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Sciopero dei farmacisti, primo stop nazionale nelle farmacie private

Primo sciopero nazionale delle farmacie private per il contratto scaduto: sindacati chiedono 360 euro di aumento, Federfarma ne offre 180. Servizio garantito ma possibili disagi.

Giovedì 6 novembre 2025 segna una data storica per il settore farmaceutico italiano, con il primo sciopero nazionale mai indetto dai dipendenti delle farmacie private. Circa 60mila tra farmacisti collaboratori e personale tecnico-amministrativo hanno incrociato le braccia per l’intero turno di lavoro, coinvolgendo le oltre 18mila farmacie private convenzionate con il Servizio Sanitario Nazionale presenti sul territorio.

La mobilitazione, proclamata dalle federazioni di categoria Filcams Cgil, Fisascat Cisl e Uiltucs, arriva dopo la rottura definitiva delle trattative per il rinnovo del Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro, scaduto il 31 agosto 2024. L’astensione di 24 ore, dalla mezzanotte del 6 novembre fino alle 24.00 del 7 novembre, rappresenta la risposta dei lavoratori all’esito negativo della procedura di raffreddamento e conciliazione svoltasi il 20 ottobre scorso e alla successiva sospensione unilaterale del tavolo negoziale da parte di Federfarma, l’associazione che rappresenta i titolari delle farmacie private.

Al centro della controversia si colloca una distanza economica considerevole tra le parti. Federfarma ha formulato una prima proposta di incremento salariale pari a 120 euro lordi mensili, successivamente aumentata a 180 euro per venire incontro alle richieste sindacali. L’offerta prevede anche una serie di benefit aggiuntivi, tra cui servizi di welfare, percorsi formativi mirati in orario di lavoro e garanzie supplementari in materia di maternità e infortunio.

I sindacati hanno tuttavia respinto questa proposta, definendola inadeguata rispetto alle reali necessità dei lavoratori. Le organizzazioni sindacali mantengono la richiesta di un aumento di 360 euro lordi mensili nel triennio, una cifra che secondo le loro stime rappresenta il minimo necessario per adeguare retribuzioni ritenute oggettivamente insufficienti e per riconoscere il ruolo fondamentale del farmacista nella sanità di prossimità. Federfarma, dal canto suo, definisce questa richiesta insostenibile per migliaia di farmacie che garantiscono il servizio nei piccoli centri e nelle aree depresse del Paese.

Le motivazioni dello sciopero vanno oltre la semplice questione salariale. I sindacati denunciano l’atteggiamento di chiusura e di indisponibilità al confronto costruttivo mostrato da Federfarma, che secondo le tre sigle continua a negare aumenti retributivi adeguati al costo della vita e il riconoscimento del valore professionale di chi garantisce quotidianamente un servizio sanitario essenziale per milioni di cittadini.

Le rivendicazioni dei lavoratori si articolano su diversi fronti. Oltre ai giusti adeguamenti salariali in linea con l’inflazione e l’aumento del costo della vita, i sindacati chiedono una migliore conciliazione tra tempi di vita e tempi di lavoro, il riconoscimento della professionalità e la valorizzazione del ruolo nella cosiddetta farmacia dei servizi, oltre a percorsi formativi e di crescita professionale.

Il concetto di farmacia dei servizi rappresenta infatti uno degli elementi centrali della vertenza contrattuale. Si tratta di un modello che ha trasformato le farmacie da semplici dispensatrici di farmaci a veri presidi sanitari territoriali, dove la dispensazione del farmaco convive con attività di prevenzione, monitoraggio e consulenza. Questo processo di evoluzione, avviato con il decreto legislativo 153 del 2009 e rafforzato dalla nuova Convenzione farmaceutica, ha ampliato significativamente le competenze e le responsabilità richieste ai farmacisti, senza che a questo corrisponda secondo i sindacati un adeguato riconoscimento economico e contrattuale.

