L’idea che l’ananas possa “bruciare i grassi” circola nella cultura popolare da almeno mezzo secolo, sostenuta da testimonial televisivi, diete lampo e integratori che promettono riduzioni rapide del girovita; il presunto merito viene attribuito alla bromelina, un complesso enzimatico presente soprattutto nel torsolo del frutto, cui la ricerca scientifica riconosce diverse attività biologiche, ma non un’azione lipolitica diretta paragonabile ai farmaci antiobesità autorizzati dalle agenzie regolatorie.
La bromelina appartiene alla famiglia delle proteasi solforidriliche, attive sia in ambiente acido sia alcalino, capaci di idrolizzare legami peptidici complessi; sebbene la concentrazione più elevata si troverebbe nel fusto della pianta e non nella polpa destinata al consumo fresco, uno studio classico sull’uomo ha dimostrato che una piccola quota di bromelina ingerita per via orale può attraversare la barriera intestinale restando immunologicamente intatta e rilevabile in circolo fino a 48 ore dopo l’assunzione, con un emivita plasmatica di circa 6–9 ore. Questo dato conferma la biodisponibilità sistemica dell’enzima, prerequisito per eventuali effetti extra-digestivi.
A livello gastrico la bromelina facilita la scissione delle proteine in peptidi più semplici, riducendo così la sintomatologia dispeptica e migliorando l’assorbimento aminoacidico; la stessa attività proteolitica, mostrata in vitro su linee cellulari intestinali, spiega l’uso industriale dell’enzima come inteneritore di carni e come coadiuvante digestivo in numerosi integratori di enzimi misti. Sul versante immunologico, preparati standardizzati di bromelina dimostrano la capacità di modulare mediatori come NF-κB, COX-2, TNF-α e interleuchine proinfiammatorie, con un potenziale impatto positivo su condizioni caratterizzate da flogosi cronica di basso grado, un contesto spesso correlato all’obesità viscerale. Tuttavia la riduzione di marcatori infiammatori emersi in trial clinici randomizzati appare disomogenea, condizionata da dosaggi variabili (99,9–1200 mg/die) e durata del trattamento (3–16 settimane), al punto che una recente revisione sistematica giudica gli esiti complessivamente incoerenti.
Nel tentativo di definire un effetto antiadipogenico specifico, ricerche sperimentali su adipociti murini 3T3-L1 hanno esposto le cellule a stem bromelain osservando l’inibizione irreversibile della differenziazione adiposa tramite soppressione delle vie C/EBPα e PPARγ, la riduzione di geni lipogenici come FAS e ACC, nonché l’induzione di apoptosi e lipolisi nei pre-adipociti maturi. Questi risultati indicano, in un sistema controllato, la possibilità di ostacolare l’accumulo di trigliceridi, ma non costituiscono prova di efficacia clinica nell’uomo, data la nota distanza che separa i modelli cellulari dalle condizioni fisiopatologiche umane.
Studi in vivo su roditori alimentati con dieta iperlipidica mostrano che il succo di ananas può attenuare l’aumento ponderale, ridurre l’ipertrofia degli adipociti e migliorare il profilo lipidico sierico, effetti accompagnati da una regolazione trascrizionale favorevole dei geni coinvolti nella “beta-ossidazione” e nella soglia lipogenica. Benché tali dati evidenzino un potenziale ruolo coadiuvante del frutto intero o dei suoi estratti, non esiste al momento un trial controllato sull’essere umano che confermi un calo ponderale clinicamente significativo attribuibile alla bromelina o al consumo abituale di ananas.
Per quanto riguarda la composizione nutrizionale, 100 grammi di polpa forniscono circa 40 kcal, più del 90% di acqua, 10 grammi di carboidrati semplici e poco più di 2 grammi di fibra, apporto che contribuisce alla sazietà meccanica e alla regolarità intestinale. In un regime ipocalorico globale l’inclusione dell’ananas può quindi favorire il controllo energetico grazie alla bassa densità calorica e alla palatabilità elevata; ciò nondimeno, l’energia richiesta per la digestione del frutto (detta effetto termico degli alimenti) rappresenta una frazione minima del dispendio quotidiano e non giustifica le affermazioni sulla capacità di “bruciare” più calorie di quante ne apporti.
Il quadro delle evidenze suggerisce dunque che la bromelina, benché biologicamente attiva, eserciti effetti primariamente digestivi e antinfiammatori; se un’azione indiretta sul metabolismo lipidico è plausibile e meritevole di ulteriori approfondimenti, l’etichetta di “fat burner” appare impropria, poiché i risultati disponibili non documentano né un incremento significativo della lipolisi sistemica nell’uomo né un vantaggio clinico stabile in termini di riduzione del tessuto adiposo a parità di bilancio calorico. La scelta di includere l’ananas in una dieta equilibrata rimane quindi giustificata dal profilo di micronutrienti, dalla presenza di fibre e dall’alto contenuto d’acqua, ma non sostituisce l’intervento combinato di restrizione energetica, attività fisica e monitoraggio medico nei protocolli di controllo ponderale.
In sintesi, l’ananas non è un acceleratore metabolico capace di sciogliere i depositi lipidici per sola ingestione; la bromelina contribuisce alla digestione proteica e può modulare la risposta infiammatoria, ma le prove di un effetto dimagrante diretto restano limitate a modelli animali e cellulari, mancando conferme cliniche robuste nell’uomo. Pertanto, la fama del frutto come “brucia grassi” si fonda più sulla semplificazione commerciale che su dati scientifici consolidati, mentre il suo ruolo reale si colloca all’interno di un pattern alimentare vario e controllato dove l’apporto di fibra, acqua e micronutrienti può supportare in modo complementare la gestione del peso corporeo. Per restare sempre aggiornato scarica GRATIS la nostra App!