L’articolo 5 del Trattato del Nord Atlantico rappresenta il fondamento giuridico e strategico dell’intera architettura di sicurezza dell’Alleanza Atlantica. Firmato a Washington nel 1949 insieme agli altri tredici articoli che compongono il trattato istitutivo, questa disposizione costituisce la clausola di difesa collettiva che ha plasmato gli equilibri geopolitici degli ultimi settantacinque anni.
Il testo dell’articolo 5 stabilisce che “le parti convengono che un attacco armato contro una o più di esse in Europa o nell’America settentrionale sarà considerato come un attacco diretto contro tutte le parti”. La disposizione prosegue specificando che ciascuno Stato membro “assisterà la parte o le parti così attaccate intraprendendo immediatamente, individualmente e di concerto con le altre parti, l’azione che giudicherà necessaria, ivi compreso l’uso della forza armata” per ristabilire e mantenere la sicurezza nella regione dell’Atlantico settentrionale. La norma prevede inoltre che ogni attacco armato e le relative contromisure siano immediatamente comunicate al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, cessando quando questo organo abbia adottato le misure necessarie per ristabilire la pace internazionale.
La natura giuridica e i vincoli operativi
L’articolo 5 si configura innanzitutto come uno strumento di deterrenza e di difesa, caratterizzato da una formulazione che evita l’automatismo militare. Contrariamente a quanto spesso si crede, la clausola non comporta un obbligo vincolante all’intervento militare automatico, poiché ogni alleato mantiene la libertà di decidere “le azioni che ritiene necessarie”. Questa impostazione riflette la volontà degli Stati Uniti, che durante i negoziati del trattato si opposero fermamente a qualsiasi meccanismo che potesse comportare un impegno militare automatico. Il principio si basa sul diritto all’autodifesa individuale e collettiva sancito dall’articolo 51 della Carta delle Nazioni Unite, conferendo legittimità internazionale alle azioni intraprese.
L’ambito geografico di applicazione
L’efficacia dell’articolo 5 è circoscritta da precise limitazioni geografiche definite dall’articolo 6 del trattato. La clausola di difesa collettiva trova applicazione esclusivamente per attacchi condotti contro il territorio di uno Stato membro in Europa o nell’America settentrionale, contro la Turchia, contro le isole situate sotto la giurisdizione delle parti nella regione dell’Atlantico a nord del tropico del Cancro, oppure contro navi o aeromobili delle parti che si trovino in determinate aree geografiche. Questa delimitazione territoriale riflette la concezione originaria dell’Alleanza come organismo di difesa regionale euro-atlantico.
L’unica applicazione storica: l’11 settembre 2001
Nella storia settantacinquennale dell’Alleanza Atlantica, l’articolo 5 è stato invocato una sola volta, il 12 settembre 2001, all’indomani degli attentati terroristici che colpirono gli Stati Uniti. Il Consiglio Atlantico adottò una determinazione nella quale si stabiliva che, qualora fosse stata accertata l’origine esterna degli attacchi terroristici, avrebbe trovato applicazione l’articolo 5 del Trattato NATO. Il successivo 4 ottobre, dopo aver verificato che gli attacchi provenivano effettivamente dall’estero, la NATO confermò ufficialmente l’attivazione della clausola di difesa collettiva. Questa decisione portò all’avvio dell’operazione Enduring Freedom contro obiettivi militari e basi terroristiche in territorio afgano, con l’obiettivo di colpire le cellule dell’organizzazione terroristica Al Qaeda e rimuovere il regime talebano.
L’evoluzione interpretativa del concetto di aggressione
L’applicazione dell’articolo 5 in risposta agli attentati dell’11 settembre ha segnato un’importante evoluzione interpretativa della nozione di aggressione. Tradizionalmente concepito per fronteggiare attacchi armati convenzionali tra Stati, l’articolo 5 è stato esteso per ricomprendere anche gli attentati terroristici nel novero delle minacce alla pace, alla sicurezza e all’integrità degli Stati membri. Questa interpretazione evolutiva era stata anticipata dal Nuovo Concetto Strategico della NATO approvato a Washington nell’aprile 1999, che aveva già incluso il terrorismo tra i “rischi di più ampia natura” per la sicurezza degli Stati membri.
Il meccanismo procedurale e il coordinamento internazionale
Dal punto di vista procedurale, l’invocazione dell’articolo 5 non richiede l’autorizzazione preventiva del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, poiché si basa sul diritto naturale di autodifesa riconosciuto dall’articolo 51 della Carta ONU. Tuttavia, il trattato prevede che le azioni intraprese debbano essere immediatamente comunicate al Consiglio di Sicurezza e cessino nel momento in cui questo organo adotta misure adeguate a ristabilire la pace e la sicurezza internazionali. Questa disposizione riflette l’integrazione del sistema di difesa collettiva NATO nel più ampio quadro del diritto internazionale e della sicurezza collettiva delle Nazioni Unite.
