Ictus Cerebrale, cos’è e il legame con il collasso cardiocircolatorio

L’ictus cerebrale, causato da occlusione o rottura di vasi cerebrali, può compromettere i centri di regolazione autonomica provocando uno squilibrio tra attività simpatica e parasimpatica che, attraverso aritmie e alterazioni pressorie, può condurre al collasso cardiocircolatorio irreversibile.

L’ictus cerebrale rappresenta una delle principali emergenze neurologiche, configurandosi come la terza causa di morte in Italia dopo le malattie cardiovascolari e le neoplasie, nonché la prima causa assoluta di disabilità sul territorio nazionale, con circa 185.000 persone colpite ogni anno, di cui 150.000 nuovi casi e 35.000 recidive che si manifestano dopo il primo episodio. L’incidenza di questa grave patologia cerebrovascolare aumenta proporzionalmente all’età della popolazione generale: si registra infatti una bassa frequenza fino ai 40-45 anni, per poi crescere gradualmente dopo i 70 anni, con il 75% dei casi che interessa individui con più di 65 anni e un’incidenza media di circa 220 casi su 100.000 abitanti, raggiungendo valori di 280 casi nella popolazione ultraottantenne.

La definizione scientifica di ictus cerebrale si riferisce a una lesione cerebrovascolare causata dall’improvvisa chiusura o rottura di un vaso cerebrale e dal conseguente danno alle cellule nervose dovuto alla mancanza dell’ossigeno e dei nutrimenti trasportati dal sangue, o alla compressione provocata dal sangue fuoriuscito dal vaso. Il termine ictus, dal latino “colpo”, descrive efficacemente la natura improvvisa dell’evento, che spesso si verifica senza preavviso e senza dolore, analogamente a quanto accade per un attacco cardiaco, sebbene con conseguenze potenzialmente devastanti per la funzionalità cerebrale.

La letteratura medica contemporanea classifica due principali tipologie di ictus cerebrale: l’ictus ischemico, che rappresenta circa l’80% di tutti i casi, e l’ictus emorragico, responsabile del restante 20%. Nel caso dell’ictus ischemico, il meccanismo patologico consiste nell’occlusione di un’arteria cerebrale con conseguente riduzione dell’apporto ematico e quindi di ossigeno e nutrienti al tessuto cerebrale. Questo processo fisiopatologico provoca rapide alterazioni della funzionalità delle cellule cerebrali che conducono in breve tempo alla necrosi della porzione di tessuto cerebrale maggiormente colpita dall’ischemia, denominata “core ischemico”, attorno alla quale si configura una porzione di tessuto in sofferenza ischemica ma potenzialmente recuperabile, identificata come “penombra ischemica”.

L’occlusione arteriosa alla base dell’ictus ischemico può verificarsi attraverso diversi meccanismi: la formazione di un coagulo di sangue (trombo) all’interno dell’arteria stessa, spesso in corrispondenza di irregolarità preesistenti della parete vascolare come le placche ateromasiche, configurando una trombosi cerebrale; oppure l’arrivo di coaguli (emboli) provenienti da altre sedi, generalmente dal cuore o dalle grosse arterie del collo già compromesse da placche ateromasiche, determinando un’embolia cerebrale. L’ictus emorragico, invece, si verifica quando un vaso sanguigno cerebrale si rompe, provocando la fuoriuscita di sangue all’interno del tessuto cerebrale (emorragia intraparenchimale) o nello spazio subaracnoideo (emorragia subaracnoidea).

La comprensione del legame tra ictus cerebrale e collasso cardiocircolatorio irreversibile richiede un’analisi approfondita dei meccanismi fisiopatologici che interconnettono il sistema nervoso centrale e il sistema cardiovascolare. Il cervello, organo estremamente sensibile alle variazioni di apporto ematico, dipende completamente dalla fosforilazione ossidativa del glucosio per la formazione di ATP, molecola energetica fondamentale per il funzionamento cellulare. Quando un ictus colpisce le regioni cerebrali deputate al controllo delle funzioni autonomiche, in particolare quelle che regolano l’attività cardiovascolare, può verificarsi una cascata di eventi che culmina nel collasso cardiocircolatorio.

