Le principali associazioni oncologiche italiane hanno lanciato una proposta di legge d’iniziativa popolare che potrebbe rivoluzionare l’approccio alla lotta contro il tabagismo nel Paese. L’Associazione Italiana di Oncologia Medica, la Fondazione AIRC per la ricerca sul cancro, la Fondazione Umberto Veronesi e la Fondazione AIOM hanno infatti avviato una raccolta firme per introdurre un’accisa fissa di cinque euro su tutti i prodotti da fumo e da inalazione di nicotina, compresi quelli di nuova generazione come sigarette elettroniche e tabacco riscaldato. L’iniziativa, presentata in un convegno al Senato alla vigilia del XXVII Congresso Nazionale AIOM, su iniziativa della vicepresidente del Senato Mariolina Castellone, si propone un duplice obiettivo: ridurre drasticamente il numero di fumatori e reperire nuove risorse per il Servizio Sanitario Nazionale, gravato da decenni dai costi sanitari e sociali del tabagismo.
La proposta nasce dalla consapevolezza che il tabacco continua a rappresentare la principale causa di morte evitabile in Italia, responsabile di un numero di decessi che oscilla tra i 70.000 e i 90.000 ogni anno, quasi la metà per tumori. Francesco Perrone, presidente nazionale di AIOM, insieme a Daniele Finocchiaro, consigliere delegato di Fondazione AIRC, Giulia Veronesi per la Fondazione Umberto Veronesi e Saverio Cinieri, presidente di Fondazione AIOM, hanno illustrato le ragioni che rendono questa proposta non solo necessaria ma urgente, sottolineando come l’obiettivo dichiarato sia quello di rendere il fumo una pratica economicamente insostenibile, soprattutto per i più giovani, che rappresentano il segmento della popolazione più vulnerabile e su cui l’industria del tabacco concentra le proprie strategie di mercato.
Per portare la proposta in Parlamento è necessario raccogliere 50.000 firme autenticate entro la primavera del 2026. Si tratta della prima campagna di questo genere mai realizzata in Italia nel settore del controllo del tabacco. Secondo l’articolo 71 della Costituzione, il popolo esercita l’iniziativa delle leggi mediante la proposta di almeno cinquantamila elettori di un progetto redatto in articoli, che una volta presentato al Presidente di una delle due Camere dovrà essere sottoposto a verifica per accertare la regolarità della richiesta.
I dati relativi alla diffusione del fumo in Italia delineano un quadro allarmante. Quasi un quarto degli adulti fuma regolarmente, percentuale che fatica a diminuire nonostante le politiche di prevenzione degli ultimi decenni: dal 30 per cento del 2008 si è scesi al 24 per cento del 2023. Tra i giovani la situazione appare ancora più critica: un teenager su cinque tra i 15 e i 19 anni fa uso quotidiano di sigarette, comportamento che tende poi a consolidarsi per il resto della vita. Secondo i dati più recenti dell’Istituto Superiore di Sanità, il 24,5 per cento degli italiani tra i 18 e i 69 anni è fumatore, con una percentuale maggiore tra gli uomini rispetto alle donne. Il fumo rappresenta inoltre un problema con forti caratterizzazioni sociali: coinvolge molto di più le persone con difficoltà economiche, con il 36 per cento di fumatori tra chi ha problemi finanziari contro il 21 per cento di chi non ne ha, e coloro con bassa istruzione, con il 30 per cento tra chi ha la licenza media contro il 18 per cento tra i laureati.
L’impatto economico del tabagismo sulla società italiana ammonta a oltre 26 miliardi di euro ogni anno, considerando costi sanitari diretti e indiretti, perdita di produttività e decessi prematuri. Questo dato va confrontato con le entrate fiscali da tabacco, pari a circa 15 miliardi di euro annui: lo Stato incassa quindi poco più della metà di quanto la società spende per fronteggiare i danni causati dal fumo. Il solo costo delle ospedalizzazioni legate al fumo supera 1,64 miliardi di euro all’anno, pari al sei per cento delle spese ospedaliere complessive, di cui 556 milioni di euro per cardiopatia ischemica, 290 milioni per ictus e 229 milioni per tumore del polmone.
