Una formazione rocciosa dalle sembianze di piramide perfetta, situata nel cuore dell’Antartide, ha catturato l’attenzione globale dal 2016, quando le immagini satellitari diffuse attraverso Google Earth hanno rivelato al mondo questa straordinaria struttura geologica. La montagna, alta 1.265 metri e caratterizzata da quattro facce simmetriche che ricordano le antiche piramidi egizie, si erge maestosa nelle Ellsworth Mountains meridionali, alle coordinate 79°58’39.25″S 81°57’32.21″W, alimentando teorie fantasiose che spaziano dalle civiltà perdute agli interventi extraterrestri.
La scoperta di questa catena montuosa risale tuttavia al 23 novembre 1935, quando l’aviatore americano Lincoln Ellsworth, durante un volo transantartico dall’isola di Dundee verso Little America, avvistò per la prima volta questi rilievi dalle forme spettacolari. La spedizione di Ellsworth, condotta insieme al pilota canadese Herbert Hollick-Kenyon a bordo del Northrop Gamma Polar Star, rappresentò un momento cruciale nell’esplorazione antartica, contribuendo alla mappatura aerea di uno dei continenti più inaccessibili del pianeta. La regione, successivamente denominata Heritage Range in onore della ricchezza di reperti fossili rinvenuti, custodisce testimonianze geologiche di straordinario valore scientifico, inclusi trilobiti del periodo Cambriano risalenti a oltre 500 milioni di anni fa.
La forma piramidale di questa montagna, che ha scatenato l’immaginazione di teorici del complotto e appassionati di misteri, trova invece una spiegazione scientifica rigorosa nei processi di erosione che hanno modellato la struttura geologica nel corso di centinaia di milioni di anni. Gli esperti in scienze ambientali, tra cui il professor Mauri Pelto del Nichols College di Dudley, Massachusetts, evidenziano come la configurazione simmetrica della montagna sia il risultato di un fenomeno noto come erosione da gelo-disgelo, un processo ciclico che si verifica quando l’acqua e la neve penetrano nelle fessure rocciose durante le ore diurne, per poi congelare ed espandersi durante la notte, causando la progressiva frantumazione e modellazione della superficie montana.
Questo meccanismo erosivo, ripetutosi innumerevoli volte nell’arco di ere geologiche, ha scolpito tre dei quattro lati della montagna con una velocità di erosione sostanzialmente uniforme, suggerendo una composizione rocciosa omogenea che non presenta strati di durezza differente. Il quarto lato, rappresentato dalla cresta orientale, presenta invece caratteristiche distinte, estendendosi verso est e innalzandosi verso terreni più elevati, indicando come i processi erosivi abbiano agito in maniera meno uniforme su questo versante specifico. Eric Rignot, professore di scienze del sistema terrestre presso l’University of California di Irvine, sottolinea come forme piramidali non siano impossibili in natura, citando esempi analoghi come il Cervino nelle Alpi e il Monte Bulandstindur in Islanda, formazioni che condividono processi di modellazione simili.
La terminologia scientifica classifica questa e altre formazioni simili come nunatak, termine derivato dalla lingua inuit che significa “picco isolato” e utilizzato in geologia e glaciologia per definire sommità montuose non coperte da neve o ghiaccio che emergono all’interno o ai margini di campi di ghiaccio, ghiacciai o calotte glaciali. Questi picchi rocciosi, spesso denominati anche “isole glaciali”, presentano caratteristiche morfologiche distintive, con forme spigolate e frastagliate risultanti dai cicli di scongelamento a cui sono sottoposti, in netto contrasto con i contorni arrotondati del terreno sottostante, progressivamente eroso dal ghiaccio.

Il geologo Mitch Darcy del German Research Centre for Geosciences di Potsdam chiarisce definitivamente la questione, affermando che la forma piramidale non rappresenta una caratteristica geologica complessa né una coincidenza speciale, ma costituisce semplicemente una cima rocciosa che sporge da una calotta glaciale, classificabile appunto come nunatak. La presenza di numerose strutture piramidali lungo la catena montuosa Ellsworth, che si estende per oltre 400 chilometri, dimostra come questi fenomeni geologici siano relativamente comuni in ambienti glaciali, dove l’interazione tra processi erosivi e condizioni climatiche estreme genera forme rocciose di particolare suggestione visiva.
La regione delle Ellsworth Mountains riveste inoltre un interesse geologico eccezionale per la presenza di una sequenza stratigrafica di 13 chilometri di spessore, composta da rocce sedimentarie e vulcaniche paleozoiche che documentano una deposizione continua dal periodo Cambriano al Permiano. Questa successione geologica testimonia processi di vulcanismo basico e sollevamento verificatisi durante le epoche del Cambriano medio-superiore, seguiti da deformazioni avvenute nel tardo Permiano o nel primo Mesozoico, culminate con la formazione glaciale durante il Cretaceo e l’era Cenozoica. La presenza di fossili marini conferma come questa regione, attualmente caratterizzata da condizioni climatiche estreme, abbia ospitato in passato ambienti marini poco profondi, fornendo preziose informazioni sull’evoluzione geologica del continente antartico.
L’attenzione mediatica generata da questa formazione rocciosa evidenzia come il fascino per l’ignoto e la tendenza a ricercare spiegazioni straordinarie per fenomeni naturali continui a caratterizzare l’approccio pubblico verso le scoperte scientifiche. Tuttavia, la ricerca geologica moderna dimostra come la natura sia capace di creare strutture di straordinaria perfezione geometrica attraverso processi lenti ma inesorabili, che operano su scale temporali difficilmente comprensibili per l’esperienza umana quotidiana, rendendo superflue ipotesi fantasiose o interventi artificiali per spiegare la bellezza e la complessità delle formazioni geologiche terrestri.