Isolato un nuovo batterio sulla Stazione spaziale cinese: “Mai visto sulla Terra”

Sulla Stazione Spaziale Cinese Tiangong è stato isolato un batterio mai visto prima sulla Terra, denominato Niallia tiangongensis. Scoperto nel 2023 e studiato per due anni, questo microrganismo ha sviluppato meccanismi unici di adattamento all’ambiente spaziale, suscitando interesse per le implicazioni sulla salute degli astronauti e le potenziali applicazioni biotecnologiche.

Un batterio mai osservato prima sulla Terra è stato identificato a bordo della Stazione Spaziale Cinese Tiangong, aprendo nuovi interrogativi sulle capacità di adattamento dei microrganismi in ambienti estremi. Il nuovo microrganismo, ufficialmente denominato Niallia tiangongensis, è stato isolato dai tamponi prelevati dall’equipaggio della missione Shenzhou-15 nel maggio 2023 e analizzato per quasi due anni prima dell’annuncio ufficiale da parte della China Manned Space Agency, che ha confermato la scoperta attraverso uno studio pubblicato sull’International Journal of Systematic and Evolutionary Microbiology.

La ricerca, condotta dagli scienziati dello Shenzhou Space Biotechnology Group e dell’Institute of Spacecraft System Engineering di Pechino, ha rivelato che questo batterio è imparentato con il Niallia circulans, un microrganismo del suolo terrestre che in passato era classificato come una forma patogena del genere Bacillus e potenzialmente pericoloso per l’uomo, essendo associato a infezioni e sepsi.

Caratteristiche uniche del microrganismo spaziale

Il nuovo ceppo batterico, trovato sulla superficie di un hardware della stazione orbitante cinese, presenta caratteristiche morfologiche e genetiche che lo distinguono nettamente dai suoi parenti terrestri. I ricercatori hanno classificato Niallia tiangongensis come un batterio Gram-positivo, aerobico, sporigeno e dalla forma bastoncellare, capace di formare spore resistenti a condizioni ambientali estremamente avverse come calore intenso, radiazioni e carenza di nutrienti.

Le analisi genomiche hanno rivelato una dimensione del genoma di 5.166.230 coppie di basi con un contenuto di G+C del 35,6%, mentre i valori di identità nucleotidica media e ibridazione DNA-DNA digitale tra Niallia tiangongensis e Niallia circulans sono rispettivamente dell’83,3% e del 27,5%, entrambi al di sotto delle soglie raccomandate per la delineazione delle specie, confermando così che si tratta effettivamente di una nuova specie batterica.

Particolarmente interessante è la capacità unica di questo microrganismo di idrolizzare la gelatina, utilizzandola come substrato per ricavare azoto e carbonio in ambienti con nutrienti limitati, una caratteristica che gli consente di costruire biofilm protettivi per sopravvivere in condizioni ambientali difficili. Questa particolare abilità, assente nei suoi cugini terrestri, suggerisce un adattamento specifico all’ambiente spaziale caratterizzato da microgravità, radiazioni e limitazioni nutrizionali.

Meccanismi di adattamento all’ambiente spaziale

L’analisi genomica di Niallia tiangongensis ha rivelato differenze strutturali e funzionali nelle proteine BshB1 e SplA, che potrebbero migliorare la formazione di biofilm, la risposta allo stress ossidativo e la riparazione dei danni da radiazioni, favorendo così la sua sopravvivenza nell’ostile ambiente spaziale. In particolare, il batterio dimostra una straordinaria resistenza allo stress, mantenendo l’equilibrio redox cellulare e garantendo una crescita robusta in condizioni estreme attraverso la regolazione della biosintesi del bacillithiol (BSH), un meccanismo che gli permette di contrastare efficacemente lo stress ossidativo indotto dall’ambiente spaziale.