La questione retributiva si inserisce in un contesto già problematico per l’attrattività della professione farmaceutica. Secondo dati recenti, lo stipendio medio di un farmacista dipendente nelle farmacie private si attesta intorno ai 1.450 euro netti al mese, pari a circa 26.500 euro lordi annui. Per un neolaureato, la retribuzione nei primi tre anni si aggira intorno ai 1.350 euro netti mensili, cifre considerate poco competitive rispetto ad altre professioni sanitarie e ad altri paesi europei.

Questa situazione ha contribuito a generare una carenza strutturale di farmacisti nel settore. Negli ultimi cinque anni, il numero di laureati in Farmacia e Farmacia Industriale è diminuito del 20 per cento, passando da 5.095 nel 2017 a poco più di 4.000 nel 2023. Il fenomeno risulta particolarmente preoccupante in un momento in cui la richiesta di farmacisti è in costante crescita, alimentata dall’ampliamento dei servizi offerti dalle farmacie, dall’apertura di circa 1.800 nuove sedi farmaceutiche determinate dal decreto Cresci Italia del 2012 e dal boom delle parafarmacie.

La giornata di sciopero è stata accompagnata da una articolata mobilitazione su tutto il territorio nazionale, con 25 presidi organizzati davanti a sedi istituzionali e di categoria nelle principali città italiane. A Roma il presidio si è svolto in Piazza San Giovanni, davanti alla sede nazionale di Federfarma. A Milano i farmacisti si sono riuniti sotto la sede della Regione, mentre a Firenze è stato organizzato un presidio regionale unitario in Piazza Duomo. Manifestazioni si sono tenute anche a Torino, sotto la Prefettura di Piazza Castello, a Genova presso la Prefettura di Largo Eros Lanfranco, e in numerosi altri capoluoghi regionali e provinciali, da Bari a Palermo, da Cagliari a Trieste.

Nonostante l’adesione allo sciopero, il servizio farmaceutico è stato garantito alla popolazione. Le farmacie sono rimaste aperte, anche se la questione dei servizi minimi da assicurare ha generato una controversia tra le parti. Secondo le indicazioni fornite dai sindacati alla Commissione di Garanzia, la continuità del servizio minimo per garantire la dispensazione dei farmaci è stata assicurata dalle farmacie di turno di guardia farmaceutica, come definite dalle ordinanze comunali. In queste farmacie è stato presente l’organico preposto a garantire esclusivamente la dispensazione dei farmaci, con e senza ricetta, e dei prodotti caratterizzati da necessità e urgenza.

Federfarma ha tuttavia fornito indicazioni differenti alle farmacie associate, sostenendo che almeno un terzo del personale normalmente utilizzato dovesse garantire la prestazione lavorativa indipendentemente dal fatto che la farmacia fosse in turno obbligatorio o meno, e che dovessero essere garantite almeno il 50 per cento delle prestazioni farmaceutiche indispensabili normalmente erogate da tutte le farmacie aperte sul territorio nazionale.

Farmacieunite, il sindacato nazionale alternativo a Federfarma che riunisce 590 esercizi sul territorio, è intervenuto attraverso il presidente Maurizio Giacomazzi per rassicurare i cittadini. Le farmacie sono rimaste aperte anche in caso di partecipazione dei farmacisti allo sciopero, con i titolari che hanno garantito il servizio al pubblico. Giacomazzi ha invitato la cittadinanza alla collaborazione, riconoscendo che potrebbero essersi verificati alcuni disagi o rallentamenti nei servizi, ma assicurando che il ruolo di presidio sanitario territoriale con la dispensazione dei farmaci è stato comunque mantenuto.