Uno degli elementi che rafforza la proposta delle associazioni oncologiche riguarda il confronto con il resto dell’Europa. Come ha evidenziato Maria Sofia Cattaruzza, docente del Dipartimento di Sanità pubblica e Malattie infettive dell’Università Sapienza di Roma, le accise sulle sigarette in Italia risultano tra le più basse del continente: solo 3,19 euro per pacchetto contro i 7,45 euro della Francia e i 9,92 euro della Repubblica d’Irlanda. Il prezzo medio di un pacchetto di sigarette nel nostro Paese oscilla tra i cinque e i sei euro, ben al di sotto dei livelli di altri Paesi europei come il Regno Unito dove si superano i dieci euro, l’Irlanda con oltre 15 euro o la Norvegia che arriva a 13 euro. L’Italia si trova attualmente al diciannovesimo posto sui 27 Paesi dell’Unione Europea più il Regno Unito per livello di tassazione complessiva sul tabacco, con il 78,5 per cento tra accise, IVA e aggio.
Questa differenza di prezzo ha conseguenze concrete sulle politiche di prevenzione. In Irlanda, dove a partire dal 2015 è stata intrapresa una politica di aumenti progressivi che ha portato il pacchetto a costare oggi oltre 15 euro, la percentuale di fumatori è scesa dal 23 per cento al 18 per cento tra il 2015 e il 2021. Anche in Francia, dove i prezzi sono significativamente più alti rispetto all’Italia, si sono registrate riduzioni consistenti nel numero di fumatori, soprattutto tra i giovani meno istruiti.
Le associazioni promotrici stimano che un aumento di cinque euro sul prezzo delle sigarette potrebbe portare a una riduzione del 37 per cento del consumo di tabacco. Questa previsione si basa su evidenze scientifiche internazionali che dimostrano l’efficacia delle politiche fiscali nel contrasto al tabagismo. Studi condotti dal Centro di ricerca sulla gestione dell’assistenza sanitaria e sociale dell’Università Bocconi hanno analizzato gli effetti di un aumento significativo del prezzo delle sigarette sul mercato italiano, dimostrando che un incremento del 10 per cento del prezzo comporta una diminuzione del 5,4 per cento della domanda di tabacco, una riduzione compresa tra l’1,3 e il 2,4 per cento della percentuale di fumatori e un calo del consumo individuale tra il 3,3 e il 7,3 per cento tra i giovani.
Le esperienze internazionali rafforzano ulteriormente l’efficacia di questa strategia. Negli Stati Uniti un incremento del 10 per cento del prezzo del tabacco ha ridotto del 43,9 per cento la probabilità di fumare tra gli adolescenti con genitori meno istruiti. Altri studi hanno dimostrato che la politica di aumento del prezzo delle sigarette ha un forte impatto soprattutto sul consumo di tabacco da parte dei più giovani tra i 18 e i 24 anni, mentre programmi di controllo anti-tabacco risultano più efficaci nel ridurre la prevalenza di fumatori tra gli adulti di 25 anni o più. L’incremento delle entrate derivanti dall’aumento delle accise potrebbe contribuire a reperire risorse preziose per il sistema sanitario, a tutto vantaggio dei cittadini colpiti dal cancro e da altre patologie.
La proposta italiana si inserisce in un contesto europeo di profonda revisione della tassazione sui prodotti del tabacco. La Commissione Europea ha recentemente chiuso una consultazione pubblica per mettere a punto la nuova direttiva sulle accise, denominata TED, che punta a uniformare le imposte su tabacchi e prodotti a base di nicotina, incluse le sigarette elettroniche, in tutti i Paesi membri. L’iniziativa è coordinata dalla Direzione generale per la fiscalità e l’unione doganale della Commissione e si interseca con il più ampio Europe’s Beating Cancer Plan, che mira a ridurre drasticamente l’incidenza del fumo entro il 2040.
