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Apollo-Soyuz, La Prima Stretta di Mano in Orbita che Trasformò l’Esplorazione Spaziale -VIDEO-

Il 17 luglio 1975, l’astronauta Thomas Stafford e il cosmonauta Alexei Leonov si scambiarono la prima stretta di mano internazionale nello spazio durante la missione Apollo-Soyuz.

Il 17 luglio 1975, precisamente cinquant’anni fa, un momento storico si compì a 222 chilometri sopra la Terra, quando l’astronauta americano Thomas Stafford e il veterano cosmonauta sovietico Alexei Leonov si scambiarono la prima stretta di mano internazionale nello spazio. Quella giornata rappresentò non soltanto un traguardo tecnico straordinario, ma segnò la fine simbolica della competizione spaziale tra le due superpotenze e l’inizio di una nuova era di cooperazione internazionale che avrebbe posto le fondamenta per la futura Stazione Spaziale Internazionale.

L’evento che condusse alla storica stretta di mano ebbe origine tre anni prima, quando il 24 maggio 1972, durante il vertice di Mosca, il presidente americano Richard Nixon e il premier sovietico Aleksei Kosygin firmarono l’Accordo per la Cooperazione nell’Esplorazione e nell’Utilizzo dello Spazio per Scopi Pacifici. Questo accordo, concepito nel clima di distensione della Guerra Fredda, stabilì il quadro legale per quello che sarebbe diventato il Programma Test Apollo-Soyuz, come veniva chiamato dagli americani, o “Volo Sperimentale Soyuz-Apollo” secondo la terminologia sovietica.

L’accordo rappresentò un cambiamento fondamentale nella politica spaziale americana, parte integrante della strategia di détente dell’amministrazione Nixon, che mirava ad allentare le tensioni tra le due superpotenze attraverso la cooperazione scientifica e tecnologica. La missione era stata progettata principalmente per testare la compatibilità dei sistemi di aggancio in orbita e per valutare le possibilità di operazioni di salvataggio spaziale internazionali.

Dopo tre anni di preparazione intensiva, caratterizzati da complesse sfide ingegneristiche e diplomatiche, la missione Apollo-Soyuz prese forma concreta. Il 15 luglio 1975, alle 8:20 del mattino (ora di New York), la capsula Soyuz 19 si sollevò dalla base di Baikonur in Kazakhstan, dipinta di un verde brillante e con a bordo i cosmonauti Alexei Leonov e Valery Kubasov. Leonov, che nel 1965 aveva realizzato la prima passeggiata spaziale della storia, comandava la missione sovietica, mentre Kubasov, ingegnere di volo e veterano del programma Soyuz, aveva già condotto i primi esperimenti di saldatura nello spazio.

Otto ore più tardi, alle 15:50, dalla base americana di Cape Canaveral partì il razzo Saturn IB con la capsula Apollo, comandata dal generale Thomas Stafford e con a bordo gli astronauti Vance Brand e Donald Slayton. La scelta dell’equipaggio americano rifletteva simbolicamente la transizione tra generazioni di astronauti: Stafford era un veterano con quattro missioni spaziali alle spalle, tra cui l’Apollo 10 che aveva testato il modulo lunare in orbita lunare, mentre Brand era al suo primo volo spaziale e Slayton, uno dei Mercury Seven originali, aveva finalmente realizzato il suo sogno di volare nello spazio dopo essere stato escluso per problemi cardiaci per oltre un decennio.

Dopo due giorni di manovre orbitali per allineare le traiettorie delle due navicelle, l’aggancio avvenne il 17 luglio alle 12:12 ora locale sopra l’Oceano Atlantico. La procedura di aggancio utilizzava un sistema innovativo denominato “Androgynous Docking Adapter”, un modulo di aggancio progettato dalla NASA che fungeva da camera di compensazione e corridoio di trasferimento tra i due veicoli spaziali. Questo sistema rappresentò un’innovazione tecnologica significativa, consentendo l’aggancio tra spacecraft progettati secondo filosofie ingegneristiche completamente diverse.

Tre ore dopo l’aggancio, alle 15:17, i portelli tra i due veicoli spaziali furono aperti. Stafford e Leonov si incontrarono nell’interfaccia tra i due moduli, dove Leonov esclamò in inglese “Very good to see you!” e Stafford rispose in russo con il suo caratteristico accento dell’Oklahoma “Very happy, my friend!”. Questo scambio linguistico non fu casuale: durante i tre anni di preparazione, entrambi gli equipaggi avevano imparato le lingue reciproche, creando quello che Leonov scherzosamente definì “tre lingue parlate nella missione: russo, inglese e oklahomski”.