La mobilitazione del 6 novembre rappresenta il culmine di un percorso di confronto e protesta iniziato diversi mesi prima. Il coordinamento nazionale unitario dei delegati Filcams, Fisascat e Uiltucs aveva dato mandato alle segreterie di avviare azioni di mobilitazione già il 20 ottobre. Il 27 ottobre si è svolta una assemblea nazionale unitaria dei lavoratori, partecipata da circa 4.000 farmaciste e farmacisti, che ha definito le tappe successive della vertenza fino alla proclamazione dello sciopero.

Al termine della giornata di astensione, i sindacati hanno rinnovato l’appello a Federfarma affinché torni al tavolo delle trattative, dimostrando di voler effettivamente tutelare i lavoratori delle farmacie private attraverso il riconoscimento di un contratto che rispecchi il valore reale della professione. Le organizzazioni sindacali sottolineano che le farmacie private rappresentano presidi sanitari e sociali essenziali e che la professionalità di farmaciste e farmacisti merita rispetto, riconoscimento e tutele contrattuali all’altezza delle competenze richieste dal servizio.

Da parte sua, Federfarma ribadisce la necessità che le condizioni economiche e normative stabilite dal Contratto Collettivo Nazionale siano sostenibili per tutte le farmacie, grandi e piccole, rurali e urbane, in modo da garantire la capillarità e l’efficienza della rete territoriale. L’associazione dei titolari evidenzia come circa 6.000 farmacie private, pari a un terzo del totale, operino in territori disagiati o spopolati, dove un incremento salariale di 360 euro avrebbe un impatto tale da metterne a rischio l’esistenza.

La vertenza contrattuale nelle farmacie private si inserisce in un quadro più ampio di tensioni nel settore sanitario. Lo sciopero dei farmacisti è stato preceduto il giorno prima, martedì 5 novembre, dall’astensione dei medici di medicina generale, che hanno protestato contro l’eccessiva burocrazia, le scarse tutele e quello che definiscono lo svilimento della figura del medico di famiglia a causa del ruolo unico istituito con la legge Balduzzi del 2012.

Il settore farmaceutico conta attualmente circa 99.000 occupati con un’età media di 41 anni. Tra questi, 57.000 sono farmacisti collaboratori, mentre i titolari di farmacia sono circa 20.000. Si tratta di una professione che continua ad attrarre principalmente le donne, che rappresentano il 79 per cento degli occupati, contro il 21 per cento degli uomini. Il precedente rinnovo contrattuale, firmato nel settembre 2021 dopo otto anni di vacanza contrattuale, era stato accolto con delusione dai lavoratori per gli incrementi salariali ritenuti insufficienti rispetto all’attesa e alle aspettative.

La questione del riconoscimento professionale ed economico dei farmacisti collaboratori assume particolare rilevanza in un momento in cui il ruolo della farmacia territoriale è diventato sempre più centrale nel sistema sanitario nazionale. Durante l’emergenza pandemica, le farmacie hanno rappresentato un punto di riferimento fondamentale per la popolazione, gestendo la somministrazione di tamponi e vaccini anti-COVID. Questa evoluzione ha evidenziato le potenzialità del modello di farmacia dei servizi, ma ha anche messo in luce le criticità di un sistema contrattuale e retributivo che secondo i sindacati non riconosce adeguatamente il valore e le competenze dei professionisti che operano quotidianamente sul territorio.

Le prossime settimane saranno decisive per comprendere se le parti riusciranno a trovare un punto di convergenza che permetta la ripresa delle trattative e la conclusione di un accordo contrattuale. I sindacati non escludono nuove forme di mobilitazione nel caso in cui Federfarma non dimostri disponibilità a rivedere le proprie posizioni su aspetti economici e normativi della proposta contrattuale. Nel frattempo, la giornata del 6 novembre ha segnato un punto di non ritorno, certificando la determinazione dei lavoratori nel rivendicare condizioni professionali ed economiche ritenute più dignitose e coerenti con le responsabilità crescenti che la professione farmaceutica comporta nel contesto della sanità di prossimità italiana. Per restare sempre aggiornato scarica GRATIS la nostra App!