta di quella che viene ormai definita come “la traccia dell’ignoto 3” nella bocca della ventiseienne uccisa a Garlasco.
I cinque campioni analizzati sulla garza utilizzata dal medico legale Marco Ballardini per il prelievo salivare presentano un quadro complesso che potrebbe rivoluzionare la comprensione del delitto. Uno dei campioni ha evidenziato una contaminazione da parte dell’assistente del medico legale, Marco Ballardini, mentre un secondo profilo genetico ha restituito una stringa di 22 marcatori genetici che non trova corrispondenza né con Alberto Stasi, condannato in via definitiva per l’omicidio, né con Andrea Sempio, attualmente indagato per concorso nello stesso reato.
La perizia della polizia scientifica ha escluso anche i profili di tutti coloro che parteciparono all’esame autoptico nel 2007 e ai sopralluoghi successivi, rendendo ancora più significativo il ritrovamento di questo materiale genetico sconosciuto. Le comparazioni informali già compiute dai consulenti delle parti in causa hanno confermato l’estraneità del profilo tanto al condannato quanto al nuovo indagato, aprendo scenari investigativi completamente inediti per la Procura di Pavia diretta da Fabio Napoleone.
Sulla scena del crimine della villetta di via Pascoli emerge quindi un quadro sempre più articolato che suggerisce la presenza di almeno tre persone durante l’aggressione mortale. Secondo la nuova ricostruzione investigativa, Chiara Poggi non sarebbe stata aggredita di sorpresa come inizialmente ipotizzato, ma avrebbe tentato di difendersi, come dimostrerebbe la quantità significativa di DNA maschile rinvenuto nella sua bocca. Gli inquirenti lavorano sull’ipotesi che la vittima possa aver morso uno dei suoi aggressori nel disperato tentativo di liberarsi, lasciando una traccia biologica che ora potrebbe rivelarsi determinante per l’identificazione dell’assassino.
Particolarmente significativa risulta la scoperta di una traccia di sangue sotto la cornetta del telefono fisso di casa Poggi, elemento già repertato nel 2007 ma mai approfondito nelle indagini originarie. L’inclinazione della goccia ematica, stimata in circa 19 gradi, fa pensare che la cornetta fosse sollevata nel momento in cui il sangue è caduto, suggerendo che Chiara abbia tentato una chiamata disperata per chiedere aiuto. Secondo questa ricostruzione, l’aggressore l’avrebbe colpita proprio mentre cercava di telefonare, riposizionando poi la cornetta senza accorgersi della traccia di sangue dimenticata.
La presenza del DNA ignoto sul tampone orofaringeo rappresenta un elemento di svolta cruciale che costringe la magistratura a riconsiderare completamente la dinamica dell’omicidio. La procura pavese e i carabinieri del Nucleo investigativo di Milano dovranno ora stabilire se si tratti di una contaminazione accidentale o se effettivamente quel profilo genetico appartenga all’assassino della ventiseienne. La genetista Denise Albani ha già richiesto chiarimenti al medico legale Ballardini sulle modalità di esecuzione del prelievo salivare, in particolare sull’utilizzo di una garza non sterile invece del tampone standard.
Il ritrovamento del DNA ignoto ha già prodotto un effetto immediato sull’indagine, escludendo definitivamente dal campo la compagnia storica di Andrea Sempio. La stringa di marcatori genetici è stata infatti confrontata con tutti i DNA in possesso degli inquirenti, compresi quelli degli amici del nuovo indagato con cui trascorreva i pomeriggi estivi, senza produrre alcun riscontro positivo. Questo sviluppo riaccende invece l’interesse investigativo su un presunto giro parallelo di frequentazioni di Sempio, mai completamente esplorato nelle indagini precedenti.
La dinamica del delitto che emerge dalle nuove analisi suggerisce una fase di lotta e resistenza da parte della vittima, contrariamente a quanto stabilito nella sentenza di condanna di Alberto Stasi. Chiara Poggi potrebbe essere stata aggredita contemporaneamente da due persone, una delle quali avrebbe tentato di tapparle la bocca per impedirle di gridare, mentre l’altra la colpiva con l’arma del delitto. L’ipotesi di un omicidio a più mani trova riscontro anche nella presenza di DNA maschile ignoto sotto le unghie della vittima, elemento che aveva già portato alla riapertura del caso con l’indagine su Andrea Sempio.
Il quadro probatorio che si delinea presenta però ancora molte zone d’ombra. La maggior parte delle prove analizzate nelle indagini originarie si rivela oggi inutilizzabile a causa di contaminazioni o deterioramento. L’impronta trovata sul dispenser del sapone, per esempio, non fornisce dati utili, così come molte tracce ematiche lungo le scale della cantina, che appartengono esclusivamente alla vittima. Restano tuttavia elementi investigativi di particolare interesse, come la cosiddetta “impronta 33” sulla parete della scala, che secondo le nuove indagini potrebbe essere ricondotta a Sempio.
L’incidente probatorio ha inoltre rivelato la presenza di altro materiale genetico sull’acetato di un’impronta trovata sulla superficie interna dell’anta della porta della cucina, dove i carabinieri del RIS avevano isolato un’impronta di quattro dita. Questo ulteriore profilo genetico, non insanguinato, non appartiene né a Sempio né a Stasi, aggiungendo un altro tassello al mosaico di presenze sconosciute sulla scena del crimine. La moltiplicazione di tracce genetiche ignote rafforza l’ipotesi che più persone abbiano partecipato all’aggressione mortale.
Nonostante le nuove scoperte, l’avvocato Gian Luigi Tizzoni, legale della famiglia Poggi, mantiene una posizione di scetticismo definendo questi sviluppi “un dato totalmente destituito da qualsiasi fondamento” e sostenendo che si prospettano “ipotesi infondate” in assenza di “riscontri oggettivi alternativi alla verità processuale” che ha individuato in Alberto Stasi il responsabile. La famiglia della vittima esprime preoccupazione per il proliferare di “sedicenti testimoni e improvvisati esperti” che lederebbero la dignità e la reputazione dei familiari.
L’identificazione dell'”ignoto 3″ rappresenta ora la priorità assoluta per gli investigatori, che dovranno ampliare significativamente il campo delle ricerche. Oltre alla necessità di scandagliare nuovamente la vita della vittima e le frequentazioni di Sempio, sarà indispensabile ripassare in rassegna tutti coloro che lavorarono sulla scena del crimine e in sala autoptica, compresi i tecnici del RIS di Parma che avevano già analizzato quel tampone. La scoperta del DNA ignoto costringe la magistratura a confrontarsi con la possibilità che il delitto di Garlasco nasconda ancora verità inedite, diciotto anni dopo l’omicidio di Chiara Poggi. Per restare sempre aggiornato scarica GRATIS la nostra App!