Per l’Italia l’adozione di standard minimi europei sulla tassazione si tradurrebbe in un aumento potenziale di circa tre euro a pacchetto. La direttiva prevede un’imposta minima di 215 euro ogni mille sigarette, a fronte dell’attuale accisa italiana fissa di 29,50 euro. Anche per il tabacco trinciato si passerebbe da un’accisa nazionale prevista di 169,50 euro al chilogrammo nel 2028 a un minimo europeo di 215 euro al chilogrammo. Con l’incremento delle nuove aliquote è previsto un aumento delle imposte del 139 per cento per le sigarette tradizionali, del 258 per cento per i tabacchi trinciati e aumenti significativi anche per sigari e prodotti di nuova generazione.
La riforma europea ha suscitato preoccupazioni tra i tabaccai italiani. La Federazione Italiana Tabaccai ha espresso forte contrarietà sostenendo che la Commissione Europea non coglie il legame strettissimo tra incremento della tassazione ed espansione del mercato illecito, quindi l’allargamento del contrabbando. La filiera italiana del tabacco rappresenta infatti un ecosistema economico di grande rilevanza, che contribuisce ogni anno con circa 15 miliardi di euro al gettito erariale tra IVA e accise. Il Parlamento italiano ha chiesto di riconsiderare il perimetro e i tempi della riforma, introducendo flessibilità e periodi transitori che consentano agli operatori economici di adattarsi progressivamente.
Parallelamente alla proposta di legge di iniziativa popolare, il Governo italiano ha già previsto nella Legge di Bilancio 2026 un aumento graduale delle accise sui tabacchi. Le stime prevedono un gettito aggiuntivo di circa 1,5 miliardi di euro nei prossimi tre anni. Nel dettaglio, le accise specifiche per mille sigarette passeranno dagli attuali 29,5 euro a 32 euro nel 2026, poi a 35,5 euro nel 2027 e 38,5 nel 2028. Tradotto per i fumatori, un pacchetto costerà circa 14-15 centesimi in più nel 2026, per un totale di circa 60 centesimi di aumento in tre anni. Il tabacco trinciato subirà il rincaro più marcato, con circa 50 centesimi in più nel 2026, arrivando a un totale di circa 80 centesimi in più entro il 2028. I prodotti riscaldati vedranno aumenti più contenuti e diluiti, stimati attorno ai 12-13 centesimi nel 2026, mentre per i cigarillos è previsto un aumento di circa 28 centesimi dal 2026. Al momento nessuna variazione è in vista per i sigari.
Questi aumenti nazionali, seppur significativi, potrebbero impallidire di fronte alla ben più ampia riforma fiscale allo studio in Europa, che potrebbe far avvicinare il prezzo medio dei pacchetti di sigarette in Italia ai nove-dieci euro, rimanendo comunque al di sotto dei livelli record di Irlanda o Norvegia dove una confezione costa oltre 13 euro. La sfida lanciata dalle associazioni oncologiche con la raccolta firme rappresenta un tentativo di anticipare queste dinamiche europee, inserendo la voce dei cittadini e della comunità scientifica in un dibattito che fino ad oggi ha visto prevalere principalmente le ragioni economiche e gli interessi della filiera del tabacco. Se la proposta riuscirà a raccogliere le 50.000 firme necessarie entro la primavera del 2026, il Parlamento sarà chiamato a discutere una misura che potrebbe salvare migliaia di vite ogni anno e fornire al tempo stesso risorse preziose al sistema sanitario nazionale. Per restare sempre aggiornato scarica GRATIS la nostra App!
