La Commissione Pesca del Parlamento europeo ha confermato con larga maggioranza la deroga che consente ai pescatori italiani di continuare a pescare vongole dell’Adriatico di dimensioni inferiori agli standard comunitari. La decisione, approvata il 16 ottobre 2025 con 22 voti favorevoli e soli 3 contrari, rappresenta una vittoria significativa per il comparto ittico nazionale e garantisce la sopravvivenza di uno dei piatti simbolo della tradizione culinaria italiana.
La deroga permette la pesca di vongole della specie Chamelea gallina, conosciute comunemente come lupini o poveracci, con una taglia minima di 22 millimetri rispetto ai 25 millimetri stabiliti dal regolamento europeo. Questa misura sarà valida dal 1° gennaio 2026 fino al 31 dicembre 2030, garantendo quattro anni di continuità operativa per le flotte nazionali che operano nel Mare Adriatico.
Le specificità ambientali dell’Adriatico alla base della deroga
Le peculiarità ambientali del Mare Adriatico rappresentano il fulcro scientifico della deroga concessa da Bruxelles. I fattori ambientali italiani rallentano significativamente la crescita dei molluschi bivalvi, impedendo alle vongole autoctone di raggiungere le dimensioni standard previste dalla normativa europea. Questa caratteristica non è dovuta a pratiche di pesca scorrette, ma alle specifiche condizioni ecologiche dell’ecosistema adriatico, come hanno dimostrato le solide basi scientifiche presentate dall’Italia e validate dal Comitato scientifico, tecnico ed economico per la pesca denominato CSTEP.
La deroga attuale rappresenta la prosecuzione di un percorso normativo iniziato nel 2016, quando l’Unione Europea riconobbe per la prima volta le specificità dell’Adriatico concedendo una prima esenzione temporanea. Il provvedimento è stato avallato dal Medac, il consiglio consultivo regionale per il Mediterraneo, e ha ricevuto il parere favorevole degli organi tecnici scientifici europei, consolidando la validità delle argomentazioni italiane basate su rigorosi studi ambientali e biologici condotti nel bacino adriatico.
La battaglia parlamentare tra Italia e Spagna
La battaglia parlamentare europea ha visto contrapporsi diverse visioni del settore ittico comunitario. Tre eurodeputati spagnoli del Partito Popolare avevano presentato una mozione di obiezione alla proroga della deroga, accusando i pescatori italiani di concorrenza sleale e chiedendo l’estensione del divieto di pesca delle vongole sotto i 25 millimetri anche alle acque territoriali italiane. L’iniziativa spagnola sosteneva che la deroga avrebbe danneggiato i propri pescatori, costretti a rispettare taglie superiori nei propri mari, creando una disparità di trattamento all’interno del mercato comune europeo.
La delegazione italiana al Parlamento europeo ha reagito compattamente, superando le divisioni politiche interne per difendere il comparto nazionale. Tutti gli eurodeputati italiani, da destra a sinistra, hanno votato contro l’obiezione spagnola, dimostrando rara unità su una questione economica di rilevanza territoriale. Marco Falcone, Giusi Princi e Herbert Dorfmann per Forza Italia nel gruppo del Partito Popolare Europeo hanno coordinato la votazione decisiva, garantendo la presenza di tre membri votanti nel momento cruciale nonostante la delegazione disponesse di un solo seggio come sostituto nella Commissione Pesca.
Giuseppe Lupo per il Partito Democratico e il gruppo Socialisti e Democratici ha svolto un ruolo determinante nei lavori della commissione, sostenuto dal presidente nazionale del PD Stefano Bonaccini, che ha definito la deroga una decisione supportata dalla ricerca scientifica e dalla gestione responsabile dei consorzi italiani. Bonaccini ha sottolineato come l’Europa abbia scelto di stare dalla parte giusta, quella dei lavoratori e dei produttori di una delle eccellenze del Paese. Anche Carlo Ciccioli per il gruppo dei Conservatori e Riformisti europei si è speso attivamente nelle settimane precedenti il voto per assicurare la conferma della deroga, sottolineando l’importanza per le regioni adriatiche e in particolare per le Marche.
Carmen Crespo Díaz, presidente spagnola della Commissione Pesca, aveva tentato inizialmente di rinviare il voto dopo aver compreso l’orientamento negativo della maggioranza verso l’obiezione dei suoi colleghi connazionali, ma il lavoro di squadra della delegazione italiana ha impedito il differimento della decisione, costringendo la commissione a esprimersi nel merito della questione senza ulteriori dilazioni.
