Nel vasto panorama delle profezie millenaristiche che ciclicamente tornano alla ribalta dell’immaginario collettivo, quelle attribuite a Papa Giovanni XXIII si stagliano come uno dei casi più emblematici di mistificazione moderna. La narrazione secondo cui Angelo Giuseppe Roncalli – poi divenuto il “Papa buono” – avrebbe dettato nel 1935 una serie di visioni profetiche culminanti nella fine del mondo prevista per il 2033, non trova alcun riscontro storico. Anzi, si rivela un prodotto letterario denso di suggestioni esoteriche, costruito ad arte negli anni Settanta da un autore controverso come Pier Carpi. A mezzo secolo di distanza dalla loro pubblicazione, queste presunte profezie restano un esempio lampante di come la finzione possa travestirsi da verità in un contesto culturale incline alla credulità e affascinato dal mistero.
L’origine di tutta la vicenda va ricercata nel 1976, anno in cui Carpi pubblica Le profezie di Papa Giovanni presso le Edizioni Mediterranee, casa editrice specializzata in testi di esoterismo e parapsicologia. Il libro viene presentato come la trascrizione di documenti segreti dettati da Roncalli in gioventù, durante una presunta affiliazione a una società iniziatica turca. Il contesto narrativo è dichiaratamente romanzesco: un vecchio sconosciuto, un incontro notturno, un plico misterioso, nomi in codice, cerimonie occulte. Tutti elementi più consoni a un racconto gotico o a una sceneggiatura cinematografica che a una fonte d’archivio. E in effetti Carpi, oltre che giornalista e scrittore, fu anche regista e sceneggiatore, con alle spalle una carriera eclettica ma fortemente segnata dall’interesse per l’occulto. Autore di biografie su Cagliostro e altri personaggi esoterici, fondatore di un gruppo teosofico, amico e sodale di Licio Gelli, il suo nome compare persino nelle liste della loggia P2. In questo contesto, l’attribuzione di testi profetici a un pontefice canonizzato appare meno un’operazione storica che una costruzione narrativa funzionale a uno scopo: accreditare una visione sincretica e alternativa della spiritualità, mascherandola con il volto di una figura popolare e amata come Giovanni XXIII.
Sul piano contenutistico, le cosiddette profezie sorprendono per la loro apparente chiarezza e linearità cronologica. A differenza delle sibilline quartine di Nostradamus, il testo attribuito a Roncalli cita nomi, eventi e persino date in modo esplicito. Da una futura presidente donna negli Stati Uniti all’ascesa del fondamentalismo islamico, fino alla coesistenza di due papi: interpretazioni successive hanno tentato di adattare alcune frasi del testo a eventi realmente accaduti, come la rinuncia di Benedetto XVI e l’elezione di Papa Francesco. Ma questo meccanismo retroattivo, noto in psicologia come bias di conferma, è tipico delle letture profetiche: si piega il senso del testo al verificarsi degli eventi, mai il contrario.
L’aspetto più discusso è, ovviamente, la profezia della fine del mondo nel 2033, data che sarebbe stata scelta perché corrispondente ai “duemila anni più l’età del Redentore”. Ma anche questo dettaglio si rivela privo di fondamento. Gli studi biblici moderni collocano la morte di Cristo intorno all’anno 30, e lo stesso calcolo dell’età di Gesù come 33enne è frutto di una tradizione imprecisa. La stessa Chiesa ha ammesso ufficialmente, già con Giovanni Paolo II, che il computo cristiano degli anni è affetto da un errore originario, commesso dal monaco Dionigi il Piccolo. Dunque, se si volesse davvero commemorare il bimillenario della crocifissione, la data corretta sarebbe piuttosto il 2030.
L’assenza di ogni riferimento alle presunte profezie nel lungo e meticoloso processo di canonizzazione di Giovanni XXIII, culminato con la santificazione nel 2014, è un altro elemento che ne sconfessa implicitamente la veridicità. La Chiesa non ha mai preso in considerazione il testo di Carpi come fonte rilevante. Né esistono documenti ecclesiastici che ne confermino l’esistenza. Anzi, il GRIS (Gruppo di Ricerca e Informazione Socio-religiosa) ha smontato punto per punto le affermazioni contenute nel libro, definendolo una “bufala nera”. Padre Paolo Berti, autore di una delle più accurate confutazioni, ha mostrato come la vita di Roncalli in Turchia – tra il 1935 e il 1944 – fosse dedicata alla diplomazia vaticana e alla difesa degli ebrei perseguitati, senza alcuna traccia di interessi esoterici o appartenenze a società segrete.
Questo non significa che Giovanni XXIII non sia stato, a suo modo, un papa profetico. Lo è stato nel senso autentico e cristiano del termine, ovvero come guida spirituale capace di leggere i “segni dei tempi” e di agire secondo lo Spirito. La convocazione del Concilio Vaticano II nel 1959, l’enciclica Pacem in Terris del 1963, la sua opera ecumenica e diplomatica sono testimonianza di un pontificato rivoluzionario nella sua visione di una Chiesa aperta al dialogo e alla pace. Non servono presunte visioni per confermare la sua grandezza.
La fascinazione per le profezie, in fondo, racconta molto più del nostro presente che del futuro immaginato. In un’epoca segnata da incertezze globali, dalla crisi climatica alla destabilizzazione geopolitica, l’idea che “qualcuno avesse previsto tutto” risponde a un bisogno psicologico di controllo. Ma la verità non si misura sulla base delle emozioni o delle coincidenze, bensì attraverso il rigore dell’indagine storica e la fedeltà alla realtà documentata.
Il caso delle false profezie di Giovanni XXIII resta quindi un monito. Non solo contro la manipolazione della verità in nome del sensazionalismo, ma anche contro l’uso improprio del nome di santi e papi per sostenere ideologie esoteriche e narrative apocalittiche. La fede cristiana, se autentica, non ha bisogno di misteri costruiti. Le parole del Vangelo, come quelle del “Papa buono”, bastano da sole a illuminare la via. Per restare sempre aggiornato scarica GRATIS la nostra App!
