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Jovanotti, due anni dopo l’incidente: “Vivo con il dolore addosso, lui mi sfida e io non mollo”

Jovanotti commemora il secondo anniversario dell’incidente in bicicletta del 15 luglio 2023 in Repubblica Dominicana, rivelando come convive quotidianamente con il dolore post-traumatico divenuto “compagno di viaggio”.
Instagram @lorenzojova

Due anni sono trascorsi esattamente dal tragico incidente in bicicletta che ha segnato profondamente la vita artistica e personale di Lorenzo Cherubini, noto al grande pubblico come Jovanotti, e il cantautore ha scelto di commemorare questa ricorrenza con un lungo e toccante post su Facebook che rivela la drammatica realtà di un dolore che continua a accompagnarlo quotidianamente.

Era il 15 luglio 2023 quando l’artista, durante una vacanza nella Repubblica Dominicana insieme alla moglie Francesca Valiani, decise di intraprendere una delle sue caratteristiche esplorazioni ciclistiche dell’isola di Hispaniola, portando con sé la sua bicicletta gravel per evitare la routine dell’ombrellone e del lettino. Quella mattina, svegliatosi prima dell’alba, aveva pianificato di attraversare completamente l’isola fino alla costa opposta, oltre la dorsale montuosa centrale, con l’intenzione di raggiungere una spiaggia deserta per un bagno solitario prima del ritorno in tempo per il pranzo.

La dinamica dell’incidente, ricostruita dallo stesso Jovanotti nel suo recente post commemorativo, presenta elementi di particolare drammaticità: dopo aver percorso circa cento chilometri attraverso le piantagioni di canna da zucchero del territorio dominicano, l’artista stava affrontando quello che lui stesso descrive come “un rettilineo bellissimo” quando si è imbattuto in un dissuasore di velocità invisibile, posizionato da un commerciante di frutta davanti al suo banchetto per rallentare il traffico veicolare.

L’asfalto appena rifatto e la fitta vegetazione di canne da zucchero hanno reso completamente impercettibile l’ostacolo, provocando una caduta rovinosa che ha causato la frattura della clavicola e del femore in tre punti distinti. Il cantante ha raccontato di aver inizialmente sottovalutato la gravità dell’incidente, arrivando persino a girare un video sorridendo nei primi istanti successivi alla caduta, prima che il dolore lancinante e la visione del piede girato al contrario e della clavicola che perforava la pelle della spalla gli facessero comprendere l’entità del trauma subito.

Il trasferimento d’urgenza in ospedale ha dato inizio a quello che Jovanotti definisce “una nuova avventura”, caratterizzata da un intervento chirurgico d’emergenza che si è rivelato inadeguato e compromesso da gravi complicazioni. Durante l’operazione nella struttura ospedaliera dominicana, che l’artista ha descritto come “più simile a un locale di reggaeton che a un luogo sterilizzato”, ha contratto un’infezione batterica che ha aggravato significativamente le sue condizioni, rendendo necessario un ricovero prolungato di un mese nell’isola caraibica.

Nessuna compagnia aerea era disposta a imbarcarlo a causa dell’elevato rischio di embolia o trombosi, costringendo Jovanotti a una permanenza forzata che ha ulteriormente complicato il suo quadro clinico. Al rientro in Italia, i medici dell’ospedale Humanitas di Milano hanno scoperto che il batterio contratto durante la prima operazione stava letteralmente “rosicchiando” l’osso del femore, causando un accorciamento della gamba di quattro centimetri e mettendo a rischio la vita dell’artista a causa di una setticemia in corso.

La seconda operazione, durata otto ore e condotta con il paziente sveglio per evitare i rischi di un’anestesia totale prolungata, ha rappresentato un momento di estrema criticità: Jovanotti ha perso quattro litri di sangue e ha descritto l’esperienza come “un Vietnam”, ascoltando le martellate necessarie per ricostruire il suo femore sbriciolato con una barra di titanio circondata da frammenti delle sue stesse ossa, in quello che lui ha paragonato a “una specie di Lego”.

Il percorso di riabilitazione si è rivelato estremamente arduo e prolungato, richiedendo all’artista di reimparare letteralmente a camminare attraverso un processo di rieducazione neuromuscolare che ha comportato mesi di fisioterapia intensiva. Jovanotti ha dovuto abbandonare temporaneamente quella fisicità esplosiva e quel “linguaggio del corpo” che aveva caratterizzato la sua identità artistica per decenni, affrontando un percorso di ricostruzione che è passato attraverso fasi di gattonamento, movimenti in acqua profonda e il graduale riappoggio del piede.

