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“Sto invecchiando”, 38enne ha mal di schiena ma era un tumore : morto in due mesi

Steve Burrows, 38enne britannico affetto da poliposi adenomatosa familiare, è morto in otto settimane dopo aver sottovalutato un persistente mal di schiena che si è rivelato essere un tumore al retto al quarto stadio.

Una storia che ha sconvolto la Gran Bretagna e che mette sotto i riflettori l’importanza della diagnosi precoce oncologica. Steve Burrows, trentottenne inglese di St Neots nel Cambridgeshire, è deceduto il 27 settembre scorso dopo appena otto settimane dalla comparsa dei primi sintomi, inizialmente sottovalutati sia dal paziente che dal sistema sanitario locale.

Il dramma ha avuto inizio alla fine del mese di luglio 2025, quando Burrows ha iniziato ad avvertire un dolore persistente nella parte bassa della schiena. L’uomo, padre di quattro figli, aveva attribuito quei fastidi ai primi acciacchi dell’età, scherzando con amici e familiari sulla propria “vecchiaia” nonostante i suoi soli 38 anni. Una reazione comprensibile che, tuttavia, si è rivelata fatale per il ritardo diagnostico che ne è conseguito.

Convinto di soffrire di una banale sciatica, Burrows ha tentato di alleviare il dolore attraverso esercizi di stretching e posizioni yoga, seguendo quello che comunemente si fa per i dolori muscolo-scheletrici. La sua ex compagna, Bethan Kester, ha raccontato ai media britannici come “si metteva in ginocchio davanti al divano per cercare di allungarsi, convinto che fosse sciatica”, descrivendo un quadro familiare a molti che hanno sperimentato dolori lombari.

Tuttavia, il dolore non solo non diminuiva, ma si intensificava progressivamente, diventando “praticamente costante per tutto il giorno”, alternando momenti di fastidio sordo ad altri di dolore acuto e lancinante. Solo verso la fine di agosto, quando la sofferenza era diventata insopportabile, Burrows si è deciso a recarsi al pronto soccorso per sottoporsi agli accertamenti necessari.

Gli esami di imaging hanno rivelato la drammatica verità: non si trattava di problemi muscolo-scheletrici, ma di un carcinoma del retto al quarto stadio, già esteso ad altre parti del corpo. Il dolore che aveva interpretato come un banale mal di schiena era in realtà causato dalle masse tumorali che premevano sui nervi spinali, determinando quella sintomatologia dolorosa che aveva erroneamente ricondotto a cause meccaniche.

La situazione clinica di Burrows era resa ancora più complessa dalla presenza di una patologia ereditaria preesistente: la poliposi adenomatosa familiare (FAP), diagnosticata durante l’infanzia e che aveva già richiesto un intervento chirurgico a tredici anni per la rimozione di parte del retto. Questa condizione genetica, che comporta la formazione di centinaia o migliaia di polipi intestinali, aumenta significativamente il rischio di sviluppare tumori colorettali, rendendo ancora più drammatica la mancata tempestività nella diagnosi.

Secondo le dichiarazioni dell’oncologo Nicola Silvestris, segretario nazionale dell’Associazione Italiana di Oncologia Medica (AIOM), “il tumore al colon retto è un tipo di neoplasia con esordio insidioso, sintomi vaghi e aspecifici. Può dare metastasi alla colonna vertebrale, da qui il forte dolore scambiato per un innocuo mal di schiena”. L’esperto sottolinea come “il ‘fai da te’ può essere letale” e raccomanda di “andare dal proprio medico di medicina generale che ha le competenze per dare il giusto inquadramento alla sintomatologia”.

