Un recente studio commissionato dal Dipartimento per l’Ambiente, l’Alimentazione e gli Affari Rurali del Regno Unito (Defra) ribalta completamente le convinzioni consolidate sulla sostenibilità ambientale delle farine di insetti, rivelando che la produzione di proteine da larve di mosca soldato nera presenta un’impronta ecologica significativamente superiore rispetto alle fonti proteiche vegetali tradizionali come la soia. La ricerca, condotta dalla società di consulenza ambientale Ricardo e pubblicata nel 2025, rappresenta la prima valutazione scientifica indipendente e rigorosa dell’impatto ambientale della produzione commerciale di proteine da insetti, seguendo gli standard ISO 14040 e 14044 per le analisi del ciclo di vita.
I risultati dello studio britannico dimostrano che, anche quando le larve di Hermetia illucens vengono alimentate con rifiuti alimentari, l’impatto sul cambiamento climatico risulta essere sei volte superiore a quello della soia e quasi doppio rispetto al pesce. La situazione diventa ancora più critica quando gli insetti vengono nutriti con mangimi commerciali bilanciati, scenario in cui l’impatto ambientale raggiunge livelli fino a quattordici volte superiori rispetto alla soia. Questo elevato impatto ambientale è attribuibile principalmente ai processi di lavorazione ad alta intensità energetica, che includono il trasporto refrigerato, la sterilizzazione e l’essiccazione delle larve prima della loro trasformazione in farina proteica.
La ricerca di Ricardo ha analizzato sedici diverse categorie di impatto ambientale, confrontando la produzione di farine da larve di mosca soldato nera allevate su diversi substrati con la farina di soia proveniente dal Brasile e la farina di pesce derivata da pesce azzurro pescato al largo delle coste scozzesi. L’analisi cradle-to-gate, che considera l’intero processo dalla produzione delle materie prime fino alla distribuzione del prodotto finale, ha rivelato che nessuna delle farine di insetti valutate ha superato le performance della soia o della farina di pesce in tutte le sedici categorie considerate. In particolare, lo studio stima che le proteine da insetti potrebbero avere un impatto sul clima fino a 13,5 volte peggiore rispetto alla farina di soia e fino a 4,2 volte peggiore rispetto alla farina di pesce.
Questi risultati contrastano nettamente con le narrative precedenti che hanno promosso gli insetti come soluzione sostenibile per affrontare le sfide ambientali legate alla produzione alimentare. L’industria delle proteine alternative aveva infatti presentato gli insetti come un’opzione a basso impatto ambientale, sottolineando la loro efficienza nell’uso delle risorse e la capacità di convertire i rifiuti organici in proteine di alta qualità. Tuttavia, come evidenziato dallo studio del Defra, questi vantaggi teorici possono essere completamente annullati se i processi di produzione non sono ottimizzati dal punto di vista energetico e se non si utilizzano fonti di energia rinnovabile.
La questione energetica emerge come elemento centrale nella valutazione della sostenibilità delle farine di insetti. La produzione commerciale di mosca soldato nera richiede infatti un controllo climatico sofisticato con camere di crescita coibentate, sistemi di monitoraggio computerizzati per temperatura, umidità, ammoniaca e anidride carbonica, oltre a processi di soppressione ed essiccamento delle larve che richiedono tecnologie ad alta efficienza energetica. Un’idea di produzione sostenibile presentata nel 2022 suggeriva un livello minimo di circa 2.000 tonnellate di larve umide all’anno, equivalenti a circa sette tonnellate al giorno, per raggiungere una soglia di sostenibilità economica e ambientale.
Nonostante i risultati negativi emersi dallo studio britannico, la ricerca scientifica continua a esplorare le potenzialità degli insetti in contesti specifici. Alcuni studi precedenti avevano mostrato risultati promettenti nell’utilizzo delle farine di insetti per l’alimentazione dei ruminanti, con ricerche che dimostravano una riduzione della produzione di metano del 18% quando si sostituiva il 25% della soia con farine ottenute da Gryllus bimaculatus nella dieta dei bovini. Tuttavia, questi benefici specifici non sembrano compensare l’impatto ambientale complessivo della produzione industriale di proteine da insetti.
La sostenibilità delle farine di insetti dipende da un equilibrio complesso tra efficienza delle risorse, impatto ambientale complessivo e accettazione culturale, elementi che richiedono ulteriori ricerche e sviluppi tecnologici per determinare il loro ruolo effettivo in un sistema alimentare sostenibile. Gli esperti sottolineano che, mentre la produzione di insetti su piccola scala e l’alimentazione di avicoli che non dispongono di altre fonti proteiche con insetti vivi possono essere certamente sostenibili, una produzione commerciale su larga scala appare meno probabile che lo sia.
Lo studio di Ricardo conclude che, senza significativi miglioramenti nei processi di produzione e un’adozione diffusa di pratiche energetiche sostenibili, le farine di insetti non rappresentano una soluzione panacea per le sfide ambientali globali. La ricerca suggerisce che non esistono giustificazioni ambientali o pratiche per introdurre gli insetti nella dieta umana o animale, a meno che non vi sia una preferenza esplicita dei consumatori o specifiche condizioni di utilizzo. Questi risultati pongono interrogativi significativi sul futuro dell’industria delle proteine da insetti e sulla necessità di riconsiderare le strategie di transizione verso sistemi alimentari più sostenibili.
Il governo britannico, che aveva riferito ai potenziali benefici ambientali delle proteine da insetti come principale razionale per proporre modifiche normative che consentissero l’utilizzo di proteine da insetti trasformate come mangime per il bestiame, dovrà ora procedere con cautela alla luce di questi risultati. L’industria delle proteine alternative si trova quindi di fronte alla necessità di sviluppare tecnologie produttive significativamente più efficienti dal punto di vista energetico o di riconsiderare completamente il proprio approccio alla sostenibilità ambientale.