Un settore strategico per l’economia costiera italiana
Il settore della pesca delle vongole rappresenta una componente strategica dell’economia ittica nazionale, con un valore che oscilla tra i 54 e i 60 milioni di euro di fatturato diretto annuale. Considerando l’intera filiera, che comprende commercializzazione, trasformazione e ristorazione, il giro d’affari complessivo supera i 140 milioni di euro. Il comparto impiega circa 1500 operatori diretti e conta quasi 800 imbarcazioni autorizzate alla pesca con draga idraulica, distribuite principalmente lungo le coste di Veneto, Emilia-Romagna, Marche e Abruzzo.
La produzione annuale si attesta sulle 20.000 tonnellate di vongole pescate, rappresentando circa l’8,6 per cento del valore totale della pesca in Italia. Le vongole autoctone, insieme ad alici e sardine, costituiscono una delle principali specie per volume degli sbarchi della flotta nazionale, anche se il loro valore economico unitario risulta inferiore rispetto ad altre specie pregiate come il gambero rosso mediterraneo, il nasello o il tonno rosso.
Il ruolo dei Consorzi di gestione nella sostenibilità della risorsa
La gestione sostenibile della risorsa è affidata ai Consorzi per la gestione e la tutela della pesca dei molluschi bivalvi, denominati Co.Ge.Vo., istituiti a partire dal 1995 nei vari compartimenti marittimi adriatici. Questi organismi associano la totalità delle imprese autorizzate alla pesca con draga idraulica e si occupano di regolamentare quando, dove e quanto si può pescare attraverso formule gestionali di quote giornaliere, fermi biologici volontari, aree di riposo e attività di monitoraggio ambientale.
Giovanni Di Mattia, vicepresidente nazionale del Cogevo Italia e presidente del Cogevo Abruzzo, ha sottolineato come il rinnovo della proroga sia stato possibile grazie alle osservazioni scientifiche elaborate dai consorzi italiani e avallate dagli organismi consultivi europei. I Co.Ge.Vo. hanno dimostrato negli anni grande senso di responsabilità verso la sostenibilità della risorsa, nonostante le difficili congiunture ambientali ed economiche che hanno caratterizzato il settore, investendo in attività di semina, ripopolamento, controllo delle catture, istituzione di aree di riposo biologico e ricerca scientifica.
L’impatto del granchio blu e le sfide ambientali
La deroga approvata riguarda esclusivamente la specie autoctona Chamelea gallina, pescata in mare aperto sui fondali sabbiosi costieri dell’Adriatico, e non si estende alle vongole di allevamento. Questa distinzione assume particolare rilevanza alla luce della quasi totale scomparsa della vongola verace filippina dalla specie Ruditapes philippinarum dagli allevamenti costieri, decimata dall’invasione del granchio blu americano della specie Callinectes sapidus che dalla primavera del 2023 ha colpito duramente l’acquacoltura veneta ed emiliano-romagnola.
Il granchio blu, specie aliena arrivata in Mediterraneo attraverso le acque di zavorra delle navi transatlantiche, ha causato perdite devastanti agli allevamenti di molluschi bivalvi. I suoi esemplari adulti possono raggiungere i 15 centimetri di lunghezza del carapace e sono dotati di chele perfettamente adatte a frantumare i gusci delle vongole veraci filippine allevate, compromettendo un comparto che fino a qualche anno fa rappresentava l’eccellenza della molluschicoltura italiana e che aveva un valore di produzione vicino al mezzo miliardo di euro.
Nell’autunno 2024 e nell’estate 2025 il comparto ha subito ulteriori colpi con episodi di moria massiva delle vongole lungo la costa romagnola, attribuiti alla mancanza o all’assenza di ossigeno nelle acque e agli improvvisi afflussi di acqua dolce dai fiumi dopo le ondate di maltempo. In alcune zone della riviera emiliano-romagnola le morie hanno raggiunto punte del 70 per cento della popolazione di molluschi, riducendo drasticamente i periodi lavorativi annuali dei pescatori e mettendo in ginocchio cooperative e imprese familiari che da generazioni vivono di questa attività.
Reazioni politiche e del settore
Francesco Lollobrigida, ministro dell’Agricoltura, della Sovranità alimentare e delle Foreste, ha accolto la decisione europea come una grande vittoria per i pescatori dell’Adriatico, sottolineando che consentire la pesca di molluschi più piccoli non mette a rischio la specie e che la floridità dei mari italiani è garantita dalle solide basi scientifiche presentate. L’Alleanza delle Cooperative Pesca e Acquacoltura ha espresso entusiasmo per il risultato, evidenziando che senza questo via libera si sarebbe messo in ginocchio un settore che conta su 20.000 tonnellate pescate annualmente e che avrebbe subito un calo di produttività stimato intorno al 35 per cento.