La flessibilità nella risposta e il contributo nazionale
La formulazione dell’articolo 5 preserva la sovranità nazionale nella determinazione delle modalità di risposta agli attacchi. Ogni Stato membro può decidere autonomamente il tipo e l’entità del contributo da fornire, che può assumere forme militari o non militari a seconda delle capacità e delle risorse disponibili. Le azioni vengono comunque coordinate in sede NATO, con l’obiettivo condiviso di ripristinare e mantenere la sicurezza dell’area del Nord Atlantico. Questa flessibilità consente di adattare la risposta alle specifiche circostanze dell’aggressione e alle capacità operative dei singoli alleati, mantenendo al contempo l’unità d’azione dell’Alleanza.
L’impatto strategico durante la Guerra Fredda
Durante i quarant’anni della Guerra Fredda, l’articolo 5 ha svolto una funzione cruciale di deterrenza nei confronti dell’Unione Sovietica e del blocco orientale, pur non venendo mai formalmente invocato. La minaccia di una risposta collettiva degli alleati occidentali ha contribuito a mantenere la stabilità strategica in Europa, scoraggiando tentativi di aggressione che avrebbero potuto scatenare un conflitto globale. Il principio della difesa collettiva ha garantito con successo la libertà dei Paesi membri e ha prevenuto la guerra in Europa per tutto il periodo del confronto bipolare.
Le sfide contemporanee e le nuove applicazioni
Nel contesto geopolitico attuale, l’articolo 5 assume nuova rilevanza strategica in relazione al conflitto russo-ucraino e alle crescenti tensioni internazionali. Sebbene l’Ucraina non sia membro dell’Alleanza, si è sviluppato un dibattito sull’estensione delle garanzie previste dall’articolo 5 attraverso meccanismi speciali che potrebbero offrire protezione simile a quella garantita agli Stati membri. Il ministro della Difesa italiano Guido Crosetto ha dichiarato che si sta facendo strada “l’ipotesi di Meloni su un meccanismo basato sull’articolo 5” che consentirebbe alla NATO di assicurare protezione all’Ucraina “con ciò che prevede l’articolo 5, e cioè la difesa aerea, navale e terrestre dell’Alleanza”.
Le limitazioni e i vincoli costituzionali
L’applicazione dell’articolo 5 deve confrontarsi con i vincoli costituzionali e procedurali dei singoli Stati membri. In Italia, l’articolo 78 della Costituzione stabilisce che “le Camere deliberano lo stato di guerra e conferiscono al Governo i poteri necessari”, mentre l’articolo 87 prevede che il Presidente della Repubblica “dichiara lo stato di guerra deliberato dalle Camere”. Analogamente, negli Stati Uniti il potere di dichiarare guerra spetta al Congresso, rendendo necessario il rispetto dei procedimenti costituzionali interni prima dell’attivazione di misure militari. L’articolo 52 della Costituzione italiana stabilisce che “la difesa della Patria è sacro dovere del cittadino” e che “il servizio militare è obbligatorio nei limiti e modi stabiliti dalla legge”.
La dimensione multilaterale e il coordinamento operativo
L’Alleanza Atlantica non dispone di un esercito proprio, ma si avvale delle forze armate dei Paesi membri che rimangono sotto il comando e controllo esclusivo dei rispettivi Capi di Stato maggiore fino a quando non vengono assegnate alla NATO per specifiche operazioni. Questo sistema garantisce il mantenimento della sovranità nazionale sulle forze armate, consentendo al contempo il coordinamento operativo necessario per l’efficacia della difesa collettiva. Il meccanismo prevede la pianificazione congiunta attraverso le strutture politiche e militari dell’Alleanza, assicurando l’interoperabilità e l’integrazione delle capacità militari nazionali.
L’articolo 5 del Trattato NATO continua a rappresentare un pilastro fondamentale dell’architettura di sicurezza occidentale, adattandosi alle nuove sfide del panorama geopolitico contemporaneo. La sua formulazione bilanciata tra impegno collettivo e flessibilità nazionale ha dimostrato la capacità di evolversi mantenendo la propria efficacia deterrente, confermandosi come uno degli strumenti più influenti del diritto internazionale della sicurezza. L’esperienza dell’11 settembre ha evidenziato la capacità dell’Alleanza di rispondere a minacce asimmetriche, mentre le attuali tensioni internazionali stanno sollecitando nuove forme di applicazione che potrebbero estendere le garanzie di sicurezza oltre i confini tradizionali dell’appartenenza formale all’organizzazione.Per restare sempre aggiornato scarica GRATIS la nostra App!