Sebbene abbia sviluppato queste capacità avanzate di adattamento, Niallia tiangongensis sembra aver perso la capacità di sfruttare altre fonti energetiche utilizzate dai suoi parenti terrestri, un compromesso evolutivo che potrebbe essere direttamente correlato alla specializzazione per la vita in orbita. Gli scienziati non hanno ancora chiarito se questo batterio si sia evoluto direttamente nello spazio o se sia arrivato sulla Tiangong sotto forma di spore, mantenendo e sviluppando alcune caratteristiche distintive nel nuovo ambiente.

Implicazioni per la salute degli astronauti e le missioni spaziali

La scoperta di Niallia tiangongensis solleva importanti interrogativi sulla sicurezza biologica delle missioni spaziali di lunga durata. Considerando la parentela con il patogeno umano Niallia circulans, associato a infezioni delle ferite, gli scienziati stanno valutando attentamente il potenziale rischio che questa nuova specie potrebbe rappresentare per la salute degli astronauti. Comprendere le caratteristiche dei microrganismi durante le missioni spaziali è infatti essenziale non solo per salvaguardare il benessere degli equipaggi, ma anche per mantenere la funzionalità delle strutture orbitanti.

Questa scoperta evidenzia la sorprendente facilità con cui alcuni batteri riescono non solo a sopravvivere, ma anche ad adattarsi e proliferare negli habitat orbitanti, un fenomeno che assume particolare rilevanza nel contesto delle future missioni di esplorazione spaziale umana verso la Luna e Marte, dove gli astronauti trascorreranno periodi sempre più lunghi in ambienti isolati. La ricerca fa parte del più ampio China Space Station Habitation Area Microbiome Programme (CHAMP), un’iniziativa che mira a comprendere meglio come i microrganismi si comportano in condizioni di microgravità e le loro potenziali implicazioni.

Potenziali applicazioni biotecnologiche

Non tutte le implicazioni della scoperta di questo nuovo batterio sono necessariamente negative. La sua notevole capacità di adattamento agli ambienti estremi potrebbe fornire preziose informazioni per lo sviluppo di biotecnologie terrestri e spaziali. Decodificare i meccanismi di sopravvivenza di Niallia tiangongensis potrebbe infatti aiutare gli scienziati a progettare strategie di controllo precise e mirate per i microrganismi, con potenziali applicazioni in diversi settori, dalla tecnologia spaziale all’agricoltura, dall’industria alla medicina.

La comprensione dei meccanismi che permettono a questo batterio di combattere lo stress ossidativo e riparare i danni da radiazioni potrebbe inoltre contribuire allo sviluppo di nuove strategie per proteggere gli astronauti durante le missioni spaziali di lunga durata, dove l’esposizione prolungata alle radiazioni cosmiche rappresenta uno dei principali rischi per la salute.

Un fenomeno non isolato

La scoperta di Niallia tiangongensis sulla Stazione Spaziale Cinese non rappresenta un caso isolato. Fenomeni simili sono stati osservati anche sulla Stazione Spaziale Internazionale, dove nel 2018 sono stati identificati cinque ceppi correlati all’agente patogeno opportunista Enterobacter bugandensis, seguiti l’anno successivo da altri otto ceppi geneticamente distinti dai loro omologhi terrestri.

Recentemente, il Jet Propulsion Laboratory (JPL) della NASA ha inoltre annunciato l’identificazione di 26 nuove specie batteriche nelle cosiddette “camere bianche” utilizzate nel 2007 per preparare il lander Phoenix Mars, dimostrando che anche gli ambienti considerati sterili possono ospitare forme di vita microbica dotate di specifici geni responsabili della riparazione del DNA e della resistenza a sostanze tossiche.

Queste scoperte collettive ampliano significativamente la nostra comprensione della biologia dei microrganismi e della loro straordinaria capacità di adattamento, sollevando nuovi interrogativi sul loro potenziale impatto sulla salute degli astronauti e sul loro possibile utilizzo nelle future esplorazioni spaziali, confermando che l’universo è ancora pieno di sorprese, anche a livello microscopico.