Numerosi studi hanno evidenziato come la disfunzione del sistema nervoso autonomo rappresenti una complicazione comune dell’ictus ischemico, con un’importante lateralizzazione emisferica nel controllo dell’attività autonomica. In particolare, la corteccia insulare, struttura cerebrale profonda, svolge un ruolo cruciale nella rete autonomica centrale. Ricerche scientifiche hanno dimostrato un’attività simpatica significativamente più elevata negli infarti insulari rispetto a quelli non insulari, con parametri cardiovascolari concomitantemente elevati nei pazienti con ictus insulare. L’attivazione patologica del sistema nervoso simpatico risulta particolarmente eccessiva negli ictus dell’emisfero destro che coinvolgono la corteccia insulare, suggerendo una lateralizzazione emisferica nell’attività autonomica mediata dalla corteccia insulare destra.

Il meccanismo attraverso cui l’ictus può condurre al collasso cardiocircolatorio irreversibile si articola attraverso diverse fasi interconnesse. In primo luogo, il danno cerebrale causato dall’ictus può compromettere i centri di regolazione autonomica, determinando uno squilibrio tra attività simpatica e parasimpatica. Questo squilibrio, caratterizzato prevalentemente da un’iperattivazione simpatica, può indurre aritmie cardiache potenzialmente fatali, alterazioni della pressione arteriosa e disfunzione miocardica. In secondo luogo, l’incremento della pressione intracranica conseguente all’ictus, particolarmente evidente nelle forme emorragiche, può attivare il riflesso di Cushing, una risposta fisiologica che consiste nell’aumento della pressione arteriosa sistemica come meccanismo compensatorio per mantenere un’adeguata perfusione cerebrale.

Quando la pressione intracranica supera i 20 mmHg, compaiono aree di ischemia locale, mentre a valori superiori ai 50 mmHg sopraggiunge l’ischemia totale. Secondo la legge di Monro-Kellie, il cranio costituisce un contenitore rigido all’interno del quale la somma del volume cerebrale, del liquido cerebrospinale e del volume sanguigno intracranico deve rimanere costante. Pertanto, l’incremento di uno di questi componenti necessita di una riduzione compensatoria degli altri per evitare l’aumento della pressione intracranica. Se i meccanismi compensatori vengono sopraffatti, come accade nell’ictus emorragico di notevole entità, si verifica un’ipertensione intracranica critica che può compromettere la perfusione cerebrale globale, inclusi i centri vitali del tronco encefalico responsabili della regolazione cardiovascolare.

Il progressivo deterioramento delle funzioni autonomiche può condurre a un circolo vizioso in cui l’instabilità emodinamica aggrava ulteriormente il danno cerebrale, che a sua volta compromette maggiormente la regolazione cardiovascolare. Questo processo può culminare nel collasso cardiocircolatorio irreversibile, caratterizzato dall’incapacità del sistema cardiovascolare di mantenere un’adeguata perfusione tissutale, con conseguente disfunzione multiorgano e, infine, arresto cardiaco.

I fattori di rischio associati all’ictus cerebrale e alle sue complicanze cardiovascolari sono molteplici e comprendono elementi modificabili e non modificabili. Tra i fattori non modificabili si annoverano l’età avanzata, che rappresenta il principale fattore di rischio con un’incidenza che raddoppia ogni decade dopo i 55 anni, il sesso, la razza/etnia e la predisposizione genetica. I fattori modificabili includono invece l’ipertensione arteriosa, che costituisce il principale fattore di rischio per l’ictus emorragico, il diabete mellito, la fibrillazione atriale e altre cardiopatie, il fumo di sigaretta, l’obesità, la sedentarietà, l’alimentazione scorretta e l’abuso di alcol o droghe.

La comprensione dei meccanismi fisiopatologici che legano l’ictus cerebrale al collasso cardiocircolatorio irreversibile riveste un’importanza fondamentale non solo per il progresso delle conoscenze scientifiche, ma anche per lo sviluppo di strategie terapeutiche mirate a prevenire o limitare le complicanze cardiovascolari dell’ictus, potenzialmente in grado di ridurre la mortalità associata a questa devastante patologia neurologica che continua a rappresentare una delle principali cause di morte e disabilità nella popolazione mondiale.