Il massiccio blackout che il 29 aprile ha paralizzato la penisola iberica, lasciando milioni di persone senza elettricità, continua a generare dibattito sulle reali cause dell’incidente. Mentre tecnici e autorità sono ancora al lavoro per determinare con precisione l’origine del guasto, sui social e sui media tradizionali si è rapidamente diffusa una narrazione che attribuisce la responsabilità all’eccesso di energia rinnovabile nella rete spagnola. Una visione che il premier Pedro Sánchez e i vertici della Red Eléctrica Española hanno categoricamente smentito, definendola una vera e propria campagna di disinformazione volta a discreditare la transizione energetica.
L’incidente ha avuto inizio alle 12:33 del 29 aprile, quando un’improvvisa oscillazione nei flussi di potenza ha provocato in soli cinque secondi la perdita di circa 15.000 megawatt, equivalenti al 60% dell’energia che veniva consumata in quel momento in Spagna. Questa imponente perdita di generazione ha innescato un effetto a catena che ha portato alla disconnessione della rete iberica da quella europea, causando il collasso del sistema elettrico e lasciando al buio Spagna, Portogallo e parte del sud della Francia. Un evento che Eduardo Prieto, direttore dei Servizi per le Operazioni di Red Eléctrica, ha definito “un fatto assolutamente eccezionale”, senza precedenti nella storia energetica del paese.
Le prime analisi tecniche hanno localizzato l’origine del problema nella regione sud-occidentale della Spagna, un’area caratterizzata da un’alta concentrazione di impianti fotovoltaici, alimentando così le speculazioni sul ruolo delle rinnovabili. “Il fatto che le disconnessioni si siano prodotte nella regione sud-ovest peninsulare può far pensare che la perdita di generazione sia solare”, ha dichiarato lo stesso Prieto, aggiungendo che sono state identificate “condizioni compatibili con le oscillazioni rilevate” nel momento del blackout. Questa dichiarazione, tuttavia, è stata accompagnata dalla precisazione che si tratta di conclusioni preliminari e che è necessaria un’indagine approfondita per determinare le cause esatte.
Nonostante l’incertezza sulle cause tecniche precise, il premier spagnolo Pedro Sánchez è intervenuto con fermezza per contrastare la narrazione che attribuisce la responsabilità alle energie rinnovabili. “La fretta non deve indurci a disinformazione o errori, non c’è stato alcun problema di eccesso di energia rinnovabile, né di mancanza di copertura o di domanda insoddisfatta”, ha affermato il leader socialista, aggiungendo che “chi collega questo incidente alla mancanza di energia nucleare, francamente, sta mentendo o dimostrando la propria ignoranza”. Sánchez ha inoltre precisato che, contrariamente a quanto sostenuto da alcuni commentatori, le centrali nucleari hanno reso le cose più difficili poiché è stato necessario deviare energia per mantenere il nucleo stabile: sono state le prime a scollegarsi e le ultime a ricollegarsi.
Anche Beatriz Corredor, presidente di Red Eléctrica Española, ha respinto le accuse mosse contro le fonti pulite, affermando che le energie rinnovabili funzionano in modo “stabile”. A sostegno di questa posizione è intervenuta anche UNEF, la patronal del settore fotovoltaico, che ha difeso l’operato degli impianti solari, sostenendo che le piante fotovoltaiche non si sono disconnesse volontariamente, ma “sono state disconnesse dalla rete”. L’associazione ha inoltre ricordato che l’energia immessa nella rete era stata programmata il giorno precedente e che al momento dell’incidente si stava rispettando rigorosamente tale programmazione, sottolineando come la tecnologia fotovoltaica sia ormai “matura” e in grado di rispondere a tutte le esigenze della rete.
Nonostante queste rassicurazioni, alcuni esperti hanno sollevato dubbi sulla capacità dell’attuale sistema elettrico spagnolo di gestire l’alta percentuale di energie rinnovabili. Carlos Cagigal, esperto nel settore energetico, ha sostenuto in un’intervista televisiva che il blackout sarebbe stato causato da un sovraccarico dovuto alla sovrapproduzione di energia verde: “La generazione di energie rinnovabili ha superato il 100% della domanda”. Secondo Cagigal, “l’infrastruttura energetica spagnola oggi non è preparata a immagazzinare tutta l’energia prodotta”, paragonando la situazione a “quando hai un picco di consumo in casa tua e i fusibili saltano”. Una posizione che sembra trovare un parziale riscontro in un documento finanziario pubblicato a febbraio da Redeia, la società madre di REE, in cui si avvertiva che “l’alta penetrazione di generazione rinnovabile senza le capacità tecniche necessarie per un adeguato comportamento in caso di perturbazioni può generare disconnessioni di generazione”.
Va osservato che al momento del blackout la composizione energetica spagnola era effettivamente dominata dalle rinnovabili, con l’81,48% dell’energia prodotta da fonti pulite: il 54,86% proveniva dal solare fotovoltaico, il 10,87% dall’eolico, il 9,86% dall’idroelettrico e il 10,52% dal nucleare. Un dato che, sebbene significativo, non costituisce di per sé una prova della responsabilità delle rinnovabili nel causare il blackout, come ha sottolineato lo stesso Sánchez, ricordando che in Spagna vi sono stati giorni in cui il 100% del fabbisogno energetico è stato coperto da fonti verdi senza alcun problema.
Per fare chiarezza sulle reali cause dell’incidente, il governo spagnolo ha istituito una commissione d’inchiesta indipendente guidata dal Ministero per la Transizione Ecologica. Nel frattempo, sono state escluse alcune ipotesi inizialmente ventilate: non si è trattato di un cyberattacco, come confermato dalla stessa Red Eléctrica (“possiamo escludere un incidente di cybersicurezza nelle installazioni di rete elettrica e al centro di controllo”), né di un fenomeno atmosferico insolito, come certificato dal servizio meteorologico nazionale Aemet.
La narrazione che attribuisce la colpa alle rinnovabili si inserisce in un più ampio dibattito sulla transizione energetica europea, in un momento in cui la Spagna sta perseguendo l’ambizioso obiettivo di un sistema elettrico 100% rinnovabile entro il 2050. Un dibattito che, come dimostra il caso del blackout, è spesso inquinato da semplificazioni eccessive e strumentalizzazioni politiche. La realtà, come spesso accade per i fenomeni complessi, è probabilmente più sfumata: se da un lato appare prematuro e ideologicamente orientato attribuire automaticamente la responsabilità dell’incidente alle energie rinnovabili, dall’altro emergono interrogativi legittimi sulla necessità di adeguare le infrastrutture di rete e i sistemi di stoccaggio per gestire efficacemente la crescente quota di energia proveniente da fonti intermittenti come il sole e il vento.
In attesa dei risultati dell’inchiesta ufficiale, l’unica certezza è che il blackout iberico rappresenta un campanello d’allarme per tutti i sistemi elettrici europei, chiamati a gestire la complessa transizione verso un modello energetico più sostenibile senza comprometterne l’affidabilità. Un equilibrio delicato che richiede investimenti adeguati, pianificazione attenta e, soprattutto, un dibattito pubblico basato su dati scientifici piuttosto che su narrazioni ideologiche preconcette.