Nonostante la determinazione e l’impegno costante nella riabilitazione, l’artista ha rivelato che il dolore rimane una presenza costante nella sua vita quotidiana, trasformandosi in quello che lui stesso definisce “un compagno di viaggio” con cui ha imparato a convivere. Nel suo post commemorativo, Jovanotti ha descritto questa relazione complessa e sfidante con la sofferenza fisica: “Oggi mi fa ancora male, ho questo dolore fisso che ormai è talmente familiare che lo vivo come un compagno di viaggio, io gli sto addosso, mi alleno tutti i giorni, lui mi sfida, io non mollo”.

La resilienza dimostrata dall’artista ha trovato la sua massima espressione nel recente tour di 54 concerti che ha portato a termine con successo, nonostante la presenza costante del dolore. Jovanotti ha raccontato con particolare intensità emotiva come durante le esibizioni dal vivo il dolore sembrava trasformarsi, “divertendosi” e “ballando insieme” a lui, creando momenti di dimenticanza reciproca che testimoniano la potenza terapeutica della musica e dell’arte nella gestione del trauma fisico ed emotivo.

La clavicola rimarrà definitivamente compromessa, rappresentando secondo le parole dello stesso Jovanotti un esempio di “kintsugi”, l’antica tecnica giapponese che valorizza le fratture negli oggetti lasciandole visibili, anche se nel suo caso “non sono ricoperte d’oro”. Questa accettazione della propria fragilità e delle cicatrici permanenti rappresenta un elemento di maturazione artistica e umana che ha influenzato profondamente la sua produzione musicale più recente.

Il trauma dell’incidente ha infatti ispirato diversi brani del suo ultimo album “Il corpo umano vol. 1”, in particolare il singolo “Fuorionda” che contiene la frase autobiografica “quel giorno in ambulanza ho capito che si muore”, testimonianza diretta di come l’esperienza della mortalità abbia permeato la sua riflessione artistica. L’artista ha ammesso di aver “intravisto” la luce dell’aldilà durante i momenti più critici del suo percorso di guarigione, un’esperienza che ha segnato profondamente la sua visione esistenziale.

In occasione del secondo anniversario dell’incidente, Jovanotti ha annunciato una sfida particolarmente simbolica: il 26 luglio si esibirà al No Borders Festival nella valle dei laghi di Fusine, in Friuli Venezia Giulia, in un concerto speciale riservato esclusivamente a spettatori arrivati in bicicletta, per un totale di cinquemila ciclisti. L’artista ha dichiarato l’intenzione di raggiungere il luogo dell’esibizione partendo dalla sua abitazione e percorrendo 770 chilometri in bicicletta, uno per ogni giorno trascorso dall’incidente, in una sorta di pellegrinaggio laico che rappresenta il simbolico ritorno alle sue origini ciclistiche.

Questa sfida assume un significato particolarmente profondo se consideriamo che Jovanotti ha costruito parte della sua identità artistica sui viaggi in bicicletta, documentati in celebri trasmissioni televisive come “Non voglio cambiare pianeta” e “Aracataca”, percorsi che lo hanno portato dagli Appennini alle Ande, attraverso migliaia di chilometri tra Cile, Argentina, Ecuador e Colombia. La bicicletta non rappresenta soltanto un mezzo di trasporto o uno strumento di esplorazione per l’artista, ma costituisce un elemento fondamentale della sua filosofia esistenziale e della sua ricerca di autenticità.

Il percorso di rinascita di Jovanotti dopo l’incidente si è rivelato non soltanto fisico ma anche spirituale e artistico, dimostrando come la sofferenza possa trasformarsi in una fonte di rinnovamento creativo. La sua capacità di affrontare il dolore con ironia e determinazione, senza mai perdere la propria vitalità caratteristica, rappresenta un esempio significativo di resilienza artistica che ha saputo trasformare un trauma in opportunità di crescita e di approfondimento della propria ricerca espressiva.

La conclusione del post commemorativo di Jovanotti racchiude perfettamente lo spirito con cui l’artista ha affrontato questi due anni di convivenza con il dolore e la difficoltà: “Insieme andremo lontano”, una dichiarazione di intenti che sottolinea come la sofferenza, anziché rappresentare un ostacolo, possa diventare una compagna di viaggio verso nuove forme di espressione artistica e di comprensione esistenziale, confermando la straordinaria capacità di trasformazione e reinvenzione che ha sempre caratterizzato il percorso creativo di Lorenzo Cherubini. Per restare sempre aggiornato scarica GRATIS la nostra App!

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