Il caso di Burrows si inserisce in un quadro epidemiologico preoccupante: l’incidenza del cancro del colon-retto a esordio precoce, definito da una diagnosi prima dei 50 anni, è aumentata negli ultimi decenni a un ritmo allarmante. Secondo recenti studi pubblicati su JAMA Network Open, quasi la metà degli individui con questo tipo di tumore presenta sangue nelle feci e dolore addominale, mentre un quarto manifesta alterazioni delle abitudini intestinali. La diagnosi risulta spesso tardiva, dai quattro ai sei mesi dalla presentazione iniziale dei sintomi.

La metastatizzazione vertebrale rappresenta una complicanza particolarmente insidiosa dei tumori colorettali. Le cellule neoplastiche raggiungono la colonna vertebrale attraverso la via ematica, proliferando e sostituendo il tessuto osseo normale. Questo processo determina un indebolimento delle vertebre e, soprattutto, la compressione delle strutture nervose che genera quel dolore sordo e continuo che tende a peggiorare a riposo o durante la notte, caratteristiche che avrebbero dovuto rappresentare un campanello d’allarme.

La poliposi adenomatosa familiare, condizione di cui soffriva Burrows, è una patologia ereditaria che si trasmette con modalità autosomica dominante ed è dovuta a mutazioni germinali nel gene APC. Chi ne è portatore ha una probabilità del 50% di trasmettere la malattia ai propri figli. La condizione comporta lo sviluppo di adenomi che, se non trattati tempestivamente, evolvono quasi inevitabilmente verso forme maligne nell’arco di circa dieci anni dalla loro comparsa.

Dopo la diagnosi, ricevuta appena un mese prima del decesso, le condizioni di Burrows si sono deteriorate rapidamente. L’uomo è stato trasferito in un hospice dove si è spento, lasciando quattro figli e una compagna che ha voluto rendere pubblica questa tragica esperienza per sensibilizzare l’opinione pubblica. “È devastante per tutta la mia famiglia”, ha dichiarato Bethan Kester, aggiungendo che “ha devastato il suo corpo prima che qualcuno potesse accorgersene”.

La vicenda solleva importanti questioni relative alla formazione dei medici di medicina generale nella gestione dei sintomi apparentemente aspecifici che potrebbero nascondere patologie oncologiche gravi. Un mal di schiena che dura più di due settimane, resistente alle terapie convenzionali, particolarmente in pazienti con storia personale o familiare di patologie tumorali, dovrebbe sempre richiedere un approfondimento diagnostico.

Gli esperti concordano sul fatto che una diagnosi tempestiva avrebbe potuto modificare significativamente la prognosi. Se diagnosticato e trattato in fase precoce, il cancro del colon presenta un tasso di sopravvivenza a cinque anni superiore al 90%, mentre questo valore precipita all’11% quando la diagnosi avviene in stadio IV. Il ritardo diagnostico in ambito oncologico rappresenta una delle forme più gravi di malasanità, proprio perché il tempo costituisce un fattore cruciale nella lotta contro il cancro.

L’appello lanciato dalla famiglia di Burrows attraverso i media britannici assume quindi un valore che va oltre la dimensione personale del lutto. “Non ignorate i sintomi e non abbiate paura di andare dal medico per un controllo”, sono le parole di Bethan Kester, che aggiunge: “È iniziato tutto come qualcosa di apparentemente normale come un mal di schiena, mai avremmo mai pensato che finisse in questo modo”. Un messaggio che dovrebbe spingere chiunque avverta sintomi inusuali o persistenti a non sottovalutarli e a richiedere tempestivamente un consulto medico.

La storia di Steve Burrows rappresenta un monito per l’intero sistema sanitario e per i pazienti stessi: la sottovalutazione di sintomi apparentemente banali può avere conseguenze drammatiche, specialmente in presenza di fattori di rischio genetici o familiari. La necessità di una maggiore sensibilizzazione sui campanelli d’allarme delle neoplasie e l’importanza di non procrastinare le visite mediche emergono con chiarezza da questa tragica vicenda che ha privato prematuramente quattro bambini del loro padre. Per restare sempre aggiornato scarica GRATIS la nostra App!