L’8 novembre 2025, il mondo della musica italiana ha dovuto dire addio al maestro Peppe Vessicchio, scomparso all’età di sessantanove anni presso l’ospedale San Camillo di Roma. La causa del decesso, come confermato dal bollettino ufficiale dell’ospedale in accordo con la famiglia, è stata una polmonite interstiziale precipitata molto rapidamente nelle ultime ore. Il direttore d’orchestra era ricoverato nel reparto di rianimazione quando le sue condizioni si sono aggravate in maniera improvvisa e inarrestabile.
La polmonite interstiziale rappresenta una patologia particolarmente insidiosa che colpisce l’interstizio polmonare, ovvero il tessuto che circonda e sostiene gli alveoli, le sacche d’aria dove avviene lo scambio di ossigeno e anidride carbonica. Questa forma di polmonite può degenerare rapidamente compromettendo la funzionalità respiratoria in pochi giorni, portando a insufficienza respiratoria grave e risultando fatale in circa il sessanta per cento dei pazienti entro sei mesi dall’esordio. I sintomi caratteristici includono dispnea, ossia la fame d’aria che inizialmente si manifesta sotto sforzo per poi presentarsi anche a riposo, tosse secca persistente, febbre e spossatezza accentuata.
Le cause della polmonite interstiziale possono essere molteplici, spaziando da infezioni virali o batteriche a malattie autoimmuni, ma tra i fattori scatenanti più pericolosi figura l’inalazione di sostanze chimiche e organiche, in particolare l’esposizione prolungata all’amianto. L’asbestosi, ovvero la fibrosi polmonare causata dall’inalazione di fibre di amianto, rappresenta una malattia polmonare interstiziale che può evolvere in complicanze respiratorie gravi e in tumori come il mesotelioma pleurico. Le fibre di amianto, una volta respirate, raggiungono i polmoni dove esercitano un’azione fibrogena, provocando un processo infiammatorio cronico che porta alla deposizione di collagene nell’interstizio con conseguente ispessimento della parete bronchiale e alveolare.
Proprio questa drammatica connessione tra amianto e patologie respiratorie getta una luce sinistra sull’infanzia di Vessicchio, trascorsa nel quartiere napoletano di Bagnoli tra gli anni sessanta e settanta. In diverse interviste rilasciate negli ultimi anni, il maestro aveva raccontato con dolorosa lucidità la sua vita in un ambiente saturo di sostanze tossiche. Nato il diciassette marzo millenovecentocinquantasei, Vessicchio era figlio di un funzionario dell’Eternit, la fabbrica che produceva manufatti in cemento-amianto. La famiglia viveva in un comprensorio di palazzine nei pressi dello stabilimento, dove l’amianto era letteralmente dappertutto.
Durante un’intervista rilasciata al Corriere della Sera nel marzo duemilaventidue, Vessicchio aveva dichiarato di non poter fumare perché i suoi polmoni non erano perfetti, spiegando che era nato e cresciuto a Bagnoli dove il padre lavorava per l’ex Eternit e l’amianto era ovunque. Il maestro aveva raccontato che nel comprensorio di quattro famiglie dove abitavano, i superstiti erano pochi, e che lui insieme al fratello e alla sorella giocavano con le vasche d’amianto. Oltre all’Eternit, c’era anche l’Italsider con i suoi aghi di ferro, e i bambini si divertivano a riempire sacchi di terriccio per poi passarci sotto dei magneti e vedere gli aghetti.
Nell’intervista a Verissimo con Silvia Toffanin nel duemilaventitrè, Vessicchio aveva fatto riferimento all’eredità tragica di quell’esposizione. Il padre era una vittima dell’amianto, morto proprio per complicazioni respiratorie, mentre la madre era deceduta per un tumore. All’epoca nessuno nella famiglia era a conoscenza dei rischi per la salute, e un indizio inquietante della pericolosità dell’ambiente era il fatto che agli operai della fabbrica veniva regalato del latte da portare a casa ai figli, nella convinzione errata che il latte potesse depurare l’organismo dagli effetti nocivi dell’amianto.
Vessicchio aveva confessato candidamente che i suoi polmoni erano compromessi, non erano quelli di una persona in equilibrio, ma aveva aggiunto che la musica gli dava un grosso aiuto per sostenere tutto questo, e che lo stesso destino probabilmente attendeva anche sua sorella e suo fratello. Il maestro aveva raccontato di aver perso tanti amici d’infanzia, molti dei quali erano morti proprio a causa del mesotelioma della pleura, il tumore maligno associato all’esposizione all’amianto.