Nelle ore successive all’apertura dei portelli, gli equipaggi ricevettero telefonate congratulatorie dal segretario generale del Partito Comunista Sovietico Leonid Brezhnev e dal presidente americano Gerald Ford. Questi contatti diretti dai massimi vertici politici sottolinearono l’importanza simbolica dell’evento nel contesto della distensione tra le due superpotenze. Durante i due giorni di operazioni congiunte, i membri degli equipaggi scambiarono doni simbolici, tra cui le bandiere dei due paesi, targhe commemorative e semi di alberi che furono successivamente piantati nelle rispettive nazioni.

Un episodio particolarmente significativo riguardò uno scherzo orchestrato da Leonov, che presentò a Stafford e al suo equipaggio dei contenitori etichettati come vodka Stolichnaya, insistendo che gli astronauti la bevessero secondo la tradizione russa. Dopo il cortese rifiuto americano per regolamenti NASA, i contenitori furono aperti rivelando che contenevano solamente borsch, dimostrando l’umorismo e la camaraderia che caratterizzarono la missione.

Durante le 44 ore di operazioni congiunte, i cinque membri dell’equipaggio condussero esperimenti scientifici coordinati, tra cui l’osservazione di sorgenti di raggi ultravioletti esterni al sistema solare e la creazione di una eclissi artificiale utilizzando il modulo Apollo per bloccare il sole e permettere alla Soyuz di fotografare la corona solare. Questi esperimenti rappresentarono i primi studi scientifici internazionali condotti nello spazio e stabilirono protocolli di cooperazione che sarebbero stati utilizzati nelle future missioni congiunte.

Il successo della missione Apollo-Soyuz estese le sue conseguenze ben oltre i nove giorni di durata operativa. La missione fu l’ultima del programma Apollo per gli Stati Uniti e rappresentò l’ultimo volo spaziale con equipaggio americano fino al lancio dello Space Shuttle nel 1981. Per l’Unione Sovietica, la missione dimostrò la capacità di cooperazione internazionale che avrebbe caratterizzato i futuri programmi spaziali russi.

Il progetto preparò il terreno per la successiva cooperazione spaziale tra Stati Uniti e Russia, che si materializzò vent’anni dopo con il programma Shuttle-Mir e culminò nella costruzione della Stazione Spaziale Internazionale. Le procedure di aggancio, le tecniche di scambio equipaggio e i protocolli di cooperazione internazionale sviluppati durante Apollo-Soyuz divennero la base per tutti i futuri progetti spaziali multinazionali.

Uno degli aspetti più duraturi della missione Apollo-Soyuz fu l’amicizia personale che si sviluppò tra Stafford e Leonov, che continuò per decenni oltre la missione. La loro relazione trascese le barriere politiche della Guerra Fredda, tanto che negli anni ’80 Leonov aiutò Stafford nell’adozione di due bambini russi orfani, fungendo da testimone caratteriale durante l’udienza di adozione a Mosca. Stafford pronunciò l’elogio funebre ai funerali di Leonov nel 2019, dimostrando come la cooperazione spaziale avesse creato legami umani autentici che sopravvissero alle tensioni geopolitiche.

La missione Apollo-Soyuz rappresentò un investimento significativo per entrambe le nazioni, con la NASA che spese 250 milioni di dollari per la sua parte del progetto. Questo costo, sebbene considerevole per l’epoca, si rivelò un investimento prezioso nel lungo termine, considerando i benefici tecnici e diplomatici che la cooperazione spaziale avrebbe portato nei decenni successivi.

La missione Apollo-Soyuz stabilì precedenti fondamentali per la cooperazione spaziale internazionale che rimangono rilevanti ancora oggi. La Stazione Spaziale Internazionale, che include moduli russi agganciati a quelli di Stati Uniti, Canada, Europa e Giappone, rappresenta l’evoluzione diretta dei principi di cooperazione stabiliti nel 1975. Anche nei periodi di tensione geopolitica, come quello attuale, la cooperazione spaziale continua a rappresentare uno dei pochi ambiti di collaborazione costruttiva tra le nazioni.

Cinquant’anni dopo quella storica stretta di mano in orbita, la missione Apollo-Soyuz rimane un esempio luminoso di come la cooperazione internazionale possa superare le divisioni politiche e ideologiche. La missione dimostrò che nazioni con sistemi politici completamente diversi, lingue diverse e sistemi di misurazione diversi potevano collaborare efficacemente per obiettivi comuni. Questo precedente storico continua a influenzare la pianificazione delle future missioni spaziali internazionali, incluse quelle dirette verso la Luna e Marte, dove la cooperazione internazionale si rivela ancora una volta essenziale per il successo dell’umanità nell’esplorazione dello spazio. Per restare sempre aggiornato scarica GRATIS la nostra App!

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