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Sempre più giovani scelgono di restare tranquilli a casa invece di uscire, ecco cos’è la JOMO

La Generazione Z italiana abbraccia la JOMO, scegliendo consapevolmente di restare a casa per privilegiare benessere mentale e qualità delle relazioni rispetto alla frenesia sociale.

La fotografia dell’Italia contemporanea restituisce un’immagine inedita delle nuove generazioni: sempre più giovani preferiscono il comfort domestico alle uscite serali, trasformando quello che un tempo veniva percepito come isolamento sociale in una scelta consapevole di benessere personale. Questo fenomeno, identificato dall’acronimo JOMO – Joy of Missing Out, rappresenta una vera e propria rivoluzione culturale che sta ridefinendo i parametri del tempo libero e della socializzazione giovanile.

Il termine, coniato dall’imprenditore Anil Dash, indica la gioia di perdersi qualcosa concentrandosi su ciò che si guadagna in cambio: la possibilità di scegliere senza rimpianti quello che davvero piace, in netta contrapposizione alla FOMO (Fear of Missing Out), quella paura ossessiva di perdere eventi, esperienze e momenti sociali che ha caratterizzato i comportamenti giovanili dell’ultimo decennio.

I dati statistici confermano una tendenza che va ben oltre la semplice preferenza individuale. Secondo un’indagine del Pew Research Center, il 43% dei giovani adulti preferisce attualmente la tranquillità domestica alle uscite mondane, mentre l’81% dei giovani tra i 18 e i 34 anni dichiara di sentirsi più sereno scegliendo di restare a casa. Una percentuale ancora più significativa, l’84%, sostiene che questa scelta contribuisce effettivamente al proprio benessere generale.

La Generazione Z italiana si distingue particolarmente in questo panorama: nonostante il 67% dei giovani connazionali preferisca trascorrere il tempo libero in compagnia degli amici – posizionando l’Italia al primo posto in Europa per questa caratteristica – emerge simultaneamente una crescente propensione alla solitudine consapevole. Questo apparente paradosso rivela una maggiore selettività nelle relazioni sociali e una ricerca di qualità piuttosto che quantità negli incontri interpersonali.

Il fenomeno JOMO rappresenta una reazione naturale e necessaria all’iperconnessione digitale che caratterizza la vita quotidiana contemporanea. I numeri relativi all’utilizzo dei dispositivi elettronici dipingono un quadro preoccupante: secondo la Fondazione Carolina, otto ragazzi su dieci rischiano la dipendenza da web e social media con un’esposizione quotidiana superiore alle otto ore, che può arrivare fino a dieci ore al giorno durante i periodi di pausa scolastica.

La ricerca condotta da EY evidenzia come il 42% delle famiglie italiane si dichiari preoccupato per il tempo trascorso online dai propri membri, mentre il 36% degli italiani ammette di dedicare più tempo ai social network che alle interazioni reali con amici e comunità. Questo scenario ha alimentato una crescente domanda di digital detox, con oltre il 40% dei consumatori italiani che cerca attivamente di limitare l’utilizzo di smartphone e dispositivi connessi.

La psicologia contemporanea riconosce nella JOMO un approccio salutare alla gestione dello stress e dell’ansia sociale. La dottoressa Susan Albers, psicologa della Cleveland Clinic, spiega come questo fenomeno rappresenti “l’abbracciare l’idea di trovare gioia e appagamento nel rinunciare o perdersi attività, dando priorità alla cura di sé”. La scelta consapevole di ciò a cui partecipare, anziché l’obbligo sociale di essere sempre presenti, costituisce un elemento fondamentale per il benessere mentale giovanile.

Le ricerche neuropsicologiche dimostrano che la solitudine volontaria può ridurre significativamente i livelli di eccitazione emotiva, risultando particolarmente efficace nella gestione di emozioni intense come ansia, irritazione o rabbia. Dopo soli quindici minuti di solitudine consapevole, i partecipanti agli studi riportavano una significativa diminuzione delle emozioni negative e un generale senso di calma interiore.