Bagnoli rappresentava infatti una delle zone più inquinate d’Italia, dove per quasi centocinquant’anni erano state in funzione industrie pesanti fortemente inquinanti come l’Italsider e l’Eternit, che avevano contaminato il terreno e le falde acquifere dell’area. L’amianto è stata considerata dagli esperti la sostanza cancerogena più aggressiva del novecento, e le conseguenze dell’esposizione possono manifestarsi anche a distanza di trenta o quarant’anni dal contatto con le fibre tossiche. Solo oggi sta emergendo il numero reale dei lavoratori e degli abitanti delle zone limitrofe alle fabbriche che furono contaminati nel corso degli anni sessanta e settanta.
Il quartiere di Bagnoli, con i suoi ventimila abitanti, ha pagato un prezzo altissimo in termini di vite umane e salute pubblica a causa dell’inquinamento industriale. La bonifica dell’area ex Eternit, che si estende per sedici ettari con notevoli quantità di amianto ancora presenti, è iniziata solo nel duemilaventi con interventi che prevedono la rimozione dei terreni contaminati fino a due metri di profondità. Nella prima fase sono stati asportati circa centoventiseimila metri quadri di suoli superficiali interessati da fibre tossiche di amianto, trasferiti addirittura in Svezia per il trattamento.
Vessicchio non aveva mai parlato pubblicamente di una malattia specifica, ma aveva accennato più volte ai problemi polmonari causati dall’esposizione all’amianto durante l’infanzia. Quando nel duemilaventidue aveva contratto il Covid, aveva ammesso di aver avuto paura proprio perché i suoi polmoni non erano sanissimi. Quella tosse che lo aveva costretto a rimandare l’ospitata da Fabio Fazio nelle settimane precedenti la morte era probabilmente il primo sintomo della polmonite interstiziale che lo avrebbe stroncato.
La carriera di Vessicchio era iniziata proprio a Napoli, tra le strade di Bagnoli e Fuorigrotta, dove aveva mosso i primi passi musicali collaborando con artisti della scena napoletana come Edoardo Bennato, Peppino di Capri e Nino Buonocore. La svolta nazionale era arrivata con la proficua collaborazione con Gino Paoli, con il quale aveva firmato brani celebri come Ti lascio una canzone e Cosa farò da grande. Dal millenovecentonovanta era diventato una presenza fissa al Festival di Sanremo, dove ha vinto per quattro volte come direttore d’orchestra, nel duemila con gli Avion Travel e il brano Sentimento, nel duemilatre con Alexia e Per dire di no, nel duemiladieci con Valerio Scanu e Per tutte le volte che, e nel duemilaundici con Roberto Vecchioni e Chiamami ancora amore.
Arrangiatore di grande prestigio, Vessicchio aveva collaborato con i più grandi nomi della musica italiana e internazionale, da Andrea Bocelli a Roberto Vecchioni, da Zucchero Fornaciari a Elio e le Storie Tese, da Ornella Vanoni a Ron e Biagio Antonacci. Nel duemilauno era entrato a far parte del talent show Amici di Maria De Filippi, allora ancora chiamato Saranno Famosi, dove aveva ricoperto il ruolo di docente e direttore d’orchestra fino al duemiladodici, per poi tornare dal duemiladiciotto al duemilaventi. I giovani allievi lo adoravano e lo vedevano come un padre, mentre Maria De Filippi lo ha ricordato con parole commosse definendolo un grande maestro non solo d’orchestra ma di vita.
Vessicchio lascia la moglie Enrica Mormile, sposata nel millenovecentoottantanove, la figlia Alessia, la nipote Teresa e le bisnipoti Alice e Caterina. La famiglia del maestro, sempre estremamente riservata, ha chiesto il massimo riserbo chiedendo che i funerali si svolgessero in forma strettamente privata. Le esequie si sono tenute lunedì dieci novembre alle quindici nella chiesa dei Santi Angeli Custodi di piazza Sempione a Roma, nel quartiere dove il maestro viveva.
La notizia della scomparsa ha suscitato un’ondata di cordoglio nel mondo dello spettacolo e della politica. Fabio Fazio si è detto incredulo e sconvolto, ricordando l’amico come un uomo dolce e gentile, un grande musicista con cui aveva un rapporto di stima sincera e amicizia autentica. La premier Giorgia Meloni ha scritto che dirige l’orchestra il maestro Beppe Vessicchio non era solo una frase, era casa, era Italia. Anche il ministro dei Trasporti Matteo Salvini, il presidente della Camera Lorenzo Fontana e il leader del Movimento Cinque Stelle Giuseppe Conte hanno espresso il loro cordoglio.