Legacoop Romagna, che associa le marinerie cooperative da Cattolica a Ravenna, ha definito la proroga un importante riconoscimento del ruolo del comparto ittico per l’equilibrio ambientale, particolarmente significativo di fronte alle sfide rappresentate dai cambiamenti climatici e dalla diffusione di specie aliene. Nicola Tontini, direttore della cooperativa Casa del Pescatore di Cattolica, ha dichiarato che la proroga assicura continuità lavorativa per le oltre 700 imprese italiane del settore, tra cui 40 concentrate nel porto romagnolo, confermando il valore della cooperazione e dell’azione congiunta nella tutela degli interessi del comparto.
Manuel Guidotti, presidente del Consorzio di gestione delle vongole del compartimento marittimo di Ravenna, pur esprimendo soddisfazione per il risultato raggiunto, ha sottolineato come la situazione della pesca resti complessa proprio a causa degli episodi di ipossia che causano la morte dei molluschi nelle acque ravennati. Anche i pescatori di Goro e Porto Garibaldi in provincia di Ferrara hanno accolto con sollievo la notizia, vista la rilevanza economica del comparto per l’Alto Adriatico e per centinaia di famiglie che dipendono da questa attività per il proprio sostentamento.
La tutela di un patrimonio gastronomico identitario
La decisione europea preserva non soltanto un settore economico strategico per le regioni costiere adriatiche, ma tutela anche un patrimonio gastronomico identitario della cucina mediterranea. Gli spaghetti alle vongole, il sauté di molluschi e i risotti rappresentano piatti simbolo della tradizione culinaria italiana che senza la disponibilità dei lupini di mare rischierebbero di scomparire dai menù o di essere sostituiti da prodotti di importazione, spesso congelati e provenienti da altri continenti, compromettendo l’autenticità e la qualità delle preparazioni tipiche della ristorazione costiera italiana.
La controversia sulla taglia minima delle vongole non rappresenta una novità nel panorama normativo europeo. Già nel 2019 una campagna mediatica aveva sollevato polemiche sulla presunta volontà dell’Unione Europea di vietare gli spaghetti alle vongole italiani, portando la Rappresentanza della Commissione UE in Italia a intervenire con una nota ufficiale per chiarire che le misure sulla taglia minima si basavano su pareri scientifici finalizzati a garantire la sostenibilità futura delle popolazioni ittiche e non rappresentavano un tentativo di imporre modelli culinari nordeuropei alla tradizione gastronomica italiana.
La normativa europea stabilisce che un organismo marino è sotto taglia se le sue dimensioni sono inferiori alla taglia minima di riferimento per la conservazione specificata per la specie e la zona geografica. L’obiettivo è permettere agli esemplari di raggiungere l’età riproduttiva prima della cattura, evitando il sovrasfruttamento degli stock ittici e garantendo il rendimento massimo sostenibile nel lungo periodo, principio cardine della politica comune della pesca dell’Unione Europea. Tuttavia, quando le condizioni ambientali di specifici bacini determinano che le popolazioni locali raggiungano la maturità sessuale a taglie inferiori rispetto ad altre aree, la normativa prevede la possibilità di concedere deroghe regionali basate su evidenze scientifiche verificate dagli organismi tecnici comunitari.
Perspettive future per il comparto
La conferma della deroga fino al 2030 offre al settore una prospettiva di stabilità fondamentale per pianificare gli investimenti e affrontare le sfide ambientali ed economiche che caratterizzano il comparto. La decisione rappresenta un riconoscimento del modello italiano di gestione sostenibile della pesca, fondato sulla responsabilizzazione degli operatori attraverso i consorzi di gestione e sul costante monitoraggio scientifico delle risorse marine, elementi che hanno convinto gli organi tecnici europei della validità dell’approccio italiano alla conservazione delle specie ittiche adriatiche.
Federpesca ha accolto con grande soddisfazione l’esito del voto, sottolineando come si tratti di un risultato politico importante che tutela un settore strategico e conferma che la strada della responsabilità e della sostenibilità è quella giusta per garantire il futuro della pesca italiana nel contesto europeo. Il voto rappresenta inoltre un precedente significativo per altre situazioni in cui le specificità ambientali regionali richiedono adattamenti normativi rispetto agli standard comunitari generali, aprendo la strada a un approccio più flessibile e scientificamente fondato nella gestione delle risorse marine europee. Per restare sempre aggiornato scarica GRATIS la nostra App!