Il trend JOMO ha inevitabilmente influenzato anche i comportamenti di consumo, particolarmente evidenti nel settore turistico. Dall’ultima Borsa Internazionale del Turismo di Milano è emerso che l’acronimo JOMO è diventato una vera e propria tendenza di viaggio, orientata verso la liberazione dallo stress di pianificare itinerari perfetti. Il 65% dei viaggiatori dichiara di preferire esperienze senza connessione online, privilegiando destinazioni meno affollate e ritmi più lenti rispetto alle mete tradizionalmente gettonate.

Questo cambio di paradigma si riflette nella scelta di vacanze slow, caratterizzate dall’assenza di programmi serrati e dalla valorizzazione del vivere alla giornata. Le destinazioni alternative come Bend in Oregon, Reims in Francia e Waikato in Nuova Zelanda stanno guadagnando popolarità rispetto alle tradizionali mete del turismo di massa come Ibiza o Mykonos.

Anche nel mondo professionale, la Generazione Z sta introducendo una nuova concezione del rapporto vita-lavoro. Contrariamente alle aspettative, recenti sondaggi rivelano che il 91% dei giovani lavoratori desidera maggiori opportunità di interazione diretta con i colleghi, mentre il 69% ammette di sentirsi più isolato a causa dell’eccessivo utilizzo della tecnologia. Questo dato suggerisce una ricerca di equilibrio tra i benefici del lavoro da remoto e la necessità di connessioni umane autentiche.

La scala di valori della Generazione Z italiana colloca la famiglia al primo posto, seguita da amicizia e amore, relegando il lavoro alla sesta posizione, preceduto da divertimento e cultura. Questa gerarchia riflette una concezione del successo che privilegia il benessere personale e relazionale rispetto alla realizzazione professionale tradizionalmente intesa.

Il fenomeno JOMO rappresenta una manifestazione di quella che gli sociologi definiscono “solitudine consapevole“, una condizione che non va confusa con l’isolamento patologico ma che costituisce piuttosto una scelta deliberata di autorigenecrazione. La ricerca di momenti di pausa dal mondo iperconnesso permette ai giovani di riconnettersi con se stessi e di sviluppare una maggiore consapevolezza delle proprie esigenze emotive e psicologiche.

Questo cambiamento generazionale si inserisce in un contesto più ampio di evoluzione sociale, dove la pressione costante all’performance e alla presenza ubiqua tipica dell’era digitale viene gradualmente sostituita da una ricerca di autenticità e sostenibilità psicologica. La JOMO non rappresenta un rifiuto della socializzazione, ma piuttosto una sua riqualificazione basata su criteri di qualità e significatività delle relazioni.

L’affermazione della JOMO come fenomeno culturale di massa segnala una maturazione generazionale che potrebbe avere effetti duraturi sulla struttura sociale italiana. La capacità dei giovani di riconoscere e rispettare i propri limiti emotivi e di gestire consapevolmente il rapporto con la tecnologia rappresenta un’evoluzione positiva verso un uso più equilibrato e sostenibile degli strumenti digitali.

Tuttavia, gli esperti avvertono dell’importanza di non trasformare questa tendenza in isolamento sistematico, sottolineando come le relazioni sociali rimangano una risorsa preziosa contro ansia e depressione. La chiave del successo della JOMO risiede nella sua natura di scelta consapevole e temporanea, piuttosto che in una fuga permanente dalla realtà sociale.

Il fenomeno, dunque, non rappresenta un allontanamento dalla vita comunitaria, ma una sua rielaborazione più matura e consapevole, dove la qualità del tempo e delle relazioni prevale sulla quantità delle esperienze accumulate. In un’epoca caratterizzata dall’accelerazione continua e dalla sovrastimolazione sensoriale, la capacità di dire “no” e di scegliere il silenzio e la riflessione personale emerge come competenza fondamentale per la salute mentale delle nuove generazioni.Per restare sempre aggiornato scarica GRATIS la nostra App!

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