Carlo Conti lo ha definito una istituzione, mentre Maria De Filippi ha affidato ai social un messaggio carico di dolore dichiarando che era difficile crederci e che le venivano in mente i suoi occhi sempre sorridenti e comprensivi, occhi che esprimevano saggezza e autorevolezza, gli occhi di un grande maestro non solo d’orchestra ma di vita. Il programma Tu sì que vales e la trasmissione di Rai Uno hanno dedicato un tributo al maestro con standing ovation del pubblico e dei musicisti. Pupo ha annunciato che dal Canada gli avrebbe dedicato un intero concerto, mentre Gianluca Grignani ha scritto poche parole cariche di emozione invitandolo a camminare nel sole.
La storia di Peppe Vessicchio rappresenta una delle tante tragedie silenziose legate all’esposizione all’amianto in Italia, un dramma che ha colpito migliaia di lavoratori e le loro famiglie nel corso del novecento. L’amianto è stato messo fuori legge soltanto nel millenovecentonovantadue, dopo decenni di utilizzo nell’edilizia, nell’industria navale, nelle ferrovie e in innumerevoli altri settori produttivi. Le conseguenze di quella stagione industriale continuano a manifestarsi ancora oggi, a distanza di quaranta o cinquant’anni dall’esposizione, sotto forma di tumori polmonari, mesoteliomi e patologie respiratorie croniche che portano alla morte migliaia di persone ogni anno.
Nel caso di Vessicchio, l’esposizione all’amianto durante l’infanzia e l’adolescenza a Bagnoli ha verosimilmente compromesso la funzionalità polmonare in modo irreversibile, creando le condizioni per l’insorgenza della polmonite interstiziale che lo ha stroncato in pochi giorni. La rapidità con cui la patologia è precipitata testimonia la gravità del danno pregresso ai polmoni, già compromessi da decenni di convivenza con le conseguenze dell’inalazione delle fibre di amianto. Il maestro aveva sempre sostenuto che la musica lo aiutava a sostenere tutto questo, e fino all’ultimo aveva continuato a lavorare con la passione e la dedizione che lo avevano reso una figura insostituibile nel panorama musicale italiano.
La morte di Vessicchio lascia un vuoto incolmabile non solo nel mondo della musica, dove era universalmente riconosciuto come uno dei più grandi direttori d’orchestra e arrangiatori italiani, ma anche nel cuore di milioni di spettatori che lo avevano conosciuto attraverso le sue partecipazioni al Festival di Sanremo e al programma Amici. La sua figura incarnava quel raro equilibrio tra competenza tecnica, rigore musicale e spontaneità popolare, rappresentando un ponte tra la cultura musicale d’élite e il grande pubblico. Con la sua cravatta a pois, la barba lunga e lo sguardo sempre gentile, Vessicchio era diventato un simbolo di eleganza musicale e di passione discreta e artigianale.
La tragedia personale del maestro si inserisce nel più ampio contesto della strage dell’amianto in Italia, che ha causato secondo le stime più prudenti almeno tremila vittime accertate, ma il numero reale è probabilmente molto più alto. L’Eternit, il composto di cemento e amianto brevettato nel millenovecentouno dall’austriaco Ludwig Haatschek, è stato prodotto in quattro stabilimenti italiani tra cui quello di Bagnoli, dove Vessicchio è cresciuto giocando inconsapevolmente con il materiale che gli avrebbe rovinato i polmoni per sempre. Solo oggi, a distanza di oltre trent’anni dalla messa al bando dell’amianto, si sta comprendendo l’entità del disastro sanitario e ambientale causato da decenni di utilizzo sconsiderato di questa sostanza cancerogena.
La vita di Peppe Vessicchio testimonia come il prezzo dello sviluppo industriale novecentesco sia stato pagato non solo dai lavoratori direttamente esposti nelle fabbriche, ma anche dalle loro famiglie e dalle comunità che vivevano nelle vicinanze degli stabilimenti inquinanti. L’eredità tossica di Bagnoli continua a manifestarsi ancora oggi, quaranta o cinquant’anni dopo che le fabbriche hanno chiuso i battenti, sotto forma di malattie respiratorie croniche, tumori e morti premature. La bonifica dell’area procede con lentezza, mentre il costo umano di quella stagione industriale continua ad accumularsi anno dopo anno. Per restare sempre aggiornato scarica GRATIS la nostra App!
